Non c’è niente di più triste di una moto abbandonata, anzi, qualcosa di più triste c’è: una moto rottamata.
Meglio una moto dimenticata, alzare una vecchia coperta nel garage del nonno e trovare un Superalce, una Otto Bulloni, un sidecar Guazzoni.
Un’esperienza che per me corrisponderebbe al trovare un tesoro.
Perché ciò che è vecchio non sempre è da buttare, è la nostra memoria, le radici di ciò che siamo, come motociclisti e come esseri umani.
Se per le automobili la cosa è accettabile (non sempre perché sicuramente tutti rimpiangiamo qualche vecchia auto che non abbiamo potuto tenere e che ora sarebbe un cimelio), per le moto è assolutamente inaccettabile.
Una moto non si butta via mai!
Per questo vi regalo uno dei racconti del mio libro “L’additivo – Piccole storie di moto e motociclisti. Lo troverete allo stand di Moto On The Road al Bike di Verona (e fatemi fare un po’ di pubblicità, il mio editore si lamenta…)
Olio e polvere.
La porta del garage si aprì scricchiolando. Quella vecchia casa l’aveva vista l’ultima volta tre anni prima, quando era andato a trovare il nonno. Quel vecchietto che vedeva poco, perché viveva troppo lontano lo stringeva forte ogni volta arrivava, stupito di quanto fosse cresciuto. Era molto legato a lui e dopo poche ore trascorse assieme, il lungo tempo che li aveva separati sembrava sempre inconsistente. Lo ascoltava volentieri, incantato dalle storie di terre lontane che gli raccontava, e lui parlava volentieri, perché spesso solo i bambini ascoltano i vecchi. Quando era piccolo il nonno lo teneva sopra le sue gambe e gli narrava della guerra che aveva fatto in moto nel reparto Bersaglieri. Gi racconto della sua prima caduta a causa di una gomma sgonfiatasi all’improvviso per una foratura, e gli fece vedere il segno su un avambraccio di un grano dell’asfalto oramai digerito dal suo vecchio corpo. Gli fece vedere le foto del dopoguerra e del suo Galletto color sabbia con il quale aveva conosciuto la nonna fuori da una balera. Le foto di loro in viaggio di nozze sulle Dolomiti e poi a Venezia. La foto di quando andarono al mare in tre: il nonno, la nonna ed un bambino. Suo padre.
Nel guardare quelle foto il nonno si commuoveva sempre e lui lo prendeva in giro, ma era una maniera scherzosa e leggera che il nonno non solo tollerava, ma che amava proprio per la freschezza di un età lontana dai dispiaceri della separazione. La nonna se n’era andata molto tempo prima, per una stupida ferita mal curata. Quella donna forte, che aveva affrontato la guerra e la fame, l’aveva lasciato solo, con un unico figlio che qualche tempo dopo si sarebbe trasferito lontano lasciandolo solo.
La porta del garage si richiuse scricchiolando alle sue spalle. il nonno era partito da due anni ed ora la casa andava venduta perché non aveva senso tenerla abbandonata a se stessa. C’erano andati i suoi per qualche tempo dopo la morte del nonno, ma ben presto c’era stato un allontanamento da quelle mura, da quei ricordi, dal silenzio di quelle stanze che parlavano nella loro mente.
Lui era tornato un ultima volta perché in quel garage cercava una cosa, ed era venuto con un piccolo furgone prestatogli da un amico. Cerco’ spostando una grossa cassa ed un mucchio di ceste, Si impolverò da capo a piedi. Rimosse una grossa coperta infeltrita da una coltre di tempo e lo vide. Era lì, sporco, con un po’ di ruggine ma era lì. Vide il Galletto e fu come se il nonno non se ne fosse mai andato.