Aneddoti, considerazioni e racconti di Walter Ramperti, grande moto-viaggiatore, amante delle culture e dei popoli.
L’aria mite della primavera che avanza a lunghe falcate trasmette sempre a noi, moto viaggiatori, la voglia irrefrenabile di viaggiare.
É una vita che viaggio in giro per il mondo, spesso in moto, il mio mezzo preferito, ma non disdegno nemmeno altri mezzi più lenti come la bicicletta oppure una sana camminata, né un fuoristrada o qualsiasi altro mezzo a quattro o più ruote, perché sono convinto che la cosa importante sia viaggiare e che il mondo là fuori offra al viaggiatore curioso immense emozioni.
Da qualche tempo però soffro di uno strano malessere, qualcosa che mi disturba e mi avvilisce. Ho dato la colpa alla pandemia che per due anni ha bloccato il mondo intero, un evento tanto drammatico quanto unico e assolutamente raro visto che non succedeva da un secolo. Pesante da sopportare ma accettabile come tutti gli eventi catastrofici che investono purtroppo di tanto in tanto il nostro pianeta.
Pensavamo al Covid come al peggior disastro di questo secolo
Il lato positivo del Covid, l’unico secondo me, è aver visto l’umanità impegnata contro un comune nemico, il terribile virus. No, non è il Covid la causa del mio disagio, il virus ha bloccato il mondo ma ha visto anche tanta solidarietà tra nazione e nazione. É la guerra che mi deprime, la guerra che divide, ammazza e chiude intere aree.
Prendiamo come esempio uno degli itinerari che amo di più e che ho avuto la fortuna di seguire varie volte nei miei viaggi: la via per l’India.
Per tanti anni raggiungere l’India dall’Europa aveva come prima tappa Istanbul e, dopo aver attraversato tutta l’Anatolia e lo straordinario Iran, si entrava in Afghanistan e attraverso il Kyber Pass si raggiungeva il paese dei puri, il Pakistan e di seguito l’India.
Questa affascinante via si chiuse nel 1979 con l’invasione russa dell’Afghanistan e l’isolamento dell’Iran con l’ascesa al potere dell’ayatollah Khomeini. Nella seconda metà degli anni novanta l’Iran riaprí al turismo ed io ne approfittai per visitarlo in sella a una BMW GS 80 Paris/Dakar del 1986. Fu un viaggio bellissimo. L’Afghanistan non aveva ancora aperto e, ormai è storia, non riaprirà mai più, costringendo gli avventurieri che avevano intenzione di raggiungere l’India ad attraversare il Baluchistan, una regione desertica nel sud del Pakistan impegnativa e ancora infestata da predoni e trafficanti di droga che costringeva le autorità locali a formare piccoli convogli scortati dai militari.
Walter Ramperti con una KTM 640 monocilindrica fino alle vette tibetane
Più o meno nel nuovo millennio la Cina aprì le sue infinite frontiere ai mezzi privati, anche questa volta, ne approfittai per fare un bel viaggetto da casa fino alle alte vette tibetane in sella a un’agile KTM 640 monocilindrica.
Aperta la Cina si spalancava la straordinaria possibilità di raggiungere il Nord del Pakistan e di conseguenza l’India seguendo l’affascinante via della seta attraverso Kazakstan, Uzbekistan, Tajikistan, Kirghizistan visitando città magiche come Khiva, Bukara e Samarcanda. Questa era di gran lunga la mia via preferita. Peccato che nel 2014 la guerra nel Donbass costrinse i viaggiatori ad un largo giro in Bielorussia per evitare questa regione nel sud est dell’Ucraina, e poi, l’attuale conflitto tra Russia e Ucraina sbarra definitivamente la strada per l’Asia, anche se a onor del vero ci sarebbe ancora la possibilità, per quelli che vogliono raggiungere l’India seguendo la via della seta, di attraversare la Georgia dopo aver superato la Turchia fino alla “Grande Madre Russia” e poi Kazakstan, Uzbekistan etc.
Le pittoresche scorte militari
Un bel casino, se mi si consente il termine. L’itinerario che ho sempre sognato e per fortuna seguito varie volte per vie diverse, sbarrato da ogni parte fatta eccezione per chi volesse avventurarsi nel Baluchistan, che non è mai cambiato in tutti questi anni: era infestato dai briganti e lo è tutt’ora. Lì c’è ancora la solita vecchia scorta militare che accompagna i pochi viaggiatori raggruppati in piccoli convogli.
Mi è capitato alcune volte di essere accompagnato in Pakistan dalle “meravigliose” scorte militari che consistono in una jeep con un militare che guida e almeno altri due soldati, uno di scorta che quando non guida dorme e l’altro addetto alla mitragliatrice di grosso calibro puntata verso il gruppo di viaggiatori che scruta l’orizzonte in cerca di ostilità. Ragazzi giovani sempre disponibili e simpatici con cui si fa amicizia in fretta.
In “Birmania”
Andando “oltre”l’India, perché se vogliamo sognare tanto vale sognare in grande. Per tanti anni la Birmania, oggi Myanmar, è stata chiusa ai mezzi privati. Ci sono stato nel 2007 con un viaggio organizzato. Splendido paese. Meravigliosa gente. Peccato fosse governato da una feroce dittatura che in quel periodo teneva agli arresti domiciliari Aung San Suu Kyi, presidente della lega nazionale per la democrazia e premio nobel per la pace, da più di dieci anni.
La domanda lecita: è giusto andare in un paese dittatoriale?
Approfitto per chiarire che ogni viaggiatore prima di visitare un paese dove governa una rigida dittatura dovrebbe prima di tutto chiedersi se eticamente sia giusto andarci oppure no. Io ho deciso di andarci, sia in questo paese che in altri. Una mia scelta. Preferisco vedere con i miei occhi, parlare con la gente e poi raccontare la loro storia al mondo intero che altrimenti rimarrebbe sprofondato nella propria ignoranza. Aggiungo solo un po’ di buon senso perché viaggiare è meraviglioso, farsi arrestare e finire in carcere o rapire un po’ meno e farsi ammazzare assolutamente da evitare.
Per tanti anni la chiusura delle frontiere birmane ai mezzi privati ha impedito ai viaggiatori itineranti di raggiungere il sud-est asiatico. Qualche anno fa ha riaperto, alcuni amici con dei fuoristrada sono riuscita a superare i confini di questo meraviglioso paese arrivando dalla Tailandia e transitando in India. Purtroppo nel 2021 c’è stato un altro colpo di stato e attualmente non ho notizie certe.
Lo Yemen mi è entrato nel cuore e ci rimarrà per sempre
Anche la situazione Medio Orientale è sempre molto complessa. L’Iraq è sempre chiuso, in Siria infuria la guerra da undici lunghi anni, Libano, Palestina e Israele sono sempre in tensione. Ricordo ancora con piacere il mio viaggio in moto del 2001 in Israele ed Egitto. Un viaggio fattibile in quegli anni perché c’era la possibilità di imbarcarsi su un traghetto che da Bari trasportava uomini e mezzi prima a Izmir in Turchia e poi fino a Haifa in Israele.
Nel 2003 ebbi la fortuna di visitare uno di quei paesi che hanno una brutta fama, ma ti stordiscono per la bellezza dei luoghi, la dignità e la fierezza della gente. Lo Yemen mi è entrato nel cuore e ci rimarrà per sempre. Sono i miracoli che solo alcuni viaggi riescono a compiere. Dal 2015 nello Yemen si combatte una delle guerre “peggiori” della storia dell’umanità, anche se, è inutile ricordare che le guerre “migliori” non esistono, le guerre sono sempre pura follia, dove a farne le spese sono i civili e soprattutto i bambini. Mi devasta che l’occidente appoggi la coalizione araba che bombarda intere città ormai ridotte a un cumulo di macerie. Tanta bellezza cancellata per sempre e un’intera generazione che non avrà un futuro.
Walter Ramperti sulle orme del mitico Giorgio Bettinelli
Per rimanere in Africa, nel 2011 ebbi la fortuna di attraversarla tutta da nord a sud a bordo di un fuoristrada con amici. Partimmo dall’Egitto e via di seguito Sudan, Etiopia, Kenya, Tanzania, Zambia, Botswana, Namibia e Sud Africa. Un viaggio straordinario e realizzabile. In quel periodo il solo “pericolo” era rappresentato dai duecentocinquanta chilometri di terra di nessuno tra il confine etiope Moyale e Marsabit in Kenya. Un’area desertica pietrosa e caldissima dove non ci vivono neanche le mosche.
Quest’area tristemente famosa per gli attacchi dei guerriglieri somali Shifta ai convogli di passaggio tipo “assalto alla diligenza”. Anche il mitico viaggiatore in Vespa Giorgio Bettinelli racconta, come solo lui sa fare, del suo primo attraversamento in cui fu abbandonato al proprio destino dalla scorta militare perché “troppo lento”. Nessuno immaginava di avere a che fare con un personaggio che aveva già fatto il giro del mondo in Vespa e ne avrebbe fatti altri negli anni a seguire.
Guerre infinite
Tra Etiopia ed Eritrea nel 1961 ci fu un conflitto armato che durò trent’anni finché l’Eritrea nel 1993 ottenne l’indipendenza, poi nel 1998 di nuovo un’altra guerra per la definizione dei confini e via di questo passo fino a giorni nostri con nuove tensioni e ammazzamenti nella regione del Tigray nel nord etiope.
Sempre in Africa ci sono forti tensioni nella fascia del Sahel nel sud del Sahara tra Burkina Faso, Mali, Niger. In Camerun e Nigeria la guerra civile sta provocando una delle più profonde crisi umanitarie della storia. In Mozambico l’ascesa di alcune frange jihadiste ha provocato la chiusura di un’intera area.
Una bellissima Libia che non si può più visitare
Nel 2001 visitai la Libia in sella a una monocilindrica Ktm. Fu un viaggio esaltante intriso di cultura con la visita ai numerosi siti archeologici romani sparpagliati sulla costa, in primis Leptis Magna e lo splendido deserto di Awbari formato da dune di sabbia altissime punteggiato da piccoli laghi. Nel 2011 il paese sprofondò nella guerra civile. Gheddafi fu detronizzato dal paese in rivolta appoggiato dalla Nato. In pratica la rivoluzione durò pochi mesi ma la guerra civile non è ancora finita e sono passati ben undici anni.
Walter Ramperti con la Multistrada (ma anche in BMW) in America
Si salva il continente nord americano con il pacifico e immenso Canada che ho visitato in sella a una rossa Ducati Multistrada e gli Stati Uniti che ho attraversato in lungo e in largo in moto dove le guerre le fanno tutte lontano da casa. In Messico ci sono alcune aree da evitare ma tutto sommato il rischio è trascurabile ed anche in Centro America, Guatemala, Nicaragua, Honduras e Costa Rica dove ho viaggiato un mese sotto il diluvio universale in moto e mi sono molto divertito, a parte qualche “ladrones” non ho trovato grossi problemi anche se il Nicaragua ha attraversato lunghi periodi di orrende guerre civili e purtroppo in questi ultimi anni è di nuovo a rischio.
Nel Sud America il Venezuela è a un passo dalla guerra civile e anche la Colombia ha qualche problema verso il confine venezuelano dove gli scontri tra opposte fazioni di guerriglieri hanno provocato numerose vittime. Bolivia visitabile con prudenza. Ci sono stato due volte. La prima in un viaggio itinerante partendo dal Venezuela e la seconda sempre in moto da Santiago del Cile a La Paz. Il paese è meraviglioso, ma bisogna solo prestare attenzione soprattutto per chi viaggia in solitaria.
La Cina, un mondo a sé
Ho volutamente tralasciato la Cina, dove di tensioni ce ne sono tante a partire dallo Xinjiang la regione più a occidente abitata da numerose minoranze etniche che non sono neanche lontani parenti dei cinesi, ma sono controllati dal Celeste Impero, perché la Repubblica Popolare Cinese è un mondo a sé. Per anni è stata chiusa ai mezzi privati, poi, anche se con complicazioni burocratiche ad dir poco impegnative e molto costose ha aperto i propri confini agli “stranieri”.
Nel mondo attualmente ci sono più di cinquanta conflitti attivi. La terza guerra mondiale forse è già incominciata, solo che in questo momento è ancora frammentata.
Penso che l’umanità non abbia memoria. La storia dovrebbe averci insegnato che la guerra esprime il peggio dell’uomo. Basta una scintilla a far divampare incendi che vanno avanti per anni perché in ognuno di noi alberga un killer spietato pronto a tutto. Anche il più mite degli uomini colpito negli affetti più cari si trasforma in un assassino e quelli che le vogliono conoscono molto bene questo meccanismo perverso. Di tutte le guerre quella che più mi ha sconvolto è stata quella nella vicina Jugoslavia.
Per anni ho frequentato in moto, avevo una Honda 900 Bol D’or, le isole dalmate, legando moltissimo con i locali e con alcuni di loro ho condiviso una parte bella della mia esistenza. Poi nel 1991 è scoppiata la guerra ed è andata avanti per dieci anni. Ci sono tornato solo nel 2014 perché prima mi mancava il coraggio. Ho trovato un paese nuovo frammentato in tanti stati e la gente divisa, non solo dai nuovi confini, che non ha voglia di parlare della guerra perché le ferite sono ancora aperte.
Vorrei essere ottimista, ma è difficile
Non ho molte speranze che l’umanità prenda coscienza che l’unica guerra giusta è quella che non si fa. Oltretutto mai come in questo contesto storico, grazie alla tecnologia e a internet, i media ci portano le orribili immagini delle guerre dentro casa all’ora di cena, come fosse uno spettacolo e la gente si schiera da una parte o dall’altra come se la guerra avesse una giustificazione. E’ questa la ragione del mio malessere.
Guerre, orrendi massacri, intere aree isolate dal resto del mondo per anni e devi anche fare attenzione a quello che dici perché altrimenti sei bollato per sempre. A nessuno interessa sapere il motivo per cui abbia avuto inizio un conflitto. Nessuno, nemmeno i tanti giornalisti accreditati, che non vanno oltre allo scarno racconto della notizia e chi con trent’anni di esperienza come inviato di guerra cerca di spiegare o di approfondire un evento subito viene messo da parte perché non gradito. Le discussioni nei vari talk show hanno raggiunto livelli inaccettabili e sembrano sempre di più delle risse di basso livello. Sul conflitto Ucraino/Russo è stato detto di tutto.
“Sono stato molte volte ospite a casa di persone che ho incontrato per caso”
Io non mi sono certo schierato con Putin che reputo un criminale, ma nemmeno con la Nato che di sbagli ne ha fatti parecchi, ne tantomeno con il governo americano guerrafondaio e presente da sempre in ogni conflitto. “Allora da che parte stai?” Mi hanno detto. Io sono con tutte le persone che ho incontrato in giro per il mondo, non importa di quale nazionalità o fede. Vorrei continuare a viaggiare, conoscere altra gente, altri stili di vita. Siamo tutti diversi, ma è proprio questa la nostra più grande ricchezza.
Sono stato molte volte ospite a casa di persone che ho incontrato per caso. Capita spesso quando viaggi seguendo un itinerario di massima di avere contrattempi e di ritrovarti in luoghi fuori da ogni rotta dove l’unica possibilità di trovare un alloggio è chiedere ospitalità al primo che incontri per strada. Sono le esperienze più belle perché tocchi con mano realtà che nemmeno immaginavi. Famiglie semplici che spostano i loro figli nella camera dei genitori per lasciarti uno spazio in cui dormire.
Poco cibo condiviso con cuore
Ti offrono il cibo, quello che c’è e spesso la cena consiste solo in una ciotola di latte e un fetta di pane raffermo. Per andare in bagno devi sempre uscire da casa, attraversare un campo, fino alla casupola in legno dove la turca è appoggiata su una buca profonda due metri e ti conviene fare amicizia con il cane di casa che di solito è un pastore di grossa taglia perché se hai la necessità di andarci di notte è bene che ti riconosca. Riescono comunque a farti stare bene. Comprendi che alla fine, anche nella diversità, siamo tutti molto simili perché abbiamo gli stessi desideri, gli stessi sogni.
La gente non vuole la guerra
Il mondo è molto meglio di quello che il telegiornale vorrebbe farci credere. La gente là fuori non vuole la guerra. Deve solo prendere coscienza che se vorrà mantenere la pace dovrà combattere una grande battaglia contro quelli che sono sempre pronti a scatenarne una perché sono cinici, arroganti, accecati dal potere e corrotti dall’unico incontrastato Dio che tutto domina in questo nostro mondo: il denaro.