È già passato qualche tempo dalla manifestazione veronese, Franz tira le sue conclusioni da appassionato, sul Motor Bike Expo 2017.
Quando cominciai a frequentare le mostre di moto, tanti anni fa mannaggia, l’EICMA si chiamava ancora Salone di Milano, lo si visitava un giorno facendo forca a scuola, e lo si raggiungeva scendendo alla mitica stazione Amendola Fiera della metropolitana. Col crescere però mi disaffezionai a certe manifestazioni, la grande quantità di pubblico concentrata nell’unico fine settimana, la difficoltà di districarsi tra una quantità industriale di ingombranti zainetti, l’organizzazione orientata sempre più allo show piuttosto che al mercato, mi tennero lontano per un bel po’.
Poi però, crescendo ancora come si suol dire si torna bambini, ed ecco che negli ultimi anni una serie di circostanze simpatiche e favorevoli mi hanno portato a riscoprire la gioia di gironzolare divertito tra padiglioni e stand. Il Motor Bike Expo di Verona, un tempo appuntamento di riferimento per un mondo di luci e cromature tutto sommato limitato ad appassionati e operatori del settore custom, ormai si è ritagliato uno spazio ben più ampio che oltre a geniali preparatori e a funambolici stuntmen, coinvolge anche le Case ufficiali che non disdegnano di presentare novità. Insomma, a mio parere il Motor Bike Expo è diventato l’esposizione più luccicante e variopinta che c’è, e anche quest’anno sono stato ben contento di consumarmi occhi e suole delle scarpe girovagando tra i padiglioni come un bambino nel paese dei balocchi.
Ore e ore passate a disegnare, studiare, e poi a segare, saldare, spazzolare, lucidare, pitturare. Pensavo alla smisurata passione che deve muoverli.
Sì perché ci vuole coraggio a prendere una tre cilindri a due tempi degli anni 70, che già all’epoca veniva macabramente definita “Bara Volante” per via di un motore da missile e una ciclistica di burro, e costruirgli intorno un rutilante telaio psichedelico con tanto di monobraccio e doppio ammortizzatore. Ma anche a fare un tributo ai mitici motoscafi Riva su base Ducati Scrambler, elegantissima, ma da aver paura a fargli prendere polvere per strada. O a trasformare in un’accattivante femme fatale una tranquillissima signorina nerd tipo la Suzuki 200.
Gli anni passano ma va sempre di moda il look postatomico con serbatoi già graffiati e ammaccati, un po’ come i jeans strappati nelle vetrine delle boutique. Ma soprattutto va alla grande lo stile CafèRacer, meglio se abbinato a motorizzazioni di tre o quattro decenni fa, connubio perfetto con
soggetti tutti barba e baffoni all’insù, giacchette a quadri con gilet d’ordinanza, e coppola all’incontrario in testa.
Degno di nota, anzi, di autentica venerazione, lo stand di Ruote da Sogno, con menzione d’onore alla MV America nella colorazione “Api Agostini 1976 Replica” che mi ha fatto rimanere senza parole. Poi ho visto il prezzo e sono rimasto anche senza fiato.
Poi ci sarebbe da spendere qualche parola anche per le vere attrazioni della fiera, cioè per le signorine che inguainate in variopinte second skin che poco lasciano spazio all’immaginazione, sono meritevoli di tutta, ma proprio tutta tuttissima, la mia ammirazione. Per la vitaccia che fanno s’intende, tutto il giorno appollaiate su scomodissimi sellini, o arrampicate su tacchi altissimi, con lo sguardo truce sotto la raffica di flash o a sorridere impostate agli attacchi dei cercatori di selfie. No no io no, giuro.
Si è allontanata mia moglie?