“Arriva l’Audi, arriva il padrone, quello che ci mette il grano pesante, i soldoni.
Ora si attende solo che Audi parli e comunichi le sue decisioni future.”
di Garbriele Paterlini
Ducati, si sa, è ormai di proprietà del gruppo Audi. Il mondo delle corse su due ruote vive questa neonata identità sportiva con molto interesse, ma soprattutto con estrema curiosità.
Ducati è impegnata in forma ufficiale nel campionato MotoGp ed in forma pseudo ufficiale in quello Sbk dove fornisce la 11 98 ufficiale al team privato di Genesio Bevilacqua, il team Althea.
In moto gp il pilota di punta è niente popò di meno che Valentino Rossi mentre in SBK è Carlos Checa, capione del mondo in carica.
Per entrambe le compagini sono molti gli scenari possibili e immaginabili che potrebbero svilupparsi nel prossimo anno allorché la nuova proprietà avrà reso note le proprie strategie tecnico/commerciali. Tra le tante le più accreditate sono sostanzialmente due, una per ciascun mondiale e alcuni le danno addirittura per scontate.
SBK – E’ dato quasi certo il ritorno in forma ufficiale del marchio Ducati nel mondiale per le derivate di serie. C’è una nuova moto da promuovere, la Panigale, un marchio da salvaguardare e il prestigio che chiede di trovare continuità anche con la nuovissima super sportiva di B.go Panigale, Una moto che, se pur bicilindrica e desmodromica come da tradizione, rappresenta un taglio netto con il passato della produzione di super sportive.
Una moto atipica anche rispetto alle super sportive giapponesi poiché ha un potentissimo bicilindrico appeso a un telaio monoscocca in alluminio il cui studio e progettazione è certamente figlio dell’esperienza maturata in Gp dal 2003 al 2011, intervallo di tempo nel quale Ducati è stata l’unica a utilizzare questa soluzione ciclistica se pur con materiali diversi all’alluminio.
La 1198 è ormai vista come una moto vecchia, che al cospetto delle 4 cilindri inizia a sentire il peso dell’età. Ma a dire il vero la 1198 è solo un anno più anziana dell’Aprilia Rsv4 che oggi ad Aragon ha fatto copia incolla delle prestazioni registrate esattamente un anno fa. Piuttosto sono BMW e Kawasaki che son cresciute molto e ormai si trovano spesso e volentieri a ostacolare la rincorsa di Checa.
Dunque Ducati sembra quasi costretta a uno sforzo importante per riportare in alto il proprio nome. E quale occasione migliore se non quella capitata con l’acquisizione del marchio messa a segno da Audi? Si da per certo un impegno economico importante che dovrebbe riportare il marchio in SBK, ma potrebbe anche non succedere.
Ci si dimentica con troppa facilità che lo scorso anno Carlos Checa ha dominato un mondiale con una moto già data per spacciata nel 2010. Lo scorso 2011, con il team privato, la 11 98 ufficiale di Checa ha portato a casa ben 15 manche su 26 disponibili, ha chiuso l’anno con 505 punti (record di punti su 13 gare). In altre parole, dominio assoluto.
Visti i tempi di crisi che corrono, mi chiedo se ad Audi convenga davvero mettere mani al portafogli in maniera massiccia quando i fatti dimostrano che una buona moto, un pilota da vertice e un buon team possono produrre risultati adeguati se non superiori a quelli mai prodotti dal team factory più decorato della categoria. Certo il prestigio del marchio ufficialmente schierato porta a un marketing più invasivo ed efficace, ma in termini sportivi potrebbe bastare e avanzare quel che c’è oggi.
MotoGp – Qui la faccenda si complica e non di poco. Non ci fosse stato quel Pilota li sarebbe stato tutto più semplice. Forse.
Ma vediamo di capirci qualche cosa di più.
Oggi non si parla d’altro. Rossi non vince, Rossi non è manco competitivo e spesso gli capita di dover partire dietro alle altre Ducati. Spesso di arrivare anche dietro alle altre Ducati. La gara di Assen non ha peso alcuno nell’economia di questo ragionamento, la gomma andata in pezzi sulla desmosedici di Rossi fa il pari con quelle di Spies (Yamaha) e di Barbera (Ducati satellite).
I problemi nascono soprattutto dalla prima gara di Losail, l’esordio con una moto completamente nuova progettata e costruita nel tentativo di tutelare l’investimento fatto sul pilota più pagato della storia del motomondiale.
Rossi nel 2011 ha fallito nel compito di riportare alla vittoria la Desmosedici che fu di Stoner, una moto arrivata nelle mani di Rossi all’apice dello stato dell’arte che fino al 2010 era rappresentato da un telaio monoscocca in carbonio montato su motore portante con distribuzione desmodromica.
Quella roba li fece della Desmosedici la moto più vittoriosa dell’era 800 con il tris di titoli del 2007 (piloti, costruttori e team). Per diverse ragioni Rossi non riuscì mai a sentir sua quella moto, Ducati cambiò rotta andando verso uno sviluppo tecnico a lei nuovo.
Ebbene, con questa nuova moto, messa nelle mani dei piloti ufficiali soltanto 5 mesi fa, Ducati non è ancora arrivata a metà del mondiale che già si parla di avvicendamento dello staff capitanato dall’Ing. Filippo Preziosi, il papà di tutte le Desmosedici finora scese in pista. Sono bastate le parole di un Rossi molto deluso ai microfoni della tv dopo le prove di Assen per scatenare una ridda di battute, indiscrezioni, smentite, contro smentite che han portato all’ipotesi dell’avvicendamento dello staff tecnico come affare prioritario da sbrigare in casa Audi per riportare Rossi a posizioni che gli competono. Quelle di Rossi, a dire il vero, più che semplici considerazioni son sembrate accuse pesanti indirizzate abilmente allo staff tecnico. Accuse suonate come una sorta di divorzio già firmato, divorzio che sarebbe scongiurato solo se a lasciare la Ducati dovesse essere l’intero staff tecnico piuttosto che il pilota.
Anche in questo caso voglio esternare il mio dissenso a questa ipotesi data già per certa: nella delicata economia di un’azienda molto esposta, perché mai si dovrebbe pensare seriamente ad azzerare un team e uno staff che in un recente passato si sono dimostrati capaci di poter annientare lo strapotere delle case giapponesi? Perché mai le ragioni del singolo, pagato a peso d’oro nonostante, purtroppo, gli scarsi risultati, debbono pesare più delle ragioni di un’azienda intera?
Dare per scontata questa manovra potrebbe portare a cocenti delusioni.
Audi è un colosso mondiale e non è detto che non decida per strade che hanno tutt’altro indirizzo. Le aziende fortemente radicate alle proprie tradizioni mal sopportano chi pone dubbi sulla propria tecnologia. Non dimentichiamoci di un altro precedente illustre che vide per protagonisti HRC e Max Biaggi nell’anno 2005. Situazioni certamente diverse, ma a ben vedere non più di tanto.
In conclusione: sono sempre i numeri che tracciano il bilancio, triste dirlo quando si parla di sport, ma sia sbk sia moto gp ormai è business ad altissimo livello per le aziende che si cimentano in queste categorie e se si vuol far quadrare cinicamente quel bilancio, non si può certo prescindere dall’azzeramento del sentimentalismo.