Continua il viaggio di Dario De Vecchi alla ricerca dei percorsi della Via Francigena. Ora percorre da Troyes a Vercelli seguendo Sigerico
La giornata inizia dirigendosi a Bar sur Aube, della quale abbiamo già parlato, 50 chilometri e una rapida passeggiata. Dopo la direzione è Besancon; finalmente il paesaggio migliora, boschetti punteggiano la campagna, il terreno è più ondulato, ma mancano ancora le curve… arriveranno! I 180 chilometri passano e Besancon si dimostra subito piacevole. Si passa uno dei ponti sul fiume Doubs; il protagonista della vecchia città, la circonda e, assieme alle fortificazioni di Vauban, la protegge. Un meandro del corso d’acqua compone tre lati del centro storico, il quarto è la rocca fortificata.
Arrivati più in alto, nel cuore del centro storico, ci sono parecchie cose interessanti: un giardinetto recintato custodisce alcuni resti romani, nelle immediate vicinanze un arco, sempre romano, funge da porta, incastonato tra gli edifici, per salire verso la cattedrale. Dedicata a Saint Jean, risale al XII secolo. Ha un unico portale laterale, con due colonne classiche che sembrano un omaggio ai vicini resti romani. L’attrazione principale della cattedrale è costituita dall’orologio astronomico situato nella torre.
È un gioiello del 1863, costituito da 70 quadranti, alcune figurine automatiche suonano le ore e i quarti. Tornando nella piazzetta centrale, si trovano due case che quasi si fronteggiano: una è la casa natale di Victor Hugò con museo annesso, l’altra è quella dove sono nati i fratelli Lumière. Il caso ha concentrato in una piccola piazza la nascita, a differenza di circa cinquant’anni, di personaggi particolarmente importanti per le arti. Per finire, si sale, in moto alla cittadella del “solito” Vauban; situata sulla rocca che domina la città dove la vista è particolarmente rilassante e panoramica. Domattina si riparte, e in questo percorso da Troyes a Vercelli la strada è ancora lunga.
Pontarlier, il primo obiettivo di giornata
Una sessantina di chilometri ci dividono da Pontarlier, primo obiettivo di giornata. Si viaggia tra basse colline e ne gode lo sguardo; la strada è sempre dritta e dopo due laghetti si vede Pontarlier. Ha avuto importanza storica quale punto di passaggio più comodo tra la Svizzera, Besancon e la Francia; più recentemente era diventata la capitale dell’assenzio. Questo liquore, in voga a cavallo tra l’800 e il 900, veniva chiamato la fata verde; bevuto dai bohemien francesi, si riteneva avesse delle proprietà psicoattive. Della cittadina segnalo solo la chiesa di Saint Benigne. La facciata che guarda verso la strada principale è finta; la chiesa è dietro questo muro isolato, un tempo sicuramente parte integrante dell’edificio.
Usciti da Pontarlier ci si dirige verso le montagne. Appena lasciato l’abitato si comincia a vedere una delle attrazioni più scenografiche del luogo: il forte di Joux. Si vede la strada incunearsi all’interno di una stretta gola, sopra le cui pareti sorgono alcune fortificazioni, su ambo i lati. Sulla destra si trova il castello vero e proprio, dall’altra parte il più modesto forte Mahler. Usciti dalla strettoia tra due forti, si percorre una valle boscosa e, dopo essere passati in Svizzera, si raggiunge Yverdon les Bains; una località sulla riva meridionale del lago di Neuchatel, tappa di Sigerico.
Il caffè più caro del mondo…
Qui ho bevuto il caffè più caro di tutto il viaggio (intendo tutto, da Canterbury a Roma). Per delicatezza non svelo la cifra. Continuiamo per Losanna, destinazione finale di giornata. Città moderna, sulla riva svizzera del lago Lemano, ha le sue attrazioni principali nella cattedrale, posta in posizione dominante e l’avveniristica sede del CIO, poco fuori dal centro. Si posso anche fare acquisti, se il vostro portafoglio è in grado di resistere ai prezzi svizzeri.
Si salta nuovamente in sella, costeggiando il lago in direzione di Montreux prima e delle montagne poi. La strada è panoramica e divertente da guidare, facendo attenzione ai limiti di velocità. Già fuori da Losanna ci si trova immersi in un patrimonio protetto dall’UNESCO: i vigneti di Lavaux. Risalgono a un periodo tra l’XI e il XII secolo; i monaci delle abbazie Cistercensi e Benedettine domarono questo territorio terrazzandolo con un dedalo di muretti. Dopo Vevey e Montreaux, si arriva a Chillon (occhio al castello isoletta sulla vostra destra); da qui inizia la salita verso il colle del Gran S. Bernardo, inizialmente seguendo la valle del Rodano.
La prima fermata, dopo una stretta gola, è a S. Maurice d’Agaune. L’omonima abbazia è quella rimasta attiva da più tempo in Europa: esiste, come tipo di istituzione religiosa, dal VI secolo. La sua storia è molto interessante, inoltre mi rincuora vedere davanti all’ingresso per le visite, ampia documentazione riguardante la via Francigena.
Si sale verso il Gran S. Bernardo
La strada comincia a salire lentamente, percorrendo strette e boscose vallate. Si passa per tappe di Sigerico non degne di nota; salvo che per la targa sulla casa dove sostò Napoleone Bonaparte a Bourg Saint Pierre. Quando, in un ambiente montano già privo di alberi, all’altezza di una diga che genera un grazioso laghetto, si imbocca un tunnel, bisogna fare attenzione. Non è ancora quello del S. Bernardo, ma prima del suo imbocco, poco più avanti, c’è uno svincolo con la strada per il colle. Qui inizia il divertimento, con la strada che scavata nella roccia, serpeggia piacevolmente fino al colle. Una decina di chilometri soltanto, ma ora si comincia a ragionare!
Il Gran S. Bernardo è situato a 2473 metri sul livello del mare, le costruzioni dell’ospizio occupano i due lati della strada, prima e subito dopo si trovano dei parcheggi. Un laghetto verso l’Italia è attraversato dal confine di stato. Presso l’ospizio è possibile assistere a giochi di abilità dei cani S. Bernardo, la razza selezionata dai frati della struttura. Si dice che siano originati da cani molossi che i romani utilizzavano per difesa e guardia.
Verso Aosta
La discesa verso Aosta è quanto di meglio ci si possa aspettare in moto, un misto di curve, paesaggi e tornanti; scappa qualche sosta di troppo, per riempirsi gli occhi di ciò che si ha attorno. Interessante Etroubles, circa a metà strada, quindi si arriva a vedere Aosta dall’alto, quando mancano una serie di tornanti per arrivare; si scorgono poi indicazioni della via Francigena e punti di ristoro e shop dedicati ai pellegrini. Su Aosta rimando a qualche guida, visto che merita sicuramente una lunga sosta: coesistono strutture romane ben conservate, chiese e costruzioni medioevali, architetture rinascimentali. La struttura dell’accampamento romano fortificato che ha dato origine alla città è ben visibile nell’allineamento dell’arco di Augusto con il ponte sul torrente Buthier e con la porta Pretoria. Nel giro non perdete la collegiata di S. Orso, fuori dalle mura.
Fenis, uno dei castelli più caratteristici d’Italia
Si torna alla moto, ci aspetta tutta una vallata interessante. Solo dopo aver percorso un lungo tratto di statale ci si lasciano alle spalle capannoni ed esercizi commerciali, dopo si comincia a godere del paesaggio. La strada del fondovalle è piuttosto trafficata, anche a causa del costo dell’autostrada, e bisogna fare attenzione ai limiti di velocità quando si attraversano i centri abitati. Si comincia a scorgere uno dei castelli più caratteristici della Valle d’Aosta, anzi, d’Italia: Fenis. Con le sue mura merlate e la collezione di torri di tutte le forme e dimensioni è ciò che disegnerebbe qualsiasi bambino se volesse rappresentare un castello. Per me qualche foto e via, anche perché l’ho già visitato in passato.
Seguendo la valle, si passa, senza entrarvi, da Saint Vincent, sulla sinistra spiccano il casinò e il lussuoso hotel Billia. Si possono cominciare a seguire, dove è permesso con mezzi a motore, le varianti segnalate della via Francigena, questo permette di trovare scorci interessanti e lasciare il traffico della strada principale.
L’inespugnabile castello di Bard
Dove la valle si stringe parecchio, avvicinando le ripide pareti rocciose al fiume Dora Baltea, su un rilievo, ecco il castello di Bard. Il forte è una costruzione del XIX secolo, fatto riedificare dai Savoia, vista l’importanza strategica del luogo. Si hanno notizie di fortificazioni presenti già dal VI secolo e nel medioevo il castello era definito inespugnabile. Vale la pena anche di inoltrarsi per le ripide stradine di Bard; merita assolutamente una passeggiata. Oltretutto il vecchio percorso della via Francigena passava da Bard, aggirando la rupe del forte dalla parte opposta rispetto alla strada attuale, dove si trovano belle vedute sul maniero.
Ancora bella strada in direzione di Pont S. Martin. Il pezzo forte del luogo è il ponte romano. È in piedi da 2000 anni ed è stata utilizzato attivamente fino al XIX secolo. Costruito all’epoca della fondazione della Aosta romana, ha resistito alle guerre e al maltempo, consentendo il collegamento verso le Gallie.
Altre belle città e territori prima di chiudere il percorso Da Troyes a Vercelli
Continuando, sulla sinistra, si vedono vitigni pergolati sorretti da colonne in pietra e mattoni, per lo più cilindrici, chiamati Tupiun. Questi hanno la caratteristica di assorbire il calore del sole durante il giorno, per poi cederlo durante la notte, mitigando la gelida temperatura notturna del vigneto. È uno spettacolo che ci accompagna verso la fine della tappa: Ivrea. La strada perde il suo fascino perché torniamo in pianura. Come suddividere questa impegnativa tappa, dipende dal tempo che potete o volete dedicargli.
Per Ivrea vale il discorso fatto per Aosta, luogo importante storicamente che ha conservato tracce del passato che stiamo ripercorrendo. Si trovano abbondanti segnalazioni, ostelli e luoghi di ristoro.
Adesso, fuori da Ivrea ci dirigiamo verso Santhià, successiva tappa di Sigerico. Per farlo possiamo, con una lieve deviazione, far divertire la nostra due ruote. Invece che puntare direttamente verso Vercelli, ci dirigiamo verso Biella, seguendo le indicazioni subito dopo l’abitato di Bollengo. In questo modo si attraversa la collina morenica con la strada panoramica Zegna. Un vero divertimento serpeggiante tra i boschi. A Santhià una passeggiata in centro dipende dal vostro tempo, anche per assorbire le emozioni della strada appena fatta; io, che non ne avanzo mai, ho tirato dritto. Qualche chilometro di campagna e si entra in Vercelli.
Da Troyes a Vercelli è solo una delle tappe del viaggio di Dario De Vecchi
Leggi le puntate precedenti
“Le Vie Francigene in Moto” Prima Parte (Da Canterbury a Troyes)
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