Il ricordo del primo mezzo motorizzato a due ruote di Franz, il mitico Ciao Piaggio, di quanto l’ha desiderato e di quello che ha significato
Per me il Ciao Piaggio è stato l’inizio di una nuova epoca. Così come esiste il rock prima e dopo “Whole Lotta Love” del Led Zeppelin, così come esiste il salto in alto prima e dopo Dick Fosbury a Città del Messico, così come esiste il mondo prima e dopo l’11 settembre 2001, così ognuno di noi ha un momento preciso che rappresenta uno spartiacque che divide ciò che eravamo prima da ciò che siamo diventati dopo.
Il mio ha una data ben precisa di tanti anni fa.
La memoria mi riporta sui banchi di scuola, a un’adolescenza trascorsa a tirar calci a un pallone, ai primi batticuore per la biondina della classe di fronte, al diario B.C. sempre più gonfio di foto di Agostini e Read ritagliate dalle riviste. Senza tablet e cellulari il sogno di noi ragazzini dell’epoca era il motorino, sinonimo di libertà e capelli al vento. Le pubblicità della Piaggio erano di quelle che hanno fatto storia: Le sardomobili hanno cieli di latta, chi Vespa mangia le mele, liberi chi Ciao.
Se avete superato gli anta non potete non provare un moto di nostalgia. All’avvicinarsi della fatidica soglia dei 14 anni non passava giorno che non stressassi quella santa donna della mia mamma con la richiesta del Ciao. Con scarsissimi risultati peraltro.
Fino a che un giorno, esasperata dalla mia insistenza, lei sbuffò, indicò il prezzo indicato sui depliant (130.000 lire!), mi guardò dritto negli occhi, e serissima mi impartì una di quelle lezioni di cui le sarò grato per sempre: “Hai idea di quanti giorni devo alzarmi la mattina alle 6 per andare a lavorare e guadagnare questi soldi? Comincia a risparmiare qualcosa anche te, datti da fare, poi ne riparliamo”.
Per la prima volta in vita mia presi coscienza del valore del denaro e della fatica per ottenerlo. Non mi persi d’animo. Forte di buoni risultati a scuola, ottenuti anche con una certa facilità, cominciai a passare del tempo a dare una mano nell’officina di un conoscente meccanico. Intanto che imparavo a tenere in mano pinze e cacciaviti appresi anche i primi rudimenti di alta finanza, il gruzzoletto aumentava e mia mamma passò dallo scetticismo, all’ammirazione, alla preoccupazione di dover mantenere la promessa. E quando le dissi che ero arrivato al simbolico ma importante traguardo delle 100.000 lire disse: “Sei stato bravo, il resto lo metto io”. Non so perché il concessionario Piaggio fosse aperto, ma era una domenica mattina quando mi accompagnò a ritirarlo: Ciao SC, arancione, col variatore, bellissimo.
Se chiudo gli occhi ricordo ogni istante, ogni emozione, ogni volto, ogni metro di strada, naturalmente venne anche a piovere ma macinai imperterrito chilometri intorno casa fino a sera. Nei mesi successivi continuai a sporcarmi di morchia nell’officina e a fare le prime elaborazioni mettendo mano a carburatore filtro e scarico, arrivarono altre promozioni a scuola e altri “stipendi”, e con quelli anche la Vespa 125. Una sera poi arrivò anche una certa biondina con una gomma a terra, ma questa è un’altra faccenda…
Oggi al posto dell’officina c’è un ristorante, la biondina insegna scienze negli Stati Uniti, e di capelli al vento non ce ne sono più da un pezzo, ma quella grigia e umida domenica mattina segnò l’inizio di una passione che non accenna a diminuire, fu da lì che partirono nuove strade e tante storie ancora da raccontare.
Era il maggio del 1974.
La foto d’epoca è mia e quello sono io in una impennata (per altro senza casco) cosa che si sconsiglia vivamente di fare.
La foto del Ciao è presa dal forum “Adotta un Ciao”