Andare “di traverso”, la specialità del Flat Track, provata dal Kiddo grazie alla scuola di Marco Belli.
di Carlo Nannini (Kiddo)
Quando ti togli il casco dopo aver provato la prima volta il flat track ti domandi una cosa sola: ma perché diamine non è lo sport motoristico più diffuso in assoluto?
Alla scuola alla quale ci ha invitato Pakelo, azienda leader nella produzione di olii e lubrificanti da oltre tre generazioni abbiamo imparato che non è facile intraversare la moto, e sicuramente non dopo poche ore di apprendistato partendo quasi da zero. Magari potremmo non riuscirci mai. Però la moto da flat, specie se facile, gestibile e amichevole come le Yamaha SR 400 trasformate da Deus appositamente per la Di Traverso Flat School di Marco Belli, pluricampione internazionale della specialità dell’ovale in terra battuta, regala un divertimento in relativa sicurezza del quale si gode immediatamente. Niente salti, la velocità abbastanza moderata, le traiettorie dell’avversario prevedibili, l’unica cosa importante da ricordare è di resettare il cervello quanto basta da non eccedere nell’attingere dalla propria esperienza di guida veloce, specie se troppo ancorata a quella su asfalto.
Si, perché il Flat Track è assolutamente una specialità a sé. Assomiglia un po’ al cross perché si guida su terra, benché battuta ma sempre in aderenza precaria, forse anche al motard, perché si cerca di intraversare buttando il peso del corpo all’esterno della curva, ma permette di fare un balzo in avanti anche sulla comprensione di molte dinamiche della moto, e quindi della padronanza e quindi della sicurezza proprio se si guida su strada. Il solo fatto di non avere il freno davanti, la coperta di Linus di ogni motociclista che spesso viene usato eccessivamente, comporta di capire e di imporsi dei movimenti che permettono di acquisire una consapevolezza sulle reazioni del mezzo che non si può sperimentare in nessun altro ambito, e proprio per questo ci sentiamo di consigliare il corso ai lettori di Moto-Ontheroad, che sappiamo essere votati principalmente al mototurismo in qualsiasi condizione.
Abbiamo avuto la possibilità di partecipare ad un assaggio della scuola ad Eicma di quest’anno, e ci domandavamo come, in poche ore, Marco Belli (di cui vi abbiamo già parlato in occasione della presentazione di Zaeta http://www.moto-ontheroad.it/blog/se-vinco-la-lotteria-mi-compro-la-zaeta/ ) benché eccezionalmente capace e dall’entusiasmo contagioso in veste di istruttore, potesse riuscire a far assimilare la tecnica del traverso agli allievi, di qualsiasi età ed esperienza motociclistica.
Flat Track, una questione di pratica
Partiamo con degli esercizi, relativamente facili zigzagando fra i birilli e percorrendo una curva stretta a sinistra (sempre, a sinistra!) dove si cerca di imparare a piegare e chiudere la curva aiutandosi col gas, ma il traverso, la derapata controllata si ottiene facendo prendere alla ruota posteriore una velocità maggiore della anteriore e controsterzando. Anche sul circuito, quando si cerca di chiudere la curva alla maggior velocità possibile riuscendo a mantenere l’aderenza, si schiaccia la moto dando la manciata di gas. Una volta Massimo Bruni, un amico pratese, ci descriveva la derapata come una cosa contro natura, “come se ti dicessero che per stare sott’acqua devi prendere un bel respiro profondo”, allo stesso modo, nell’ovale da flat per non cadere, non andare a cercare un inesistente freno anteriore quando ti sembra di essere entrato in curva troppo forte ed evitare di puntare inevitabilmente la tangente, devi dare gas e schiacciare la moto all’interno.
Fra il dire e il fare, c’è di mezzo tanta esperienza e manico. Se ovviamente in poche ore di corso non si può sperare di riuscire in questo “gesto atletico”, che rimane comunque l’essenza di questa disciplina, come detto c’è la possibilità, attraverso gli esercizi, di assumere una capacità di controllo di un’aderenza sempre precaria inestimabile, perché la pista in terra battuta cambia continuamente; la terra è sempre diversa, ci sono zone in cui è più compatta, c’è la piccola buca, c’è la zolletta, cambia dove è appena passato l’avversario e con le condizioni meteo.
Riuscire a fare la curva col gas con una mano sul serbatoio, far chiudere lo sterzo a battuta per disegnare un ovale con due birilli uno a pochi metri l’uno dall’altro, riuscire a disegnare il cerchio perfetto inclinando la moto a sinistra a sterzo chiuso, sono tutti esercizi volti a far acquisire all’allievo quelle meccanicità per avere la perfetta consapevolezza delle dimensioni, del peso, delle misure per prevedere le reazioni estreme della moto che, sull’ovale, avrà la spiccata tendenza a fare un po’ quello che vuole, sbacchettando e sculando in maniera spesso imprevedibile.
Fatti come dei bravi allievi tutti gli esercizi, il maestro ci da il via per pochi liberatori inestimabili giri sull’ovale, che si dimostreranno una delle esperienze motociclistiche più divertenti che abbiamo mai avuto l’occasione di provare.
Ognuno sfodera la propria preparazione, e chi è più esperto di guida fuoristrada, come i crossisti, si levano un bel po’ di soddisfazioni mettendo dietro uno ad uno tutti gli altri. Chi ha esperienza solo di guida su asfalto si trova un po’ arreso e partono i primi dritti dopo aver provato ad impostare la curva in maniera “tradizionale” e cercando il freno anteriore per pinzare. Dannosissimo.
Chi scrive, votato ormai quasi esclusivamente al turismo, non smetteva più di girare ad una andatura costante ma dignitosa, imbarazzato in un loop dal fatto che non ci fossero punti interessanti dove fermarsi a fare foto. Forse non avremo neanche accennato a qualche significativo Traverso, ma siamo comunque usciti con un sorriso enorme dentro il casco e con la domanda che continua a tormentarci come se stessimo ancora girando nell’ovale: ma perché questa specialità motoristica non è la più diffusa in assoluto?
Per ogni informazione riguardo ai corsi, www.ditraversoschool.it