Nel Gp degli Stati Uniti d’America la tecnologia quasi futuristica dei prototipi ha incontrato ancora una volta una località dove il tempo sembra essersi fermato in un passato molto remoto.
di Gabriele Paterlini.
E’ sempre incredibilmente surreale la sequenza di immagini che via satellite ci arrivano sparate diritte dentro le nostre tv. I colori ed i paesaggi di Laguna Seca sembrano quelli del terzo episodio del celeberrimo film Ritorno al Futuro di Robert Zemeckis con il giovane Michael J. Fox che si catapulta nel vecchio e selvaggio west per salvare il suo amico Doc da una morte già scritta.
Il giovane Marty Mc Fly (questo il nome del protagonista interpretato da M. J. Fox) affronta il suo viaggio a spasso nel tempo con la DeLorean, la futuristica macchina modificata da da Doc per viaggiare nel tempo.
Volendo sintetizzare con una semplice equazione matematica, potremmo dire che la futuristica DeLorean di Doc sta al far west come la tecnologica Moto Gp sta al circuito leggendario di Laguna Seca.
Una contrapposizione cromatica, quella tra la terra brulla di Monterey (California, USA) e le sgargianti carene dei prototipi della Gp, che rende il contrasto tra queste due realtà fascinoso ed altamente suggestivo.
Li il tempo pare davvero essersi fermato nel tardo 1800 ed il rumore che solca la Laguna non è quello dei cavalli veri, dei purosangue cavalvati dai cowboy alla Clint Eastwood. Il rumore che viene dalla Laguna è un un urlo fragoroso, quello generato dai motori iper tecnoligici delle moto gp che i cavalli li usano comunque, ma per esprimere il valore della potenza che si dice essere ormai superiore ai 250 cv.
Nel Gp degli Stati Uniti gli eroi non sono frutto di un copione fantascientifico, ma sono Piloti in carne ed ossa capaci di lanciarsi lungo un tracciato tanto corto quanto insidioso, uno di quei circuiti definiti “da pelo”.
Ci vuole davvero molto coraggio ad aprire il gas nella compressione generata dalla curva del cavatappi, una doppia curva a strapiombo sinistra-destra con un dislivello pazzesco, di sicuro una delle curve più caratteristiche di tutto il motomondiale.
E di coraggio ce ne vuole ancor più nell’affrontare la successiva curva a sinistra, la mitica curva Rainey.
Se mai esistesse un parametro capace di definire il grado di spettacolarità di un evento motoristico, probabilmente questo potrebbe essere rappresentato dal numero di sorpassi. In base a questo parametro sarebbe certamente bugiardo il responso di Laguna Seca dove di sorpassi ne abbiamo visti pochini.
In realtà vedere quei ragazzi lanciarsi giù dal cavatappi per poi infilarsi nella Rainey a gas aperto è valso certamente il prezzo del biglietto.
Staccare a moto inclinata dopo aver percorso il rettilineo d’arrivo, che rettilineo non è manco per niente, per infilarsi in una curva quasi a 180° gomito a terra è roba grossa, roba bella da vedere e da apprezzare a occhi sgranati.
Chiudendo vorrei complimentarmi con il compagno di telecronaca di Guido Meda, parlo di Giulio Rangheri. Si è accorto immediatamente durante la diretta che la caduta di Spiess, avvenuta proprio mentre percorreva la curva cavatappi, è stata innescata da un improvviso cedimento meccanico del retrotreno della Yamaha M1 del giovane pilota Americano.
Occhio attento e analisi immediata quella di Rangheri che ha colto impreparati anche i tecnici del box Yamaha che intervistati subito dopo l’accaduto non avevano ancora capito con esattezza cosa fosse accaduto.
See you guys!!