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Non solo mare in Puglia: in moto fuori stagione sul Gargano

Un’idea per un tour in moto fuori stagione sul Gargano, in luoghi che oltre alle spiagge e a un mare cristallino offrono molto di più. Abbiamo trascorso il ponte dell’Immacolata tra feste di piazza, paesaggi mozzafiato, bruschette all’olio e orecchiette. Una libidine per tutti e cinque i sensi.

Avete riposto la moto sotto a un telo in garage? Avete scollegato la batteria e sospeso l’assicurazione? Beh, liberissimi di farlo, ma l’Italia è stretta e lunga, il clima non è poi così rigido, e di occasioni per fare dei gran bei giri ce ne sono tante anche nel periodo meno caldo. Per esempio in Puglia, per esempio anche in moto fuori stagione sul Gargano, terra bellissima e ospitale, belle strade, bella gente, tradizioni e buon cibo, e “dove – per dirla col poeta – prospera la vite e l’inverno è alquanto mite” (Andrea Pazienza – San Severo)

Le fave di Carpìno a bordo dello Shuttle

L’occasione è ghiotta, ormai da vent’anni a Carpìno la vigilia della festa dell’Immacolata è dedicata alla manifestazione “Frasca, fanoia e vino novello”, un evento che tra riti tradizionali come il grande falò in piazza e i ritmi della taranta, celebra l’oro verde di queste terre: l’olio di oliva. Inoltre il luogo è presidio slow food per le rinomate fave di Carpino, che da qui sono volate talmente in alto da essere arrivate… nello spazio! Davvero eh, ce le ha portate Samantha Cristoforetti in una delle sue missioni, evidentemente stanca di mangiare gli intrugli della Nasa.

Scendendo da nord possiamo percorrere l’A14,magari uscendo ogni tanto dalla monotonia dell’autostrada per mettere le ruote sulla litoranea, la Costa dei Trabucchi, Vasto, Termoli, che già meriterebbero una sosta. Ma stavolta partiamo da Foggia, e guidati dai ragazzi del Daunia Press Tour risaliamo verso San Severo, e da lì ad Apricena presso le Cantine Le Grotte, dove avremo un primo assaggio di cosa ci aspetterà in questo giro enogastronomico sul Gargano.

Le Grotte nasce come cava di marmo, tra l’altro il secondo bacino estrattivo dopo Carrara, ma poi i titolari hanno pensato bene di mettersi a produrre un ottimo vino, forti anche di una speciale mineralità del terreno circostante. E ne sono giustamente orgogliosi tanto da farcene assaggiare un calice per ogni tipologia prodotta, dal rosè, ai bianchi frizzanti, ai rossi fermi, fino al classico Nero di Troia. Fatto sta che siamo in Puglia da meno di due ore e già siamo a rischio patente. Ma non molliamo, ci aspetta una cena a Lèsina, sulle sponde del lago omonimo, dove avremo la prima sorpresa.

 

Il grano arso e la salicornia

In passato, dopo la mietitura i latifondisti consentivano ai contadini di raccogliere il frumento rimasto a terra, e il metodo più pratico consisteva nel bruciare le stoppie che lo ricopriva. Ne derivava una farina scura ricavata da frumento “tostato”, grano arso appunto, ed è con questo tipo di farina che presso la pizzeria La Cruna del Lago vengono impastate delle pizze da urlo. Chiedetela col lardo, o con la salicornia (il cosiddetto asparago di mare), alga di lago che cresce in abbondanza da queste parti, dal particolare gusto salato. Il tutto innaffiato con dell’ottima birra artigianale del Gargano. Roba che poi davanti a certi chef stellati verrebbe voglia di fare delle gran pernacchie.

Oliveto presso azienda agricola Cannarozzi

 

L’indomani giriamo per i vicoli del centro storico di Carpìno accompagnati da Michele Simone, presidente della proloco, visitiamo l’oliveto dell’azienda agricola Cannarozzi, certificata masseria didattica con lo scopo di tramandare le tradizioni ai ragazzi delle scuole, e pranziamo presso l’agriturismo Villa Costanza, struttura che architettonicamente ricorda un po’ il kitsch di certe ville balzate agli onori della recente cronaca, ma che all’interno mantiene una cucina degna della migliore tradizione pugliese dove la parola d’ordine è: semplicità.

Per esempio: bruschetta con olio e pomodoro. Oppure una patata cotta sotto la brace con la buccia e tutto. Più semplice di così! Che uno lo dice in giro e la risposta è “Embè? Capirai che leccornia”. Tsè, provare per credere! E poi treccine di mozzarella, caciocavallo, fave con olio e cipolla, fino alle mitiche orecchiette con le cime di rapa. Solo i dolci non ci hanno entusiasmato, per esempio le onnipresenti cartellate al vin cotto, ma credo la spiegazione fosse perché arrivavano irrimediabilmente dopo che eravamo già pieni come il Meazza per il derby.

 

Le strade

Ci concediamo una pausa tra una tavolata e l’altra gironzolando un po’ nei bellissimi dintorni. Se le provinciali interne richiedono attenzione per l’asfalto non sempre impeccabile e per i residui lasciati in strada dagli animali, la litoranea per Peschici e Vieste garantisce bei panorami e piacere di guida grazie alle temperature comunque confortevoli. Risalire da Monte Sant’Angelo attraversando la Foresta Umbra invece richiede abbigliamento adeguato, soprattutto bisogna tener conto che il sole in questo periodo cala presto. Ma la sera avremo modo di riscaldarci adeguatamente nella piazza di Carpino, dove già arde il grande falò (che alimentato dal vento sbruciacchia anche qualche giacca) e dove i Cantori ci danno dentro con i loro canti tradizionali al ritmo sincopato della taranta.

In moto fuori stagione sul Gargano

 

La Taranta

Michele Simone stasera è dietro una delle bancarelle e serve pancotto, ceci, fave e patate, piatti poveri come dei poveri è il paradiso, l’aria è pungente ma il vino rosso entra in circolo e fa il suo dovere, al resto ci pensa la taranta e le signore e signorine che, via le scarpe, ballano in piazza con movimenti mai casuali. Bellissimo e coinvolgente.

Girare in moto fuori stagione sul Gargano, oltre a conoscere aspetti poco noti della zona consente anche di parlare con le persone del luogo con la dovuta calma e senza la fretta e lo stress della stagione estiva. Per esempio la sera successiva abbiamo avuto occasione di essere invitati da Nicola Gentile, uno dei Cantori di Carpino, direttamente a casa sua. E ci ha spiegato diverse cose interessanti. La taranta nasce come canto di corteggiamento, lo spasimante assoldava i cantori per andare a fare la loro serenata sotto la finestra dell’amata, ed era struggente l’attesa nella speranza di vederla aprire. Ma c’erano anche i “canti di sdegno”, quando la relazione finiva magari in maniera burrascosa, e allora sotto la stessa finestra si cantavano doppi sensi anche pesanti. Nicola, accompagnato dalla moglie Rosa, ne ha intonati alcuni che ci sono parsi bellissimi anche se il dialetto stretto ce ne ha fatto comprendere una parola ogni dieci. E non potevano mancare i canti di lotta, dei braccianti contro i padroni, in una storia che si ripete nei secoli dei secoli.
Bellissimo scoprire i segreti della “tamurra”, il tamburello, e della “chitarra battente”, cinque corde sdoppiate tutte da 0,9 (in pratica dieci MI cantìno), accordata LA RE SOL (calante fino al FA#) SI MI. Ovviamente abbiamo chiesto di poterla provare e abbiamo improvvisato qualcosa in rima, con risultati esilaranti di cui esistono prove filmate in rete ma dalle quali ci dissociamo decisamente.

 

San Michele Arcangelo

Lungo il sentiero degli Armenti

Nell’iconografia della tradizione cristiana, la figura di San Michele Arcangelo è seconda solo a Dio, ed è l’unica che vive di una divinità propria. Guardiano del Paradiso, colui che scagliò Satana all’inferno, angelo guerriero armato di spada (evidentemente affine al Thor della tradizione nordica), si capisce bene che il culto a lui dedicato sia particolarmente forte e radicato, soprattutto in queste terre da dove si dice che tutto abbia avuto inizio. A Monte sant’Angelo, pochi km da qui, sorge uno dei sette santuari che dall’Irlanda a Israele passando da Cornovaglia, Francia, val di Susa, Gargano e Grecia, sono uniti da una misteriosa linea retta (la spada appunto).
La mattinata dell’8 dicembre quindi cerchiamo di visitare la Grotta di San Michele a Cagnano Varano; il custode, che ci dicono essere un personaggio pittoresco a metà tra mago Merlino e uno sciamano, dovrebbe essere lì ad attenderci, ma deve aver visto qualche negatività nella sua sfera di cristallo e si dà alla macchia. Allora cerchiamo di smaltire gli eccessi culinari del giorno prima facendo trekking lungo il sentiero degli armenti, immersi nel paesaggio olivicolo guidati da Giuseppe Rignanese, appassionato storico/archeologo che di ogni roccia carsica che calpestiamo potrebbe raccontare la storia a partire dal paleolitico in avanti. Noi invece saliamo un passo via l’altro cercando di immaginarci come sarebbe lì una prova di hard enduro, ma si sa, noi motociclisti abbiamo la maggior parte dei neuroni concentrati nel polso destro. La salita ci fa arrivare in cima col fiatone, ma lo spettacolo ci ripaga abbondantemente. Unico problema è che la camminata ci ha messo appetito, e da queste parti potrebbe essere pericoloso. Per le cerniere delle nostre giacche dico.

 

I Pannoni, Ischitella, e l’albero capovolto

Il lago di Varano, altro lago salmastro fratello maggiore di quello di Lesina, pure lui separato dal mare da una lunga striscia di terra formatasi duemila anni fa, presenta due sbocchi sul mare alle estremità dell’istmo, ma è alimentato principalmente da sorgenti naturali di acqua dolce. Scendere fin sulle sponde in una grigia giornata invernale ha quel fascino particolare carico di malinconia. A terra un tappeto di conchiglie, sulle pareti della collina di tufo varie grotte un tempo adibite a stalle, rimesse e vere e proprie abitazioni, formavano l’antico villaggio rupestre de I Pannoni, frequentato dai pescatori fino a pochi decenni or sono, un po’ lo stesso filo conduttore che lega il luogo ai “sassi” di Matera.

Fuori stagione sul Gargano: sulle sponde del lago di Varano

 

L’albero di San Francesco a Ischitella

Saliamo a Ischitella, arroccata su una collina dalla quale si gode di una vista mozzafiato che spazia dal lago di Varano fino alle isole Tremiti e alla catena innevata del Gran Sasso. La giornata è soleggiata, i ritmi sono lenti, il centro storico è curato, anche se i numerosisssimi cartelli “vendesi” fanno pensare a uno dei tanti borghi in via di spopolamento che forse potrebbero essere recuperati appieno se solo certe istituzioni ragionassero con lungimiranza e spirito di accoglienza. Su alcune terrazze notiamo delle piante di vite, alcune fuoriescono direttamente dalle pareti esterne delle case, hanno radici che affondano direttamente nel terreno sotto le cantine, esempio di convivenza tra uomo e natura.
Al centro di una piazza svetta uno strano albero, protagonista di quel misto tra storia e leggenda che tanto affascina: pare che San Francesco fosse di passaggio da queste parti, e fin qui è storia. Poi leggenda vuole che abbia piantato a terra il suo bastone, che germogliando formò l’albero. Allora il demonio, sempre nervosetto e dispettoso di fronte a ogni prodigio del Santo, con un colpo d’ala glielo capovolse. Francesco, ripassandoci davanti sulla via del ritorno, non si perse d’animo e continuò a farlo germogliare anche sottosopra, così che la chioma sta sotto terra e quelle che vediamo ancora oggi non sono altro che le radici.

Favoriti da un meteo che dopo qualche bizza pare rimettersi al bello, l’ultimo giorno andiamo a mettere le ruote sull’istmo che separa il mare dal lago. E visitiamo l’azienda di Luigi e Antonio Voto, un bellissimo agrumeto, uno di quei posti che già i colori e il profumo mettono allegria. Per non dire dei sapori: il particolare tipo di terreno, l’aria che arriva dal mare, il clima di questi luoghi, fanno sì che limoni arance e mandarini assumano caratteristiche di assoluta eccellenza. Cogliere un frutto direttamente dall’albero invece che dalla cassetta del fruttivendolo, sbucciarlo e assaporarne la dolcezza a centimetro zero è esperienza che appaga. Se poi ci aggiungiamo il carico da undici, sottoforma di un annesso piccolo caseificio dove si producono e si vendono dei formaggi direttamente dall’ovino al consumatore, ecco che ci coglie il disappunto per  non aver portato un bauletto più grande sulla moto. Oltre al dispiacere che la vacanza volge al termine.

Fuori stagione sul Gargano: tramonto a Rodi

 

I colori di un tramonto sul mare di Rodi, e l’indomani ripartiamo. Carichi di immagini, sapori, emozioni, e pure lievitati di un paio di taglie. Anche senza essere talebani del 6% in autunno/inverno ci sono millemila possibilità di girare in moto, di conoscere persone ospitali e disponibili, di vedere cose altrimenti sovrastate dalla frenesia estiva. A parte qualche spruzzata di pioggia abbiamo avuto la fortuna di trovare un clima tutto sommato mite, l’esperienza di questo giro in moto fuori stagione sul Gargano è stata positiva e consigliabile per un prossimo futuro. Per esempio lo sapevate che San Valentino, proprio quello della festa degli innamorati, è il patrono di Vico sul Gargano? E che a metà febbraio lo festeggiano per una settimana intera? E che in paese c’è il “vicolo del bacio”? E che mangiare lì le arance è di buon auspicio per i sogni d’amore?
Ecco, noi l’idea ve l’abbiamo data, ora tocca a voi convincere la vostra bella a mettersi un maglione in più e a salire in sella con voi. Non dovrebbe essere difficile via.

 

Grazie a Luca, Gianni e Mariangela di Daunia Press Tour

Abbiamo alloggiato presso Hotel Villa Americana, Rodi Garganico

Abbiamo mangiato tanto e bene presso:
Pizzeria La Cruna del Lago, Lèsina (impasto di grano arso, e sopra lardo e salicornia)

Agriturismo Villa Costanza, Carpìno (bruschette, pomodoro, formaggi, e olio di Puglia)

Agriturismo Falcare, Cagnano Varano (orecchiette al sugo di maiale e funghi porcini, ma soprattutto niente rete telefonica né wifi: si mangia senza cellulari sul tavolo!)

Agriturismo Biorussi, Carpìno (involtini di maiale al sugo di arance)

Agriturismo L’Oasi, Carpìno (purè di fave di Carpino)

Ristorante Belvedere, Ischitella (le orecchiette della signora Angela!)

 

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