testo Carlo Nannini (Kiddo)
disegno Luca Ruggeri
Lo sappiamo, siete come noi amanti del vintage.
D’altronde è normale, non è solo un fatto di moda, quanto che il conservare qualcosa che ha una storia da raccontare, specialmente se a tema motociclistico è assolutamente normale; anche se non è necessariamente la vostra, di storia, anche se neanche la conosciamo perché quel paio di occhiali, quella giacca l’abbiamo pescati in mezzo a mille cianfrusaglie in un mercatino, ma è bello pensare che ne ha una, e a giudicare da come sono ridotti è pure bella lunga.
Qualcosa che si tiene, invece che buttare, una mascherina di una moto che si appende in garage, un paio di stivali che fanno il coccodrillo ma coi quali abbiamo fatto la nostra prima Via del Sale e mille altre avventure. E ogni tanto, anzi spesso tiriamo fuori la giacchetta da trial della Fantic degli anni ’80 salvata dallo scatolone della roba da buttare del fratello e la sfoggiamo per qualche giretto in primavera, anche se le protezioni sono solo delle parti trapuntate sui gomiti e un paraschiena non ci va. Oppure per scherzo, d’estate quando fa veramente caldo tiriamo fuori l’elmetto da soldato tedesco che abbiamo trovato in un pollaio in Sicilia riadattato alla funzione di abbeveratoio per le galline e che ci hanno regalato. Tanto con quei buchi, non ha mai funzionato veramente bene.
D’altronde non vorrete mica mettervi uno di quei cosi moderni in policarbonato, carbonio, resine strane… mmmhh… chissà cosa c’è dentro mi sa che sono pure cancerogeni. Un amante del vintage preferisce un casco da polo degli anni ’70, uno scolapasta della nonna di alluminio, un secchio per la cenere in ghisa, ma mai qualcosa che tradisce contenuti high tech in grado di garantire la sua sicurezza.
Anche la moto d’altronde è importante: come non preferire il cancello lasciato a marcire per una ventina d’anni sotto un capanno dallo zio contadino che gronda affascinante ruggine e morchia nera che frena solo se si butta l’ancora a uno di quei mezzi moderni e ipertecnologici che sembrano disegnati dal dottor Proktorn come accessorio per Goldrake pieni zeppi di diavolerie elettroniche che hanno il vezzo di pretendere di salvarti la pelle come abs, tc, ddt, kgb?! Meglio sicuramente la moto antica e fascinosa, coi freni a tamburo, fatta di ferro e acciaio, filo spinato sangue e sudore, e che eh?!
Altro che fruocerie come alluminii, leghe leggere, cartone e resine epossidiche. E chi le smaltisce poi?! Gli amanti del vintage vogliono la moto vegana: completamente biodegradabile coi copertoni di legno.
Va bene lo ammettiamo, abbiamo voluto scherzare e ci siamo fatti prendere la mano. Una cosa sola però ci sentiamo davvero di consigliarla: nella scelta dell’abbigliamento, e in particolar modo del casco abbiate cura di prendere qualcosa di sicuro, testato e coi marchi di omologazione, ne va della vostra pelle, nonché dell’aumento delle spese della sanità pubblica.
E poi, ci sono in commercio anche degli ottimi prodotti dall’aspetto vintage. ..