Un breve itinerario tra veneto e Friuli alla scoperta del Passo San Boldo e della diga del Vajont. Tante belle curve e una meta “per non dimenticare”.
Il Veneto è ricco di posti da scoprire in sella ad una due ruote, belle strade, diversi passi di montagna e panorami suggestivi. In sella alla nostra moto, siamo andati a gustarci il particolare Passo San Boldo in provincia di Belluno, e successivamente ci siamo diretti in Friuli fino alla diga del Vajont in provincia di Pordenone, famosa per la terribile sciagura del 9 ottobre 1963 che portò alla morte di ben 1.917 persone.
Passo San Boldo
Conosciuto dai motociclisti della zona è una meta da non saltare se vi trovate a passare nella provincia di Belluno. Certo non può essere esclusivamente questa la meta di un viaggio, non tanto perché questo tratto di strada non sia bello e ricco di panorami, quanto per la sua lunghezza di soli 15 km. Il passo è anche conosciuto come “La strada dei 100 giorni”, poiché fu costruito incredibilmente tra il mese di gennaio e la metà di giugno del 1918, impiegando in totale ben 7000 operai. Il tratto di strada che porta al passo, la strada provinciale SP635 è molto bello e anche l’asfalto invita a qualche bella “curvetta”; attenzione però perché il codice della strada è assolutamente da rispettare, anche per evitare i numerosi Velox.
Una volta iniziato il passo, una vera e proprio “figata”, si sale velocemente lungo l’asfalto che sembra “arrampicarsi” in uno squarcio della montagna; tante sono le gallerie, strette e basse, prestate particolare attenzione nel percorrerle poiché all’interno non è difficile trovare l’asfalto bagnato e scivoloso. Nelle 5 gallerie si transita in maniera alternata.
Valle del Vajont
La Valle del Vajont: assolutamente una bella scoperta. Devo dire che, purtroppo, conoscevo questa zona solo ed esclusivamente per la tragedia della diga del Vajont. La valle è stupenda, le strade della zona sono tutte molto belle, l’asfalto è ben tenuto e gli scenari naturali si susseguono senza interruzione. Si percorre la strada SS51, che attraversa numerosi piccoli centri abitati, nel comune di Longarone (BL): qui vale la pena visitare il Cimitero delle Vittime del Vajont.
Qualche chilometro più avanti si lascia la SS51, si attraversa il fiume Piave, e inizia il parco giochi. La strada provinciale SP251 che si dirige verso la diga del Vajont, circa 10 km, regala numerosi tornanti, mai troppo stretti di raggio e con un’ottima visuale.
L’accesso alla zona della diga è tramite una galleria, anche questa percorsa a senso alternato, cadenzato da impianto semaforico: portate pazienza perché il tanto sospirato verde scatta dopo molti minuti. Appena usciti dalla galleria, si accede alla famosa, purtroppo, Diga del Vajont: ogni 30 minuti partono delle visite guidate che fanno accedere proprio lungo il bordo della costruzione.
Il nostro viaggio continua, e percorrendo la stupenda SR25, accompagnati lungo il percorso dal Torrente Cimoliana arriviamo fino al Lago di Bàrcis; si percorrono circa 30 km, belli e suggestivi grazie agli stupendi contrasti di colore che si creano tra l’azzurro del torrente e le sue rive bianche e il verde rigoglioso dei boschi.
Non ci facciamo mancare con gli amici di Biker Street Bologna, una bella sosta lungo le rive del lago artificiale di Bàrcis (402 m.s.l.m), costruito nel 1954 per sfruttamento dell’energia idroelettrica; le acque sono incredibilmente belle e pulite, tinte tra il colore verde e il celeste. Oggi questo posto incantevole è frequentato dagli sportivi amanti di windsurf, vela, motonautica e pesca sportiva, oltre che dai motociclisti in transito in queste bellissime valli.
La tragedia della diga del Vajont
L’uomo, alle volte crea le sue tragedie. Nulla c’entra la natura, non si è ribellata, non è stata una causa naturale, tutto fu opera della negligenza dell’uomo, che portò alla morte di ben 1917 povere vittime.
Vittime dell’immensa onda di acqua che si creò a causa della frana che si stacco dal Monte Toc e finì nel bacino della diga; l’acqua inondò e distrusse Longarone. Non furono risparmiate neanche i piccoli paesi di Erto e Casso, con oltre 300 vittime. Come fu accertato nel corso degli anni, la tragedia fu dovuta alla negligenza della SADE, che occultò la non idoneità dei versanti del bacino, visto la fragilità dei versanti del Monte Toc.
Per non dimenticare, nel Cimitero delle Vittime del Vajont a Longarone, è stata realizzata una mostra permanente che raccoglie oltre che cimeli di quella assurda tragedia, anche una bellissima e tragica mostra fotografica. Le foto del passato riescono a far capire quanto sia stata la devastazione, in quel maledetto 9 ottobre 1963; gli orologi recuperati tra le macerie, raccolti in una bacheca sono praticamente fermi tutti allo stesso orario: 22.40.