di Carlo Nannini (Kiddo)
Ragazzi e ragazze con le camicie a quadri colorate della stessa fantasia che giocano a calcino, ascoltano musica dal juke box, ingeriscono street food, calzano sneakers, inseguono parties in sella alle loro scramblers fra un happy hour e un happening in locations on the beach, ascoltando sixtyes per fermarsi finalmente a fare surf al tramonto della loro land of joy.
Come abbiano portato la tavola, in due in moto, rimane un mistero. A noi un po’ cinici viene in mente l’immagine di lei che dietro regge il surf e sopra i venti all’ora decolla come un deltaplano. Ma il bello è proprio questo, credere alla magia. Perché un po’ bisogna crederci, no?! Alla magia della pubblicità, di un lancio di un prodotto come quello che sta operando Ducati con la sua nuova Scrambler.
Però, sinceramente, a guardare bene l’operazione di immagine che hanno montato, un pochino il dubbio, anzi la certezza al motociclista medio, che di natura sua è un po’ sgamato, un po’ cinico se vogliamo e forse vaccinato da tanti anni per la ricerca della sopravvivenza, è che ci stiano un po’ prendendo per i fondelli.
Ma davvero si riesce a pensare che qualcuno possa decidere di sborsare quasi diecimila euro per l’acquisto di una moto nuova motivato positivamente da una campagna pubblicitaria del genere? Cioè ci dovremmo riconoscere in uno di quei fotomodelli che sembrano fatti con lo stampino, tutti uguali con la barba d’ordinanza e i capelli sparati (col casco non gli si schiacciano?) che indossano calzature non protettive, giubbotti di pelle invecchiati ma senza protezioni e caschi jet coi quali io lacrimo anche se mando la moto a spinta? Dovrebbe essere questa l’immagine che il motociclista da di sé? È questo il risultato del motofashioning, la moto che serve al non-motociclista, che non ci va sopra ma ci staziona intorno?
Il mondo della moto e quello della moda e dell’immagine sembrano essersi legati fortemente soprattutto negli ultimi tempi, tanto che molti preparatori propongono insieme alle loro special anche l’abbigliamento con lo stesso marchio, sempre rigorosamente non tecnico; ma questo mondo fatto di immagine, non rischia di essere fine a se stesso?
Dopo che questo motociclista si sarà dovuto rassegnare a schiacciarsi i capelli uscendo dalla concessionaria, avrà attraversato la tangenziale riempendosi gli occhi di polvere, avrà cercato una farmacia per una pomata contro le punture di insetti da dare al pancino scoperto della fidanzata che teneva la camicia legata in vita e ringraziando il cielo perché non ha avuto bisogno di protezioni e si sarà tolto l’acqua dalle scarpe da ginnastica dopo aver raggiunto la spiaggia, penserà di aver guidato una buona moto oppure no? Sarà stato comodo, avrà avuto delle belle sensazioni, ci avrà fatto cosa?!
Continuo sinceramente a credere che la nuova Scrambler sia un ottimo prodotto, adatto a chi comincia come a chi vuole tornare in moto o non chiede un mezzo molto impegnativo senza rinunciare a un grandissimo fascino estetico, ma la campagna pubblicitaria che ne accompagna l’uscita non rischia di essere vista da tanti motociclisti come una presa in giro, fatta per attirare chi motociclista non è e quindi capace di essere controproducente per chi si sente fortemente parte di questo mondo?