Continua il nostro viaggio in Sicilia (in)seguendo il Commissario Montalbano, questa volta toccando città magiche come Scicli e Modica all’ex Fornace Penna.
L’altro luogo mitico per eccellenza della fiction è il commissariato di Vigàta. In alcuni episodi de il Commissario Montalbano è stato utilizzato il vecchio palazzo municipale in piazza Pola a Ragusa Ibla, ma la maggior parte delle scene riguardanti la guardiola di Catarella e l’ufficio dove Montalbano si riunisce coi fidi Mimì Augello e Fazio sono state girate dentro il municipio di Scicli, addirittura l’ufficio del questore è proprio quello del sindaco. L’edificio con le sue ormai celebri scale di accesso si trova all’imbocco della zona pedonale di via Mormino Penna, il salotto buono della cittadina, scendendo lungo la quale si riconosce anche l’Antica Farmacia Cartia dell’episodio “L’odore della notte”. Bellissima nei suoi arredi d’epoca oggi è oggetto di visite guidate. Quanto a prodotti però preferiamo “Nivera”, piccolo locale con tre tavolini tre dove gustare ottimi dolci e granite e le famose “teste di turco” (fatevele farcire di gelato), o il Caffè Sicilia lungo il corso.
Scicli è patrimonio Unesco, tre conventi posti su altrettante sommità la dominano dall’alto, anche qui l’architettura barocca la fa da padrona, bellissima la chiesa di San Bartolomeo, dove si celebra un funerale nell’episodio “Par condicio”. Seguendo l’indicazione a sinistra si arriva al vecchio quartiere Chiafura, con le antiche abitazioni rurali scavate nella roccia, mentre proseguendo lungo la strada alla destra della facciata incontriamo Giovanni Spataro, battilastra, riciclatore di oggetti perduti, riparatore di un po’ di tutto, e, ci anticipa, pure comparsa in uno dei prossimi episodi della serie. Con lui ci intratteniamo a chiacchierare affascinati dal dialetto siculo, una cantilena che quando la senti in televisione sa di macchietta ma che in versione live ti avvolge con tutta la forza della sua ammaliante musicalità. Alla fine ci farà dono di un lumino a olio, non avessimo paura di perdercelo per strada lo appenderemmo volentieri al manubrio della moto.
Per arrivare a Scicli ci sono molteplici possibilità, da nord ci si arriva passando da Modica, dalla costa invece si può salire riprendendo la sp 25 verso Ragusa e poi voltando a destra sulla sp 37 “Montana”, oppure da Cava d’Aliga salendo subito a sinistra dopo il supermercato rapinato in “Una voce di notte”, in questo caso resistendo alla tentazione di fare un bagno passando davanti al Lido Spinasanta o a Playa Grande, o in qualsiasi altra spiaggetta che si trova sul litorale. Divagazioni marinare a parte, bisogna spendere due parole sulle strade che ci troviamo a percorrere: abituati a scorrazzare sull’appennino tosco-emiliano, la miriade di statali e provinciali che si intersecano in questa zona di Sicilia non offrono al motociclista un particolare gusto nella guida. A parte i lunghi e dritti stradoni principali (degno di nota giusto il tratto nuovo da Ragusa a Modica con due immensi tornantoni dove volendo si sta in piega col ginocchio a terra per una trentina di secondi di fila!) la carreggiata è stretta e l’asfalto spesso approssimativo, e bisogna fare i conti con la presenza di brecciolino, a volte con greggi di pecore o i loro residui, per non dire della strana abitudine dei locali, che se hanno qualche copertone di camion o comodino o materasso che gli avanzano tendono a lasciarli sul ciglio della strada a disposizione di tutti. Insomma non è pane da supersportive, ma l’infaticabile GS che abbiamo a disposizione si rivela perfetta per viaggiare in pieno relax con un filo di gas, la dimensione lenta del luogo invita a dimenticarsi non solo dei cronometri, ma anche degli orologi, guardandosi attorno si viene rapiti da un panorama a perdita d’occhio, in breve ci si scopre immersi in un paesaggio dolce e selvatico insieme, soprattutto fermo nel tempo.
Ci colpisce in particolare la costante presenza dei muri a secco, bassi manufatti a delimitare spazi enormi di campagna, costruiti con una tecnica unica e antica, presenti solo qui nel ragusano. Ettari ed ettari di terreno spietrati, massi sagomati a colpi d’ascia e messi uno sull’altro con pazienza e perizia, incastrati a creare stabilità resistenti ai secoli senza usare una sola goccia di malta. Muri d’artista che sono dei veri monumenti essi stessi.
Intanto, una volta giunto in commissariato, Montalbano viene avvisato di un cadavere trovato alla Mànnara, alias la ex Fornace Penna, o del Pisciotto, iconico e suggestivo esempio di archeologia industriale sulla scogliera a picco sul mare. Da Scicli ci si arriva salendo per i tornanti della sp 40 e poi scendendo verso il mare in direzione Sampieri. Lì veniamo irrimediabilmente attratti dalla grande spiaggia, per lo più libera ma ben servita anche per chi cerca strutture attrezzate. La differenza che notiamo appena entrati in acqua, noi abituati alle coste toscane e liguri, è che qui i fondali, sabbiosi, scendono dolcissimi. Nel senso che prima di arrivare a non toccare si fanno centinaia di metri, viene da chiedersi se volendo non si possa arrivare a Pantelleria… a piedi.
Potremmo stare ore a giocare con le paperelle di gomma e uscire dalla frescura dell’acqua è un delitto, ma il dovere ci chiama. Raggiungiamo il commissario Montalbano alla Mànnara, dove sta indagando sulla misteriosa morte dell’ing. Luparello, come nell’episodio “La forma dell’acqua”, maturata in torbidi ambienti omosessuali. Visti certi personaggi lì nei dintorni, non possiamo fare a meno di chiederci se è stato Camilleri ad avere attinto dalla realtà o se sono i frequentatori del luogo ad aver preso un po’ troppo sul serio la fiction.
Per fare il punto della situazione il commissario decide di recarsi a rompere i cabbasìsi al dottor Pasquano che, nell’episodio “Un covo di vipere”, consuma una pantagruelica colazione sicula sul terrazzo di casa; l’attenta scenografia lo sceglie con affaccio toglirespiro sulle scalinate della chiesa di San Giorgio, a Modica, dove appunto lo seguiamo.
Giusto lì alla base della scalinata c’è anche la fermata del bus dove Livia, eterna fidanzata del commissario, arriva ogni volta che decide di andare a trovarlo in Sicilia.
Modica, un tempo capitale della Contea, oggi è una bellissima cittadina dalla vivace vita notturna e rinomato centro di produzione artigianale di cioccolato. Non bastassero le granite al CiockCafè di corso Umberto (dimenticatevi degli striminziti bicchierini di nevischio colorato delle vostre parti e ordinate la cremolata ai gelsi, praticamente un pasto completo!), ogni locale bar o bettola vi ammalierà con dolci prelibatezze di fine cioccolateria, aromatizzate a qualsiasi cosa vi venga in mente ma tutte prodotte secondo le antiche ricette della tradizione azteca. Una sosta è d’obbligo all’Antica Dolceria Bonajuto, vero luogo di perdizione dove poter assaggiare scaglie di cioccolato in varie percentuali di cacao fino all’amarissima “pura massa 100%” e dove una commessa vi sfiderà a capire l’ingrediente principale degli “impanatigghi”. Fate i ganzi e rispondetele che ai tempi di Colombo il cioccolato, originario del sudamerica, veniva usato come conservante dei prodotti che sui vascelli venivano portati in Europa. E per questo gli “impanatigghi” oltre al cacao contengono… controfiletto di carne!
Si è fatta sera, la giornata è stata intensa, per riordinare le idee sulle indagini il commissario Montalbano decide di rientrare verso casa e di concedersi una cena a base di pesce in uno dei suoi locali preferiti: da Enzo a Mare.
La caratteristica struttura giallo-blu che tante volte abbiamo visto in tv si trova a due passi dalla sua casa, sul lungomare di Punta Secca appena oltre il faro. Nonostante in molti abbiano avuto la nostra stessa idea, la gentilissima signora Nunzia ci riserva un tavolo accanto a quello del commissario. La veranda sul mare, il suono rilassante della risacca, la luce del tramonto, ormai ci sentiamo totalmente immersi nella fiction e assaporiamo in silenzio le squisitezze della cucina. Normalmente non siamo grandi estimatori dei menù di pesce, confessiamo più per un problema “tecnico” che di gusti (leggi: la fastidiosa perdita di tempo a schivare le lische), quindi optiamo per un’insalata di polpo e per il pescespada alla siciliana. Una gioia per il palato, una quantità ben oltre il limite della sazietà, e un ottimo rapporto qualità-prezzo, cose non scontate laddove l’improvvisa notorietà di un luogo potrebbe indurre nella tentazione di cavalcare facilmente l’onda.
Una granita nella piazzetta dell’edicola, l’ennesima della giornata, ma come si fa a non provarle tutte?, e la giornata può dirsi conclusa. Rientriamo alla nostra base ragusana coi cinque sensi sazi di emozioni.
Testo e foto: Francesco Corsini
Testo e foto Francesco Corsini (Franz)
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