In sella alla Africa Twin DCT (Dual clutch Transmission), abbiamo partecipato al raid 6nationalsraider. La maxi-enduro della casa Alata ci ha veramente sorpresi, soprattutto grazie alla bontà del cambio semi-automatico DCT.
Un test massacrante quello a cui abbiamo sottoposto l’enduro di Honda, oltre 1600 km percorsi in fuoristrada, attraversando i Balcani, che sebbene ci abbiano regalato scenari incredibili, hanno messo a dura prova la maxi-enduro giapponese. Avevamo già provato la moto, ma con cambio tradizionale, circa un anno fa, ma in un contesto decisamente più “semplice” e quasi esclusivamente su strade asfaltate.
Questa volta tutto è stato decisamente più complicato e accattivante, ben una settimana su percorsi off-road, con continui cambi del fondo del nostro percorso. La moto che ci è stata messa a disposizione da Honda Italia era nella versione con cambio DCT, una vera sorpresa, quanto l’attitudine della moto ad affrontare tratti anche impegnativi di fuoristrada.
Sulla nostra moto abbiamo installato gli pneumatici di tipo tassellato di Continetal TKC80, adatti al tipo di percorso che abbiamo affrontato, come dicevamo pocanzi quasi esclusivamente off-road. Devo dire con la massima certezza che se dovessi decidere in quale configurazione acquisterei la Africa Twin, alla versione più semplice, preferirei certamente la versione DCT. Nessun dubbio in proposito, anche a fronte di un aumento di peso di circa 10 kg da 232 a 242 per la versione più sofisticata, e 13.200 euro la versione base contro i 14.350 euro con DCT.
Come funziona il DCT (Dual clutch Transmission): un vero cambio robottizzato.
Non confondetelo con un dispositivo variatore come quello degli scooter, questo è qualcosa di straordinariamente evoluto, e magicamente funzionante durante il suo utilizzo. Qual è il pregio di questa soluzione? Il DCT permette cambiate estremamente veloci annullando quasi completamente i tempi morti di un cambio tradizionale, innesto frizione-inserimento marcia-stacco frizione. In sostanza non si hanno perdite di giri in accelerazione. Questo è possibile grazie alle due frizioni che lavorano alternativamente, una agisce sui rapporti dispari 1°-3°-5°, mentre un’altra su quelli pari 2°-4°-6°. Il dispositivo fa sì che quando si cambia rapporto quello successivo è praticamente già innestato, tenuto in folle dalla frizione associata. Tre sono le modalità di funzionamento, in modalità automatico si può scegliere tra D-Mode per la guida normale, S-Mode per quella sportiva, oltre alla modalità manuale con i comandi a palette posizionati sul blocchetto di sinistra. C’è da aggiungere che anche in modalità automatica, si può eseguire un cambio di marcia sempre agendo sui pulsanti di sinistra. Non manca una modalità destinata al fuoristrada “G” con cambiate che avvengo ad un numero di giri superiore. Disponibile come optional la leva del cambio a pedale tradizionale.
Per quanto riguarda gli altri dati tecnici vi rimandiamo alla prova della versione Africa Twin ABS: Prova Honda Africa Twin ABS
Come va: rispecchia pienamente la filosofia delle prime Africa Twin.
La prima cosa a cui bisogna abituarsi, in questa versione DCT, è che la leva della frizione non c’è, al suo posto c’è il freno a mano di stazionamento. Non spaventatevi, non è possibile sbagliarsi e confonderla con il comando della frizione, questa leva è decisamente più distante dalla manopola e bisogna necessariamente andarla a cercare.
Basta accendere la moto, spingere sul pulsante di marcia posizionato sul blocchetto di destra, e ci si dimentica della frizione e del cambio. In strada le cambiate da un rapporto all’altro avvengono in maniera fluida, senza effettivamente mai avere praticamente un’interruzione di coppia sulla ruota motrice; questo tipo di funzionamento quasi “elettrico” ha riscontri positivi anche nelle percorrenze di curva, quando si necessita di un cambio veloce di marcia per avere magari un numero di giri maggiore l’assetto non risente di variazioni di carico sullo pneumatico posteriore. In città l’Africa Twin è una moto non troppo impegnativa, sguscia bene tra le macchine, soprattutto senza borse laterali, le sospensioni molto morbide e dalla lunga escursione digeriscono ogni tipo di malformazioni del manto stradale.
In modalità cambio automatico si guida quasi si fosse in sella ad un maxi-scooter, basta solo preoccuparsi di accelerare e frenare, il cambio ci si scorda di averlo, e la mano sinistra ringrazia per la mancanza della leva della frizione. Ma noi con questa versione ci siamo goduti quasi 1600 km di fuoristrada, ed è proprio su questo tipo di percorso che più ci ha sorpreso la moto. Abbiamo messo le ruote su quasi qualsiasi tipo di fondo, ad esclusione della sabia nel deserto, e ne siamo usciti sempre alla grande.
Nasce veramente una grossa fiducia nel comportamento dinamico, non ci si aspettano brutte sorprese o reazioni difficili da gestire, anche andando in maniera particolarmente brillante. Nell’affrontare il fuoristrada bisogna ricordarsi di escludere l’ABS (solo ruota posteriore), e inserire la modalità cambiate “G”. Nella posizione in piedi i comandi sono comodi da utilizzare, si afferra molto bene anche il manubrio, posto in posizione rialzata, e si stringe bene il serbatoio del carburante.
Il motore è bello pieno soprattutto ai bassi regimi di rotazione, dal comportamento simile ad un monocilindrico, capace di portarti fuori dalle curve con forza, ma senza mai mettersi in situazioni critiche assetto-tenuta degli pneumatici e resistenza del pilota. Ma attenzione i 95 cv, ci sono tutti e divertirsi con delle belle intraversate è decisamente facile, divertente e terapeutico, soprattutto per gli amanti del traverso.
Le sospensioni dalla lunga escursione, forcella Showa a cartuccia con steli da 45 mm, pluriregolabile, escursione 230 mm, mentre al posteriore monoammortizzatore pluriregolabile con leveraggio Pro-Link, escursione ruota 220 mm, hanno una taratura molto morbida. Sia la forcella che l’ammortizzatore posteriore, digeriscono praticamente ogni tipo di asperità, e anche procedendo a buona andatura anche sugli avvallamenti non fanno innescare oscillazioni fastidiose d’assetto. E il cambio robotizzato in fuoristrada come va? La risposta è sicuramente che ha “una marcia in più”. Modalità G inserita, basta concentrarsi unicamente a guidare e divertirsi. E per fortuna c’è chi sostiene che con le maxi-enduro in fuoristrada non ci si gioca. Si perché anche nei tratti più impegnativi, molto tecnici come possono essere delle “impressionanti” discese su sasso smosso che abbiamo affronto nel tratto del Montenegro, ci hanno rassicurato sull’ottimo lavoro del cambio.
Anche in discesa e a bassissima velocità, il motore era sempre in tiro, pronto a tirarci fuori da quelle impreviste e maledette buche nascoste dai massi. In salita è ancora più evidente l’utilità di questo tipo di cambio, anche a bassa velocità non c’è pericolo di spegnere il motore; inoltre nel caso ci si fermi a metà della salita, si possono mettere entrambi i piedi in terra, perché per evitare che la moto caschi all’indietro si tira la leva del freno a manubrio. Infine il tris dei tre dischi freni, flottanti a margherita da 310 mm e pinze radiali a 4 pistoncini all’anteriore, 256 mm sempre a margherita con pinza a 1 pistoncino, sono modulabili potenti e non troppo aggressivi nella prima fase di richiamo. In sella alla Africa Twin sognare il deserto ora è più facile.
Appena acquistata non vedo l’ora di provarla
Complimenti e buon divertimento.
Saluti.
Amedeo Roma