Il Nemrut Dagi è un luogo il cui solo nome rimanda a miti e leggende del passato. Un passato molto lontano rispetto a quello a cui siamo abituati e per questo, ancora più misterioso.
Situato sulla vetta di un monte nel sud-est della Turchia, nella catena del Tauro orientale, il Nemrut Dagi altro non è che una scenografica tomba situata a 2.150 metri d’altezza. Detto così ci sarebbe da chiedersi se ne vale davvero la pena andare a visitarlo e la risposta è senza dubbio e senza nessun ripensamento una sola: sì!
Lasciato oramai alle spalle il turismo frenetico della Cappadocia, le strade che percorro verso il sud della Turchia, sono luoghi dove guidare ininterrottamente per ore perdendosi negli aspri paesaggi che questa parte del paese ha da offrire. Percorro diverse vie secondarie che si aprono su piccoli paesi dispersi tra queste montagne dove le persone ancora si stupiscono nel vederti e ti salutano per la strada.
Mi sto addentrando in una delle culle della civiltà, nella “terra in mezzo ai due fiumi” e quando, da sopra una collina, mi si apre l’orizzonte sull’Eufrate, non nascondo l’emozione.
Oggi il fiume è in secca, prosciugato da un eccessivo sfruttamento e dalla siccità. Un tempo fonte di vita, ora si trova in mezzo a contese politiche ed economiche tra Turchia, Siria e Iraq, di cui questi ultimi, sono quelli che maggiormente ne pagano le conseguenze.
Rendez-vous fra viaggiatori solitari ai piedi del Nemrut Dagi
Sono in contatto da diversi giorni con un altro moto viaggiatore al rientro dall’Asia centrale, Giovanni Cellini, che ha trascorso più di tre mesi nei paesi “-STAN” e con cui decidiamo di trascorrere qualche giorno insieme. Appuntamento nel piccolo albergo ai piedi del Nemrut Dagi, da cui è facilmente raggiungibile il sito. Quando ci incontriamo mi racconta dell’ospitalità che ha ricevuto in Dagestan, una repubblica della federazione russa e dei bellissimi paesaggi incontrati lungo la strada.
I racconti si spostano poi su argomenti molto comuni tra le persone che hanno viaggiato in paesi culturalmente diversi dal nostro e di come l’approccio alla vita di queste popolazioni sia semplice nell’affrontare le asperità per sopravvivere giorno dopo giorno. Viaggiare in moto, con tempi lenti e per lunghe distanze, ti fa cogliere questo tipo di sfumature che in una vacanza di una settimana non avresti la possibilità di vedere. Ma ognuno viaggia come e per quanto può; continuo a pensare che l’importante sia farlo.
Tra Zeus e Apollo
Decido di visitare il sito in un orario in cui non c’è praticamente nessuno in cima alla montagna e ho la possibilità di godere di questo posto magico solo per me. Le teste giganti degli dei tra cui figurano quelle di Zeus, di Apollo e ovviamente di Antioco I di Commagene, il re che ha fatto ergere questo colossale monumento tombale, appaiono ai piedi dei loro corpi, accentuando il senso di drammaticità del luogo. Le teste si sono probabilmente staccate dalle statue a causa di alcuni terremoti avvenuti in passato e ora giacciono nelle due terrazze in cui sono posizionate osservando in silenzio lo scorrere del tempo.
Alcuni cani randagi tirano un brutto scherzo a Giovanni
Giovanni purtroppo non sarà così fortunato: mentre sta salendo lungo la strada che porta in cima, alcuni cani randagi di cui queste zone sono piene, gli saltano addosso, facendolo capitolare per terra. Nulla di rotto, ma la botta c’è e si vede e lo costringerà a fermarsi almeno un altro giorno per permettere alla gamba di riposare. Le nostre strade si separano: io proseguo verso sud e lui, una volta assicuratosi di poter proseguire senza complicazioni, riprenderà la strada per l’Italia.
Mi avvicino così sempre più al confine con la Siria, per visitare due paesi di cui conosco poco o nulla e che sapranno davvero sorprendermi per bellezza e fascino: Sanliurfa, o semplicemente Urfa come la chiamano da queste parti e Mardin.
Scopro quindi che Sanliurfa è considerata sacra da musulmani, cristiani ed ebrei, in quanto città natale del profeta Abramo: pare che proprio qui sia stato gettato nel fuoco dal re Nimrod e che Dio “in persona” lo abbia salvato tramutando il fuoco in acqua e le pile di legno che ardevano in pesci. Ancora oggi si crede che pescare le carpe sacre dalla vasca di Abramo sia un peccato che farà diventare cieco chiunque ci provi.
Il suk di Sanliurfa
Beh, che questo sia vero oppure no, le carpe che nuotano nella vasca sono un’attrattiva per tutti i turisti che si affrettano a dargli da mangiare e a scattare foto con loro. Ma oltre la vasca sacra, a Sanliurfa c’è un vibrante suk in cui è possibile vivere tutta l’atmosfera che solo i mercati arabi sanno dare: spezie, cibo, polli, tappeti e vettovaglie varie si possono acquistare ovunque contrattando il prezzo con i commercianti locali.
Mardin
Lasciata Sanliurfa, mi dirigo ancora più a sud, verso un altro piccolo gioiello: Mardin. La sua parte vecchia, dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco, rappresenta bene il mix delle varie popolazioni che nei secoli si sono succedute: i numerosi minareti, le stradine labirintiche lastrate in pietra gialla e le facciate delle abitazioni del cuore della città, sono uno spettacolo per la vista e sono un’esperienza da non perdere. In questo angolo della Turchia si viene catapultati in un mondo magico: qua si respira aria da Medioriente e il turismo occidentale è ancora lontano (probabilmente ancora per poco). Ed è infatti proprio in questa regione che decido che il mio viaggio proseguirà non più verso est, come inizialmente pensato, ma verso sud, proprio in quel Medioriente che tanto mi affascina, ma di cui conosco ancora poco.
Il viaggio prosegue.
testo e foto Monica Ledda
Le puntate precedenti:
Dal lago Tuz Golu, alla Cappadocia, prosegue il viaggio di Monica