La notizia rimbalza in ogni notiziario: guerra tra motociclisti in America, nove morti e decine di feriti.
Una notizia che per noi appassionati è una doccia fredda. Uno smacco per una passione già bersagliata da luoghi comuni, per altro fomentati proprio da film e telefilm d’oltre oceano.
Della “mia” America in moto in realtà ho solo ricordi belli, gente che ti saluta dappertutto, motociclisti pronti a fermarsi anche solo per darti un’indicazione, amicizie nate per il solo fatto che anche tu inforcavi una due ruote. Certo, qualche volta mi sono mosso con circospezione e prudenza, notando qualche elemento dal look inquietante. Ma questa è sempre la buona norma del viaggiatore: quando non conosci un ambiente vola basso, sii gentile sempre e sfoggia il sorriso più aperto e sincero che puoi.
Tra i ricordi inquietanti quello di un motociclista a un distributore vicino ad Amarillo (Texas, guarda caso), un tipo vestito completamente di nero e quasi del tutto tatuato, che esibiva una colt con tanto di cinturone come nel più classico dei western, e un altro che gentilmente, dovendo tagliare io una fascetta, mi porse un coltellaccio con lama da più di 20 cm: gentile si, ma inquietante.
Per il resto ho sempre e solo trovato amicizia e disponibilità. L’America è grande e c’è di tutto, ma queste notizie sicuramente aumentano la diffidenza nei confronti dei motociclisti anche in Europa.
Spero solo che la nostra competitività fra motociclisti rimanga solo nel campo di simpatici sfottò, e non cresca mai la mala pianta delle bande.
Il motociclismo nostrano ha solide radici di fratellanza, facciamo in modo di non perderle.