a cura di Kiddo
“A Milano c’è pieno di fie”, questa affermazione del mio amico Fonzie, tradotta dall’etimologia empolese più popolare, intende significare la numerosa presenza di signorine di aspetto gradevole negli stand del salone internazionale del motociclo di Milano. Solo che se a noi poveri mortali a volte viene naturale l’ingenuo pensiero “si, dai, quella ha guardato proprio me”, nel suo caso probabilmente è davvero così. Formiamo una strana coppia, io e il mio amico Fonzie. Nonostante una certa qual somiglianza data dagli occhi chiari, il fisico asciutto e una cesta di capelli disordinati che ci accomuna nell’aspetto io sembro la brutta copia, più vecchia e sfigata.
Siamo accomunati, io e il Fonzie, anche dall’amore per le moto complete, quelle fatte per viaggiare ma che non disdegnano di sporcarsi.
Certo se lui, complice un’età un po’ più verde della mia, è quello che fa i panettoni col Transalp, io rappresento l’amante delle facili sterrate panoramiche, e visitare il salone in sua compagnia è decisamente un confronto stimolante. E non solo per le “fie”.
Già prima dell’ingresso il Fonzie comincia a stressarmi con la KTM 690 presentata in versione R, forse la moto più completa per gli amanti delle tutto terreno capaci anche di viaggiare, ma allo stand della casa austriaca rimaniamo soprattutto delusi da una Duke 690 irragionevolmente sconvolta nell’estetica.
Trascino il mio compare verso lo stand Usqvarna, che ospita credo la novità più attesa del salone: la Nuda 900. Speravamo in verità che il direttore del marketing Husqy per celebrare il nome della nuova nata organizzasse una sfilata di modelle in abiti adamitici, ma siamo rimasti delusi.
Il bicilindrico della F 800 Gs, pompato a 900 e racchiuso in una ciclistica indecisa fra la naked e il motard non sembra il massimo come “moto totale” anche se poi, vedendola vestita da Touratech, questa Nuda verrebbe voglia di portarla a fare un bel giro sulle Alpi o sul nostro Appennino. Meravigliosa la concept Moab, sempre Husky, ispirato al 400 di Steve Mc Queen, l’unico uomo in grado di guidare una motocicletta, insieme a Marlon Brando, prima dell’uscita di “Heasy Rider”. Ah, no, Brando stava fermo.
Dicevo della Moab. È una motocicletta. Sembra facile, ma quando giri per gli stand e vedi centinaia di modelli che hanno forme, tecniche meccaniche ed elettroniche, allestimenti, funzioni, estremizzazioni così differenti, ogni tanto ritorni con la testa a quella Motocicletta.
E ti sembra che tutto il resto sia inutile.
Anche un mezzo essenziale come la Triumph Scrambler che il Fonzie ha odiato perché non volevo più scendere alla fine sembra presuntuosa nel suo essere vintage, pur se presentata, anche lei, nella versione Steve Mc Queen. Tutte cose di cui la Moab non ha bisogno. Perché ti porta a spasso, un po’ dappertutto, quasi sempre. È tutto e non è niente. In un salone dove nonostante lo sforzo delle Case il tema dominante rimane la Crisi la Moab ne è la figlia più diretta, ma è anche la risposta migliore che si possa immaginare. Certo il pensiero corre subito a moto come la Derbi Mulachén, o la BMW X Country di qualche anno fa e allo scarso successo commerciale che hanno riscosso.
Decisamente interessanti, per i viaggiatori da sterrati addomesticati come me, le moto che più o meno sfacciatamente hanno nel mirino la BMW R 1200 Gs, presentata al salone nella veste Rallye Motorsport, con l’evocativo telaio rosso pastello. Fra queste, ogni casa ha presentato la propria interpretazione, almeno dal punto di vista della motorizzazione. Monumentale nella dotazione di serie (ABS, Cruise Control, ride by wire), nel motore 3 cilindri 1200 da 137 cv, negli ingombri la Triumph Tiger Explorer con cerchi in lega e 19” all’anteriore che promette versatilità.
La ricetta di Honda per la nuova crosstourer, tanto per rimanere lontano dall’immagine del maxi-enduro bicilindrico, è il V-4 che equipaggia anche la rinnovata Vfr 1220 F da 129 cv. Anche per lei cerchio da 19” all’anteriore ma a raggi, possibilità di accessoriarla col nuovo cambio a doppia frizione. Interessante anche la “piccola” crossover Nc 770 X, bicilindrico esteticamente simile alla crossrunner presentata lo scorso anno, e che si è guadagnata a causa del corto becco il nomignolo di “Canarone”. Ci si chiede se vorrà soppiantare la sempreverde Transalp.
Infine la soluzione definitiva di Kawasaki: un bel 100 quattro cilindri in linea e che non se ne parli più! Cerchio anteriore da 17”, in lega, decisamente votata al granturismo, è la Versys 1000, ovvero una 650 anabolizzata in tutto ma dall’estetica decisamente “vista”. E si che la piccola ci era piaciuta tanto, così equilibrata, divertente… che moto perfetta se avesse avuto una vocazione appena più off.
Il mio amico Fonzie, quello che ama le moto davvero “crossover” cerca di consolarsi con la piccola Ténéré 650, che si immagina carica di bagagli e sporca di terra. Non può neanche consolarsi con l’attesissima erede della Honda Africa Twin, ormai un miraggio che disperiamo di vedere mai più apparire; o la pur solo evocativa Moto Guzzi V7 scrambler, annunciata ma evidentemente non interessante dal punto di vista commerciale.
E infine un’altra grande assente, l’erede della TDM 900 Yamaha, anch’essa circolata come voce fra gli appassionati ma latitante. Sembra alla fine di aver visto un Salone dove sono state presentate, per chi ama viaggiare in moto, delle novità interessanti ma anche degli esperimenti molto cauti, qualcosa che vada bene un po’ dappertutto ma che in verità emoziona un po’ poco. Moto “mature”, poco “adrenaliniche”, molta sostanza e forse poca forma. Il motociclista più grande, io, sono uscito molto soddisfatto, mentre il mio amico Fonzie un po’ deluso.
Alla fine del nostro giro arriviamo infine allo stand Borile. Incredibile ma vero, ci ha infine messo d’accordo nell’eleggere la nostra preferita dell’Eicma 2011: la 450 Scrambler. Motorizzata con mezzo 900 Ducati, quindi monocilindrica, è la moto che gli appassionati chiedono a Ducati da anni, ovvero niente di più che la Scrambler degli anni ’70 in chiave moderna, con freni a disco, avviamento elettrico (quella che aveva mio suocero era chiamata la “Spaccanoci”), serbatoio sotto la sella. Non importa dove ci vai, l’importante è andarci con lei. Sui passi, il giro del mondo, su qualche strada bianca del Chianti o a prendere i bambini a scuola. Una moto totale, una gioia per gli occhi e il cuore. In fondo, quello che importa è la voglia di starci sopra.