Moto che mancano nei listini delle case motociclistiche che potrebbero avere ottimi successi: Gilera RC600, Ducati ST, Kawasaki GPZ900 e Cagiva Elefant 900
Il lancio Honda Africa Twin (qui la nostra prova), avvenuta a fine 2015 con estremo successo, dovrebbe far riflettere le altre case motociclistiche, sulla possibilità di riproporre modelli del passato che hanno lasciato traccia tra gli appassionati.
Poiché ci sembra di poter affermare che, almeno per quello che riguarda il mercato italiano, le moto di oggi vengono acquistate soprattutto da un pubblico più grande e maturo; rispetto al passato oggi le moto che vendono sono le maxi-enduro, tour e le naken. Le prime sono le più amate, comode anche in due, adatte ai lunghi viaggi, con una buona predisposizione per il trasporto dei bagagli, sono veloci e permettono anche qualche puntatina in fuoristrada. I modelli tour sono delle ottime mangiatrici di chilometri, massimo confort, sicurezza alla guida, componentistica sofisticata che garantisce solitamente il massimo in termini di sicurezza. Infine le naked sono apprezzate per essere moto leggere, facili ed economiche, soprattutto se si prendono in considerazione le medie cilindrate, che vanno veloci e sono facili da guidare. In verità un altro segmento di mercato che negli ultimi anni è ritornato di moda è quello relativo ai modelli Scrambler, in questo caso l’esempio più lampante è quello relativo alla Ducati Scrambler. Ovviamente sono tanti i modelli del passato che potrebbero tornare e raccogliere il consenso degli appassionati, ma volendo trovarne 5, ci sono venuti in mente questi:
Gilera RC 600
In listino dal 1989, era una moto veramente molto bella e ben fatta, ed aveva anche una sorella più piccola di 125 cc. a due tempi. Esteticamente era molto aggressiva, con il doppio faro anteriore, cupolino basso e una linea molto snella. Il propulsore era un monocilindrico di 558 cc., aveva la distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro, raffreddamento a liquido, contralbero di equilibratura, l’accensione elettronica e avviamento elettrico. Il peso era veramente contenuto in soli 141 kg a secco (senza avviamento elettrico); i 48 CV del motore riuscivano a spingere la RC fino a 160 km/h. Di questa moto venne allestita anche la versione di 750 cc., che partecipò alla Parigi-Dakar. Nel 1991 la Gilera rinnovò il modello con due versioni, la RC 600 C più adatta all’utilizzo stradale, mentre la RC 600 R più specialistica per il fuoristrada, con la potenza massima che lievitò fino a 54 CV. Insieme a queste due versioni venne lanciata anche il modello Nordwest, che aveva una ciclistica molto più stradale ed è stata probabilmente la priva vera supermotard.
La Gilera non produce più moto da molti anni, ma fa parte del gruppo Piaggio, nel mondo è un marchio ben conosciuto. Magari utilizzando Aprilia, si potrebbe creare un nuovo modello, ora c’è anche un bel bicilindrico di 900 cc., utilizzato sulla nuova Dorsoduro.
Ducati ST
La moto della casa bolognese era destinata al turismo sportivo, che permetteva viaggi comodi in due, anche con le borse laterali. Le versioni delle ST furono quattro, la ST2 con motore 2 valvole e cilindrata di 944 cc. e raffreddamento a liquido, ST4 propulsore 916 cc. a 4 valvole per cilindro, ST4S nella cilindrata di 996 cc., ed infine la ST3 con cilindrata di 992 cc. e tre valvole per cilindro. Un modello che riuscì a soddisfare chi amava la guida veloce, ma con una buona dose di comodità; certo i primi modelli soffrivano di qualche difetto di elettronica, ma l’evoluzione del modello portò a raggiungere una buona affidabilità.
Il propulsore della ST2 raggiungeva gli 86 CV, mentre 102 CV per ST3, 105 per la ST4 e ben 117 CV per il modello ST4S. Ovviamente per tutte il telaio era un traliccio in tubi di acciaio. I pesi erano rispettivamente 209 Kg la ST2, 214 Kg per la ST3 e 215 Kg per la ST4. Ora la Ducati ha sicuramente un bel 1200 cc., che equipaggia i modelli Multistrada, non dovrebbe essere un grosso problema per la casa bolognese realizzare una moto sport-tour destinata ai grandi viaggi su asfalto.
Moto Guzzi Norge
Nel 2006 la Guzzi propose la nuova granturismo italiana, la Norge. Una moto che era destinata agli assetati di chilometri, che cercavano un mezzo realizzato con classe, comodo e con un alto livello di confort. La prima versione era equipaggiata con il bicilindrico 1200 cc, e per dimostrare fin da subito la qualità del mezzo, 14 giornalisti internazionali raggiunsero Capo Nord percorrendo oltre 4.000 km. Nel 2011 venne rinnovata e diventò la Norge 8V, una moto ben fatta, amata soprattutto dagli appassionati del marchio. La 8V fu equipaggiata con il nuovo bicilindrico a V trasversale a 4 valvole per cilindro, nella cilindrata di 1151 cc., in grado di erogare 102 CV e una coppia massima di 10,6 kgm. La ciclistica era realizzata con un telaio a doppia culla in tubi in acciaio, forcella da 45 mm, mentre al posteriore il monobraccio era in alluminio.
Il peso si fermava a 257 kg, mentre il piano di seduta distava solo 810 mm da terra. Nella ultima versione il parabrezza anteriore era regolabile elettricamente, la sella una poltrona per due, e le borse portabagagli erano ben integrate con la linea del mezzo. Piacevole nella guida, pur essendo una moto pesante garantiva una buona maneggevolezza; tra i difetti non mancava qualche vibrazione di troppo.
Kawasaki GPZ 900
Prodotta dalla casa giapponese dal 1983 al 2003, è stata una delle moto più longevi; in Europa fu commercializzata fino al 1999. Una moto parzialmente vestita, che lasciava in mostra la meccanica, proprio come avveniva per le dirette concorrenti come ad esempio la Yamaha FZ750. La linea era un giusto mix di sportività e confort, ampia la sella e comoda anche in coppia, stando attenti a non esagerare troppo nel ruotare il comando dell’acceleratore, con il rischio di perdersi il passeggero. Il cuore della moto era il 4 cilindri in linea di 908 cc. a 16 valvole, alimentato a carburatori e raffreddamento a liquido; le prestazioni erano di ben 115 cv e la velocità massima era prossima ai 240 km/h.
Il telaio della moto era realizzato in tubi di acciaio, con una forcella Kayaba con steli da 38 mm, mentre al posteriore i leveraggi erano progressivi Uni-Track con ammortizzatore regolabile. Una moto dalle alte prestazioni, adatta sicuramente ad un pubblico esperto, soprattutto considerando che era ovviamente priva di qualsiasi asservimento alla guida. Oggi una moto di questo genere, forse, troverebbe il suo spazio; controllo di trazione, ABS e il fascino dei modelli anni ’80 sarebbero di serie.
Cagiva Elefant 900
Negli anni ’90 la casa varesina raccoglieva successi sia nel mondo delle competizioni che ottimi risultati commerciali. Erano gli anni dove le vendite delle piccole 125 cc. la facevano da padrone per le case italiane; la Cagiva aveva raggiunto l’apice in questa categoria con le straordinarie C9-C10-C12 ed infine Mito, spinte anche dalla presenza della Rossa nel campionato Mondiale 500. Ai modelli super-sportivi, si aggiungevano quelli destinati al fuoristrada e ai viaggi avventurosi. Uno dei modelli più amati fu sicuramente la Elefant 900, influenzata nell’immagine anche per la presenza nelle competizioni della Parigi-Dakar. Una moto ben fatta, bella e spinta dal poderoso bicilindrico di casa Ducati; ne furono prodotte due serie distinte, dal 1990 al 1992 la prima, ed infine dal 1993 al 1996 la seconda. La prima fu prodotta in soli 1.000 esemplari nella fantastica colorazione Lucky Explorer, il motore era quello della Ducati 900SS con il cambio a 5 marce, alimentazione ad iniezione elettronica Weber-Marelli. Il livello della componentistica era di altissimo livello, monoammortizzatore Ohlins ed i freni Nissin, oltre alla targhetta portachiavi firmata Edi Orioli.
Di questo modello ne fu prodotta nel 1992 una versione GT, più sobria nella grafica e meno raffinata nella ciclistica. Nel 1993 arriva la seconda versione, spinta dal nuovo propulsore da 900 AC a carburatori per ridurre i costi di produzione, con evidenti vantaggi sul costo finale d’acquisto. Sempre in quest’ottica, il monoammortizzatore Ohlins venne sostituito con un più semplice Boge, e alla forcella anteriore della Marzocchi Magnum da 45 mm venne preferito una Showa USD con steli da 45. Altre sostanziali modifiche arriveranno per l’impianto frenante, il singolo disco da 296 mm venne sostituito dal doppio disco da 282 mm, frenati da pinze Brembo flottanti a due pistoncini. Nel 1996 il modello venne sostituito dalla ottima Gran Canyon. La Cagiva è di proprietà di MV, ma da diversi anni non produce più moto, un vero peccato. Potrebbe essere veramente interessante produrre una bella maxi-enduro direttamente da MV, con prezzi in linea con le concorrenti…e con sopra il famoso marchio “CAGIVA”.