di Flavio Carato
Le qualifiche sono andate bene, il mio meccanico ha azzeccato la taratura delle sospensioni e il motore sembra spingere con più vigore, quasi sentisse la gara più del suo pilota.
Seconda fila, non male per un privato e la sua moto rosso/grigia priva di ogni sponsor, del resto la crisi colpisce anche lo sport.
Mi sento protetto nella mia tuta rossa e i pensieri sono celati sotto la scura visiera che mi immerge totalmente nel pensiero del nastro d’asfalto che dovrò affrontare sempre più veloce e più veloce degli altri.
L’urlo dei motori sale quando il semaforo diventa rosso, fino a esplodere appena le luci si spengono e colorati proiettili vengono fiondati verso la prima curva.
Stacco prudente, non voglio rovinare tutto subito, sfioro carene e gomiti che si oppongono per guadagnare la corda e poi in un lampo la ruota anteriore si alleggerisce spinta dall’uscita di curva potente.
Un attimo e la curva successiva arriva, destra-sinistra danzando sulle pedane, e di nuovo gas pesante cercando di recuperare posizioni.
L’ampio curvone a destra è l’ideale per tentare di infilarsi, via due marce e dentro pelando il gas sul filo dell’equilibrio che pochi centimetri di gomma mantengono, il ginocchio a sfiorare l’asfalto che scorre veloce vicino allo stivale diventando sempre più indefinito.
Dal box segnali confortanti, il tempo c’è e la posizione è onorevole e poi mancano ancora molti giri.
Quattro pistoni pulsano sotto di me rabbiosi verso il limitatore ingoiando in un attimo il lungo rettifilo finche la rossa Italiana si accuccia sulle sospensioni, pronta ad aggredire di nuovo la curva.
Nell’orecchio il sibilo del vento e degli scarichi sdraiato dentro la carena a cercare la massima velocità finché è l’ora di “aprirsi” preparando peso e ginocchio a misurar il limite della piega.
Ci sono vedo gli scarichi del primo davanti a me, ne sento la scia, devo solo studiarlo e capire dove potrò tentare l’attacco.
Manca solo un giro e dal box vedo braccia agitarsi, sul cartellone non compare il distacco, è inutile, siamo attaccati, di nuovo mi affido ai freni ma non basta, il mio antagonista è forte devo sorprenderlo e sperare che basti per non essere ripassato.
Nella doppia esse ci provo, sono dentro ce la posso fare….
un trillo dalla radio nel casco sembra la sveglia di casa mia.
Ok anche questo Gran premio è finito, è ora di andare a lavorare.