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Da New York a Los Angeles attraverso grandi parchi e capitali

Quando si sente parlare di coast to coast negli Stati Uniti, si pensa ad una vacanza passata in sella alla moto da mattina a sera, senza la possibilità di vedere alcunché. I chilometri sono tanti, ma se tutto viene ben organizzato, è facile unire la passione per le due ruote alla scoperta di nuovi luoghi.

Testo e foto di Marco Ravizza

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Lidea di un coast to coast da New York a Los Angeles è nata in primavera, quando si è cominciato a pensare alle vacanze; con tutte le questioni burocratiche da sistemare (carnet de passage, trasporto e assicurazione della moto), quelle logistiche (biglietti aereo e pianificazione itinerario), ci siamo trovati in breve ad agosto, giorno della partenza per New York. Spesso quando si sente parlare di coast to coast negli Stati Uniti, si pensa ad una vacanza passata in sella alla moto da mattina a sera, senza la possibilità di vedere alcunché. Indubbiamente i chilometri sono tanti – ne abbiamo percorsi circa 9.200 attraversando 15 stati, in tre settimane – però se il tutto viene pianificato e organizzato per tempo, si riesce ad unire la passione per le due ruote alla scoperta di nuovi luoghi e di un mondo completamente diverso dal nostro.

Siamo partiti da New York con due giorni di visita a Manhattan, dopodiché, ritirata la moto, ci siamo diretti verso le cascate del Niagara e regione dei grandi laghi; infinita. La Interstate 90 diventa così “compagna” per qualche giorno attraverso Illinois, Wisconsin, Minnesota e Sud Dakota. Questa fase del viaggio (tre giorni) è piuttosto monotona tranne per la compagnia di centinaia di motociclisti-harleysti, diretti all’annuale raduno di Sturgis, giunto nel 2005 alla sessantacinquesima edizione. Una bolgia infernale, non paragonabile ad alcuno dei nostri raduni; ci sono motociclisti nel raggio di centinaia di chilometri. Ci si sente un po’ “mosche bianche” con una BMW GS Adventure,  non solo per la moto, ma proprio per il modo di fare motociclismo: noi tutti attrezzati ed equipaggiati, loro “vestiti” di un jeans e dell’immancabile bandana; solo le passeggere e i più “freddolosi” indossano una t-shirt.

Ad ogni sosta scambiamo quattro chiacchiere con il gruppetto di turno, incuriositi forse più loro nel vedere una moto italiana che noi, in molti ci chiedono una foto vicino alla nostra due ruote, alcuni addirittura ci offrono in prova la loro quando scoprono che non ne avevo mai provata una!

Lasciata Sturgis e la 90 puntiamo verso Monte Rushmore, famoso per le imponenti sculture dei quattro presidenti (Jefferson, Lincol, Washington e Roosvelt) e la regione delle Black Hills. Finalmente un po’ di curve, inizia la parte sicuramente più suggestiva del viaggio e anche la più “guidata”. Attraversiamo la Big Horn National Forest e arriviamo a Cody, caratteristica cittadina. Da non perdere, qui, è il rodeo, all’inizio di una stupenda e poco trafficata strada che porta all’ingresso del Parco Nazionale di Yellowstone. Il tempo non è dei migliori, una robusta grandinata ricorda che siamo oltre i 2.000 metri; le strade di montagna sono completamente diverse dalle nostre: si sale per chilometri su strade larghe che non danno la stessa impressione delle nostre vie alpine; di tornanti veri e propri non se ne percorrono ma, si tratta per lo più di ampie curve, comunque suggestivi e divertenti per la guida.

Per raccontare ciò che offre il Wyoming ci vorrebbero pagine intere, soprattutto per i suoi parchi; oltre al citato Yellowstone, si incontra il Grand Teton National Park, entrambi spettacolari per paesaggi, flora e fauna (alci, caprioli, scoiattoli, bufali fanno spesso compagnia). L’unica pecca è la quantità di turisti che li affollano.

Dopo aver percorso circa 4.500 chilometri vero ovest, puntiamo ora verso sud, costeggiando la catena delle Montagne Rocciose; entriamo così in Colorado, nel Rocky Mountains National Park, attraversato per intero dalla strada 34 che s’inerpica fino a 3.850 metri di altitudine.

I viaggi in generale sono fatti anche d’imprevisti…un chiodo che si pianta nella ruota posteriore ne è la dimostrazione; fermi ad una stazione di servizio, cerchiamo vanamente di riparare il danno con quanto a disposizione; tre motociclisti di passaggio si mettono a disposizione e in breve tempo troviamo per una riparazione di fortuna, giusto quel che ci serve per arrivare ad un concessionario (450 km.!!), che sostituisca il pneumatico.

Nonostante l’imprevisto la tabella di marcia non subisce variazioni né ritardi.

Siamo ora nello Utah, nella cittadina Moab, nota per essere la più vicina all’Arches National Park, famoso per gli archi di pietra arenaria rossa; qui il caldo comincia a farsi sentire e si rimpiangono le quote dei giorni precedenti. L’Arches è solo l’anteprima di una serie di scenari spettacolari, quali la Monument Valley e il Grand Canyon: vedere con i propri occhi luoghi conosiciuti solo attraverso i film o le riviste è veramente emozionante e ripaga di tutte le fatiche affrontate.

La Storica Route 66 ci conduce dall’Arizona al Nevada dove ci concediamo una sosta nella pazza Las Vegas; dopo tanti motel e piccole realtà locali, il gran caos e gli alberghi da trenta piani un po’ spiazzano.

Lasciate le luci e lo sfarzo di Las Vegas ci tuffiamo nella Death Valley. A Zabriskie Point, la temperatura è di 52 gradi; fa veramente molto caldo e anche la moto soffre, ma per fortuna la zona sotto il livello del mare si attraversa in circa un’ora.

In breve cambiamo decisamente paesaggio; dopo una sosta a Mammoth Lake, entriamo nello Yosemite National Park e saliamo a 3.000 metri; anche qui la natura la fa da padrona assoluta, verrebbe voglia di parcheggiare la moto per qualche giorno e dedicarsi alle innumerevoli attività offerte dalla regione, ma tutto non si può fare; ci dirigiamo verso San Francisco.

La città non è l’ultima tappa del viaggio, però il coast to coast è compiuto; ecco infatti l’Oceano Pacifico, che rende la temperatura mite anche d’estate. Si riesce addirittura a vedere la nebbiolina che avvolge il Golden Gate.

La città ruba tre giorni al viaggio, è costruita su una serie di colline e qui si incontra il tornante classico in Lombard Street; fa impressione la pendenza di alcune strade. I gruppi di turisti sono numerosi, molti anche italiani, soprattutto nella zona del porto, dove i vecchi pear, sono stati riqualificati in ristoranti e negozietti vari; al pear 69 fanno da comitato di accoglienza gli elefanti di mare; se volete visitare l’isola di Alcatraz, prenotate per tempo.

Lasciata San Francisco inizia l’epilogo del viaggio verso la città, o meglio regione, di Los Angeles. Lasciare subito la moto al trasportatore che si occuperà del trasporto in Italia è stata la scelta migliore per poi dedicare gli ultimi due giorni della vacanza alla visita di Hollywood, Santa Monica, Venice Beach.

Ecco una sintesi del nostro viaggio, un’esperienza indimenticabile, non paragonabile a nessun’altra fatta negli scorsi anni; organizzare il tutto non è stato facile ma ne è valsa sicuramente la pena, è un viaggio che consigliamo, perché si ha la possibilità di vedere tante realtà degli Stati Uniti d’America così Uniti ma così differenti tra di loro; uno spunto per approfondire in un’ altra occasione le zone che più interessano.

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