La seconda parte del nostro viaggio in Vallonia, ci porta verso le strade delle Ardenne, attraversando luoghi affascinanti e ricchi di storia
Ci svegliamo a Durbuy, dove a malincuore come ci è capitato poche altre volte dobbiamo rinunciare a qualche bel percorso di trekking in zona, che intuiamo essere numerosi e molto belli e poter tornare in serata a farci cullare di nuovo da Durbuy, e riprendiamo la moto per dirigerci, grazie alle indicazioni di “colleghi” motociclisti belgi partecipanti di un raduno in zona, attraverso le bellissime strade di questa zona verso La Roche en Ardenne, una piacevole cittadina il cui centro storico, ad eccezione dei ruderi del castello che lo sovrasta, è relativamente recente.
In questa zona, nel Natale del 1944 ci furono oltre 20.000 vittime quando l’esercito tedesco tentò un contrattacco nei confronti delle truppa alleate e ovviamente le costruzioni in zona vennero praticamente tutte rase al suolo. Numerosi musei ricordano gli scontri, così come i cimiteri militari.
Numerosi motociclisti affollano le vie del centro de La Roche, per riposarsi dopo una mezza giornata di pieghe, e sinceramente ci sentiamo delle mosche bianche, unici italiani in mezzo a francesi, olandesi, tedeschi. Va detto che siamo anche i più bellini da vedersi.
Prendiamo coraggio e, dopo aver verificato che effettivamente le birre belghe sono a dir poco straordinarie, decidiamo di provare l’altra specialità del luogo, per la quale il Belgio è famoso nel mondo: le patatine fritte!
Ora, confessiamo che eravamo abbastanza curiosi di provarle, e che sinceramente non ci aspettavamo di trovare chissà quale diversità in una cosa tutto sommato globalizzata come la patata fritta, ed effettivamente, sebbene il cartoccio di frites accompagni praticamente ogni pietanza anche nei ristoranti più eleganti, questa gran differenza non ci sembra di averla mai provata. La “fritèrie” è una istituzione in Belgio, se ne trovano spessissimo e sono un tipo di fast food in cui qualsiasi cosa, invece che essere cotta, è fritta: dalle patate agli hamburger alle verdure. Interessante, da provare come esperienza culturale, diciamo.
La birra, invece, la birra… sarà un’impressione, ma anche le birre che si trovano sugli scaffali dei nostri supermercati e che ci avevano fatto intuire un senso di deja-vu prima di partire leggendo i nome delle città belghe (Chimay, Namur, Orval) quando le bevi vicino al luogo di produzione sono un altro pianeta, un’esperienza sensoriale che si rinnova ogni volta di profumi, colori, sentori, aromi, gusti. Poesia.
E il bello è che ogni cittadina, piccola o grande che sia ha la sua birra da provare, ed è normale che se è stata fatta lì vicino, solo lì hai le migliori condizioni per gustarla al meglio.
Una delle scoperte a tema birrario che ci permette la nostra visita in Vallonia riusciamo a compierla nei pressi dell’abbazia di Orval, ricostruita dai ruderi dell’antico monastero negli anni ’20, rimasto anch’esso vittima della furia rivoluzionaria seguita a quella francese. Nel ristorante nei pressi dell’abbazia servono un tipo particolare di Orval, (che è già buonissima di suo, lo sappiamo) la Vert, molto amara e con sentori di idrocarburi. Assolutamente da sola vale il viaggio.
La parte recente dell’abbazia è chiusa al pubblico, ma si possono visitare i ruderi dell’antica cattedrale, un museo che illustra come viene prodotta la birra nel birrificio, i sotterranei della costruzione più antica, assolutamente affascinanti.
Il caldo si fa sentire, e volentieri riprendiamo la moto per dirigerci verso Bouillon facendoci cullare dalle bellissime strade passando da Herbeumont, che ospita le rovine di un antico castello. Per noi, la scusa perfetta per saggiare brevemente le doti fuoristradistiche della Multistrada 950 che abbiamo potuto riprendere e fotografare grazie al dispositivo Sena C10, che ci ha aiutato tantissimo durante il nostro viaggio permettendoci di filmare, fotografare, ascoltare musica ma soprattutto di parlare fra di noi.
Bouillon è un’altra piccola città della Vallonia che incanta grazie alla posizione racchiusa all’interno di un’ansa della Mosa, che in questa parte del Belgio descrive un curioso tracciato curvilineo, dominata da un singolare castello arroccato su tre speroni di roccia uniti da ponti levatoi, assolutamente affascinante.
La piacevole località di villeggiatura a questo punto sembra una costante della regione, perché in qualunque posto dove ci fermiamo ci sono persone che arrivano da ogni dove in moto, tanti ciclisti, moltissimi olandesi, escursionisti a piedi, famiglie, ma soprattutto kayak, che in questo caso che percorrono la Mosa.
Bouillon è rimasta celebre per aver dato i natali a Goffredo di Buglione, il primo a mettersi in testa che il Santo Sepolcro di Gerusalemme sarebbe dovuto tornare cristiano e organizzò per questo la prima crociata, quella che per prima (anzi, la sola) riuscì nell’intento. Goffredo, o Godefroy de Bouillon vendette il castello per finanziare la spedizione e, con la benedizione del principe-vescovo di Liegi che se l’era comprato, partì per Gerusalemme non senza soffermarsi a depredare buona parte dei territori che attraversò, fino a fare strage di ebrei e musulmani nei pressi del Santo Sepolcro. Ovviamente adesso è considerato un eroe nazionale, la birra di Bouillon, neanche a dirlo, è la Godefroy, una chiara abbastanza beverina, piacevole ma non eccezionale.
All’interno del castello, che nel corso dei secoli ha subito infiniti rimaneggiamenti, si respira davvero l’aria della fortezza medievale e lascia immaginare la vita quotidiana di chi viveva fra queste mura; ogni locale è aperto al pubblico e il castello merita assolutamente la mezza giornata di visita che gli abbiamo dedicato, anche perché la vista che si gode dell’ansa della Mosa e della città sotto è veramente spettacolare.
Almeno tre volte il giorno, all’interno della piazza centrale, si tiene uno spettacolo di rapaci, con spiegazione ed infinite battutine (sembra quasi uno spettacolo di cabaret) in francese e olandese.
La lingua in Belgio è in effetti uno degli aspetti più curiosi. Come detto le distanze non sono importanti, e proprio per questo abbiamo trovato singolare come a distanza di poche decine di chilometri venga data priorità a spiegazioni, cartelli turistici, uso quotidiano di lingue diverse. Nella parte fiamminga del Belgio, Bruxelles per intenderci, si parla fiammingo, che al nostro orecchio ignorante suonava simile all’olandese. Se provi a parlare francese, ti guardano come se fossi un alieno e ti rispondono in inglese. In Vallonia, ovvero a quindici chilometri da Bruxelles, hanno cartelli e nomi delle città in francese, mentre poco più a sud, a Durbuy, i cartelli turistici sono in francese e olandese, ma non in fiammingo. A Dinant invece le spiegazioni turistiche sono in francese e tedesco, poiché il Belgio ha pure una minoranza a lingua tedesca.
Ed è proprio Dinant che ci aspetta nel pomeriggio, col suo placido lungoMosa coi tavolini dei bar all’aperto rivolti verso il fiume sul quale si praticano attività sportive come kayak, sci nautico, sup.
L’ingresso alla città è segnato da due giganteschi obelischi naturali in pietra in mezzo ai quali passa una corsia della strada.
Dinant è la città che ha dato i natali a Adolphe Sax, l’inventore dello strumento musicale, e a lui è dedicato un museo nella casa dove abitò, molto molto interessante ed interattivo, adatto anche a chi non è un esperto di musica.
Proprio di fronte al museo Sax si trova “chez Bouboule”, un ristorante rinomato per l’incredibile varietà di modalità di preparazione delle cozze che si raccolgono sulla Mosa, vero piatto tipico della zona, note soprattutto per essere molto carnose. Possiamo testimoniare che sono davvero ottime, soprattutto se accompagnate alla birra di Dinant, ovvero la Leffe e la Blanche de Namur, prodotta qui vicino e non a Namur come suggerirebbe il nome.
Bellissima, a Dinant, la cattedrale di Notre dame (si chiamano tutte così, lo so…), ricostruita a più riprese ma soprattutto nel 1227 in seguito al distacco di un frammento di roccia dal costone soprastante, che ospita la cittadella fortificata.
Una teleferica accompagna il visitatore alla Cittadella, che all’interno ospita un museo multimediale che illustra le fasi di invasione da parte dei tedeschi della città nel 1914 e come fecero strage soprattutto di civili. Curiosa la statua dedicata a De Gaulle dall’altra parte della Mosa che ricorda come il suo battesimo del fuoco avvenne proprio lì; in bronzo ma dall’aspetto quasi fumettistico, tanto che ricorda più un personaggio di Tin Tin, il celebre fumetto belga arcinoto nel mondo, che un capo di Stato. Ovviamente i natali di Sax sono celebrati un po’ in tutta la città con allestimenti scultorei, molto bello quello sul ponte principale.
A dire il vero, però, durante la nostra visita abbiamo potuto vedere, finora, l’abbazia trappista di orval dove sappiamo viene prodotta l’omonima birra, una distilleria, la Belgian Howl, ma una birreria dal vero non l’abbiamo ancora visitata e crediamo sia arrivato il momento di soddisfare questa curiosità.
Nella terza e ultima parte, finalmente, visiteremo il birrificio Du Bock, dove producono, fra le altre, la mitica Blanche de Namur.
Si ringrazia: Silvia Lenzi
Ufficio Belga per il Turismo Vallonia