Andando avanti con l’età, spesso i motociclisti ripensano ai loro vecchi amori: le moto ovviamente. Rino ricorda la sua Laverda 1000 3C.
Per tutti noi motociclisti sessantenni, ci sono moto che hanno segnato la nostra gioventù. Tra le moto che ho posseduto, una in particolare mi ha regalato fortissime emozioni: la Laverda 1000 3C. la potente 3 cilindri Bialbero di Breganze.
Una moto molto impegnativa fisicamente che ha fatto storia, col suo “monumentale” motore da 1000 cc. da 80 CV e oltre 210 k/h di velocità massima. Si trattava della versione con 3 freni a disco Brembo e cerchi in lega, era di colore rosso e aveva il codino che fungeva da vano porta documenti.
Comprata dando fondo al salvadanaio
Le Laverda degli anni 70/80 erano moto fantastiche, la mia l’avevo comprata da un mio collega, svuotando il salvadanaio e spendendo tutti i miei risparmi. Ricordo come fosse oggi l’emozione del giorno che andai in treno a ritirarla, nei pressi di Oristano. Avevo le gambe che tremavano dall’emozione, il rombo dello scarico del suo 3 cilindri era incredibile. Così come era incredibile la sua potenza, 80 cavalli, tantissimi per quegli anni. Per rientrare a casa mia (io sono del Nord della Sardegna) percorsi i 100 chilometri sotto l’acqua, ma io ero felice anche perché il suono del motore mi teneva compagnia, le Dunlop K 181 tenevano benissimo, permettendo una guida superlativa che mi aveva proiettato in un’altra “dimensione”.
Purtroppo ho tenuto questa moto un solo anno, i consumi abbastanza alti e il fatto che (non avendo l’auto) i miei spostamenti fossero esclusivamente in moto, mi fecero scegliere una moto più gestibile. Inoltre, il serbatoio non mi garantiva il viaggio di 230 chilometri da casa mia a Cagliari (dove lavoravo), senza dovermi fermare alla ricerca di un distributore, perché in quegli anni “La Carlo Felice” (la statale che attraversa la Sardegna) non esistevano distributori di benzina.
I miei rientri a Cagliari erano spesso la sera tardi, e cercavo di risolvevo il problema della benzina, viaggiando con una tanica da 2 litri ancorata alla sella.
Un sistema che mi permetteva una buona autonomia, ma come si può immaginare, alquanto pericoloso.
Il giorno che decisi di venderla, fu come un giorno molto triste. Ora col tempo rimpiango quella scelta, guardo per curiosità nei vari siti di “old” moto e vedo le quotazioni improponibili che ha raggiunto. Con la sua guida di forza e le sue linee dall’intramontabile fascino, la Laverda 1000 rimarrà sempre una moto da desiderare.
di Rino Salvatore Satta