Un fantastico viaggio – quello del Nepal in moto – fatto da Sasà. un’avventura che è possibile pianificare senza grandi costi. Ecco come fare.
Vi siete mai chiesti come nasce un viaggio? Certo molti nascono da locandine pubblicitarie, da offerte imperdibili di lussuosi resort, ma io parlo dei viaggi veri quelli che sogni per anni, quelli per cui non dormi la notte fino a che non decidi ed inizi con il progettarlo ed infine realizzare quel sogno. Questa volta la destinazione che toglie ore di sonno al mio riposo è fare il Nepal in moto, da sempre le sue alte vette e la cultura millenaria stuzzicano la mia fantasia.
Chi mi conosce sa che ho sempre viaggiato con le mie moto, eppure questa volta decido di cambiare e di noleggiare una moto che è una vera icona del mondo Indiano\Nepalese: la Royal Enfield. Tra i modelli disponibili ovviamente scelgo una vecchia Bullet 350, considerata la vera Royal.
Ora che tutto è deciso inizio con la programmazione, acquisto le guide, le cartine geografiche e contatto l’agenzia Bikemandu di Kathmandu il cui proprietario, il gentilissimo Amar, mi da tutte le info necessarie.
In meno di un attimo sono seduto su un volo della Oman Air diretto in Nepal. All’aeroporto di Kathmandu, troverò ad aspettarmi Dev, che gestisce il Fresh Nepal un orfanotrofio che aiuta 21 ragazzi tra i 2 e i 18 anni. Li ho contattati per sapere se potevo fare qualcosa per loro e raccontandogli la mia storia ho scoperto che non c’è niente che faccia divertire i ragazzi più che imparare a guidare una moto.
Il giorno dopo ritiriamo le nostre Bullet, parlo al plurale perché intanto mi ha raggiunto Alex, ragazzo Romano che vive in Australia; siamo da tanto amici su Facebook, e lui che segue le mie avventure dal social una volta letta questa nuova missione, ha chiesto di unirsi a me.
Le moto al primo contatto non danno una grande impressione, i 190kg con soli 20 cv non regalano emozioni e guidare nel traffico di Kathmandu è un esperienza mistica. Qui il rispetto delle regole è pari a zero: moto , camion ed auto passano da ogni angolo senza alcuna accortezza se non quella di attaccarsi fastidiosamente al clacson. Qui, solo la mia esperienza maturata in tanti anni di guida nella mia città natale – Napoli – mi aiuta, mentre Alex che è Romano inizia a trovare le prime difficoltà.
Avevo previsto di passare al Fresh Nepal non più di un giorno e mezzo, ma questa è forse l’esperienza più bella che abbia mai fatto. Questi ragazzi hanno tanto affetto da dare e quindi finiamo per passare 4 giorni all’orfanotrofio, spendendo le mattine in giro per la città e i pomeriggi a giocare nel piccolo campo da calcio della struttura, dove penso di aver percorso in 4 giorni più di 200 km a portare bambini festanti sulla moto, nonostante le mie perplessità 5-6 alla volta, come si usa da queste parti.
Alla mattina del quinto giorno prepariamo i bagagli e le moto, salutiamo i nostri nuovi piccoli amici con la promessa di tornare, innestiamo la prima e prendiamo la strada diretta a Pokhara città che dista appena 200 km. Uscire da Kathmandu non è facile, proviamo a districarci tra le migliaia di persone, scooter e persino vacche che ci attraversano la strada, mettendoci più di un’ora e mezza per uscire dalla Capitale. Questa si trova in una vallata, e quindi dobbiamo valicare le alte vette che la circondano, altra impresa non facile a causa della coda di camion in entrata ed uscita dalla città.
I Camionisti non hanno alcun rispetto per i motociclisti e tentano improbabili sorpassi in qualsiasi occasione , curve cieche comprese e il solo rumore del clacson ti avvisa che forse è meglio se ti lanci fuori strada se vuoi salvarti la vita.
Ad orario di pranzo dopo 4 ore di strada abbiamo percorso appena 100 km. Incredibile!
Ci fermiamo quindi in un piccolo paesino dove pranziamo in un baracca.
Riprendiamo il viaggio e anche se la situazione traffico migliora bisogna comunque stare molto attenti, almeno però veniamo ripagati dallo splendido panorama, la caotica città ha lasciato spazio a lussureggianti vallate costellate da piantagioni di riso che ricoprono l’intero paesaggio. Intanto i chilometri scorrono, ma come previsto con queste moto i problemi non tardano ad arrivare e la mia Bullet all’improvviso si ammutolisce. Capisco che il problema è elettrico e come prima cosa cambio il fusibile che si brucia ancora all’istante, l’esperienza maturata in 10 anni di viaggi e problemi mi hanno insegnato a non cadere nel panico e nonostante il mio nuovo compagno di viaggio inizia ad innervosirsi per il guasto, io inizio a smontare la moto e trovo in meno di un ora un cavo che – essendosi spellato toccando sul telaio – andava in corto. Taglio la parte di cavo incriminato e con il nastro sistemo il tutto.
Moto pronta a ripartire per Pokhara dove arriviamo alle 18 dopo più di 10 ore di viaggio. E pensare che dalle nostre parti 200 km si percorrono in 2 ore.
Pokhara è una tranquilla città affacciata sulle verdi acque di un lago , dove i trekkers si preparano a scalare la vicina catena montuosa del Mustang che con le sue vette a più di 8000 metri è la seconda catena più alta del mondo, ed è li che siamo diretti. Andiamo all’ufficio turistico e prendiamo il nostro permesso per salire.
Il giorno seguente partiamo di buon ora in direzione Beni, per strada capiamo quanto sia dura la vita da queste parti, lungo il percorso incontriamo persone che non avendo acqua in casa si lavano nei fiumi , o per strada nelle fontane pubbliche dove tra le altre cose lavano ogni genere di cose. Il lavoro più frequente quello di lavorare la terra è ancora fatto tutto a mano da donne, bambini e uomini che trasportano pesanti sacchi contenenti i frutti di faticose giornate.
Arrivati a Beni dopo 50 km ci prepariamo al nostro primo off road, la strada da qui non sarà più asfaltata. Le piogge dei giorni precedenti mettono in difficoltà le nostre piccole Bullet che con gomme lisce diventano difficili da guidare mentre la strada diventa sempre più impegnativa in quanto inizia a salire ed è piena di rocce e fiumi da guadare.
Alex che non ha nessuna esperienza di fuori strada è in difficoltà e, come se non bastasse il suo porta pacchi cede sotto il peso dello zaino, ma lui è sfinito quindi facciamo cambio moto, mi carico lo zaino sulle spalle e raggiungiamo Tatopani dopo appena 27 km di off road. Qui ci sono le famose terme naturali dove cerchiamo ristoro dopo la faticosa giornata.
Al risveglio cerchiamo un meccanico che ci sistema la moto e dopo una veloce colazione e rifornimento alle moto siamo pronti a ripartire.
La strada continua a salire e a diventare sempre più ostica, anche a causa dell’appena terminata stagione delle piogge, le frane sono tante e i fiumi alti. Così, mentre io mi diverto alla guida, Alex è sempre più in balia delle avversità e dopo l’ennesima caduta decidiamo di separarci: lui tornerà indietro ed io da solo cercherò di salire fino ai 4200 metri di Mukthinat, punto più alto raggiungibile con le moto nel Low Mustang.
Riprendo la mia scalata e il panorama inizia lentamente a cambiare, le verdi vallate lasciano lentamente spazio ad un paesaggio aspro e brullo. Intanto raggiungo Marpha bellissimo villaggio famoso per il suo monastero Buddista, qui l’influenza tibetana è forte. Decido di visitare la città ed assisto ad una spettacolare cerimonia dei monaci che con canti e strumenti fanno la loro preghiera. Inizia a fare buio quindi riparto in direzione Jomson che sarebbe dovuta esser la destinazione giornaliera, ma ora sono più veloce, quindi decido di continuare e raggiungere Kagbeni dove la sera, nel ristorante dell’albergo, vengo avvicinato da due ragazzi Nepalesi che a loro volta stanno facendo il viaggio in moto. Mi offrono da bere un pesante alcolico locale alla mela e senza nemmeno il tempo di accorgercene siamo vicini all’esser ubriachi.
La mattina mi metto in sella di buon’ora, mi aspetta la parte più difficile: arrivare a Mukthinat. La mia Enfield inizia a perdere potenza man mano che si sale, e non di rado mi tocca spingerla in tratti particolarmente ripidi, ma io che non sono abituato a mollare non demordo e nonostante la velocità ridotta a meno di 15 km/h continuo a salire fino a che non raggiungo finalmente la vetta. Mukthinat con i suoi monasteri mi accoglie orgogliosa dei suoi 4200 metri.
Il piccolo villaggio sembra esser una specie di Mecca, dove i Nepalesi Buddisti devo andare almeno una volta nella vita. Entrando nel tempio più in alto assisto ad un spettacolare rito secondo il quale ci si purifica immergendosi nelle fredde acque di due piscine. Qualche scatto di rito ed è già tempo di prendere la strada del rientro, inizio quindi a scendere, anche se vengo rallentato da continui greggi di pecore che bloccano la strada, ma prima che faccia buio sono ancora a Tatopani, dove mi rilasso nelle calde acque delle terme mentre inizia diluviare, il che presagisce una non facile giornata per il giorno seguente.
Riparto e subito capisco che non sarà una giornata facile, le strade sono allagate da enormi pozzanghere delle quali non si capisce la profondità nè il fondo, la mia marcia è quindi abbastanza lenta, anche se raggiungo e mi unisco ad un altro viaggiatore in sella ad una Bullet 500. La strada è sempre più difficile e rocce bagnate in discesa con fango non aiutano fino a che, nel tentativo di passare dentro una pozzanghera,la mia Bullet si ammutolisce proprio al centro, sono quindi costretto ad immergere i piedi fino al ginocchio nell’acqua a scendere e spingere fuori la moto, per fortuna il mio nuovo compagno – che scopro essere un indiano- si ferma e non avendo attrezzi con me mi presta lui l’occorrente. La mia moto ha pescato acqua, mi tocca smontare carburatore, filtro e pulire il tutto e dopo poco più di un’ora siamo pronti a ripartire.
Mi sto divertendo alla guida ma è sempre più impegnativo, tant’è che dobbiamo guadare un fiume ingrossatosi a causa della pioggia, ma per fortuna entrambi ne usciamo senza problemi. Siamo ormai quasi a Beni mancano gli ultimi chilometri di off e logicamente, quando ormai pensi che sia fatta, mi distraggo e cado immergendo ancora i piedi nel fango, tra le risate del mio amico. Arriviamo poi nella vicina cittadina dove finalmente dopo quattro giorni tocco di nuovo l’asfalto e in meno di 50 km sono a Pokhara dove mi aspetta Alex per ripartire ancora insieme il giorno seguente.
Nella prossima puntata tutte le info e i costi per realizzare l’avventura di scoprire il Nepal in moto.
Testo e foto di Salvatore Di Benedetto
Tempio stupa Kathmandu
Tempio Pashupatinath – Kathmandu