Alessandria, da ben 69 anni, il secondo weekend di Luglio, diventa la capitale europea della fratellanza motociclistica. Nell’immediato dopoguerra, il farmacista di Castellazzo Bormida, ebbe l’idea di far nominare il santuario del paese e la Madonna in esso contenuta con bolla papale nominata patrona e protettrice dei centauri. L’Europa si stava ancora leccando le ferite causate dalla seconda guerra mondiale, e dopo anni di morte odio e distruzione, si sentiva la necessità di unire il popolo senza confini e bandiere dei motociclisti, in una grande festa internazionale, per festeggiare la comune protettrice celeste.
La prima edizione della Madonnina dei Centauri a cui partecipai fu quella del 1980, non ci sarei potuto andare , mancava una settimana al compimento dei 14 anni necessari per guidare legalmente il cinquantino, ma per una settimana, potevo mica rimandare di un anno e così ci andai passando per stradine di campagna, tratturi e sentieri.
Giunto in Alessandria mi accodai al lungo e continuo serpentone che portava ai giardini della stazione e al vialone dove confluivano moto provenienti da ogni dove, ricordo che c’era anche una delegazione di motociclisti dagli Usa e una dall’Australia! Due giorni di festa e un andirivieni continuo di moto tra Castellazzo e Alessandria, io con occhi sgranati e sognanti a guardare moto mai viste, stranezze quali Gold Wing 1100 modificate trike con gancio traino e rimorchio, oppure le special Egli degli svizzeri. I miei coetanei locali, per fare più casino, toglievano i silenziatori ai cinquantini e poi tutti a far penne e numeri da circo, tranne me, che per ovvi motivi cercavo di passare il più inosservato possibile. Sembra ieri e sono passati 24 anni , le cose sono cambiate e come spesso accade non necessariamente in meglio.
…da cinque anni la Madonnina dei Centauri ha cambiato location…
Da cinque anni, infatti, la Madonnina dei Centauri, organizzata dall’omonimo motoclub, ha cambiato location e ora la manifestazione si svolge all’interno della dismessa caserma dell’esercito Valfrè. Se da un lato se n’è guadagnato dal punto di vista logistico organizzativo, rimpiango la sede originaria. Tra quattro mura ho come la sensazione che il raduno sia stato un po’ ghettizzato, rinchiudere le moto, simbolo di grandi spazi e libertà, non è una buona idea a mio avviso, poi non sopporto quelli che si mettono a sgasare da fermi con il contagiri al limitatore per delle mezzore, quello non è casino festoso, è brutalizzare un motore inutilmente. Come se un cow boy per festeggiare a un rodeo si mettesse a prendere a calci nelle palle il proprio cavallo, che senso ha? Il cavallo può ribellarsi, la moto può solo subire, salvo poi vendicarsi lasciando il maltrattatore a piedi, in una notte senza luna, il più lontano possibile da un centro abitato e dove gli unici campi siano quelli di grano, con zero campo per ogni gestore di telefonia mobile. Almeno è quello che mi sento di augurare loro con tutto il cuore!
Il vero momento clou della kermesse è la sfilata di Domenica, da Castellazzo ad Alessandria. Negli anni migliori si sono contate anche più di 12.000 moto, ora purtroppo sono notevolmente meno. I venti di crisi si fanno sentire e nonostante la lodevole iniziativa degli organizzatori di mantenere i costi di iscrizione a livelli più che popolari, poco più di 2000 iscritti per questo evento sono davvero pochi. Forse è stata anche colpa del meteo, con il forte temporale su Alessandria nel tardo pomeriggio di sabato, che non ha certo aiutato.
Speriamo che la prossima edizione torni ai fasti di un tempo. Io ci sarò!