Ormai sulle moto domina l’elettronica, anche laddove se ne potrebbe fare tranquillamente a meno. E sono lontani i tempi in cui si risolveva tutto con un cacciavite.
“Quel gran genio del mio amico, con un cacciavite in mano fa miracoli”.
Ecco, un tempo forse. Oggi più che un cacciavite serve un master in ingegneria elettronica, tanti sono i sensori, le centraline, i microprocessori, i chip e chop presenti su una motocicletta. Ok l’abs, il controllo di trazione, la regolazione delle sospensioni, le mappature e tutto ciò che alza il livello di sicurezza, solo che questa manìa dell’elettronica ce la ritroviamo anche in cose di cui francamente si potrebbe fare a meno. Un esempio? La chiave attiva di accensione del sistema hands free.
Premessa: il sottoscritto ha con questo piccolo ma fondamentale componente un rapporto un tantino conflittuale, chiunque mi conosca ancora mi percula pesantemente da quella volta che ne persi una in mezzo a una piazza a mille km da casa e fui costretto a tre giorni di peripezie prima di poter risalire in sella. Per dire che avere una moto dotata di accensione “keyless” con chiave attiva, quindi senza la necessità di cercarla in mille tasche a ogni partenza, potrebbe anche essere cosa buona e giusta.
Senonché una chiave attiva, per mandare il suo segnale all’antenna che sovrintende all’accensione del quadro, ha bisogno di una batteria. Che potrebbe scaricarsi sul più bello. Vabbè, costa e prende lo spazio di una moneta da 2 euro, basta portarsene dietro una di ricambio. Oppure basta avere l’accortezza di portarsi dietro anche la seconda chiave normalmente in dotazione, questa in genere senza batteria ma che dobbiamo comunque far “dialogare” con la centralina mettendola a contatto con l’antenna di cui sopra. La quale a volte è ubicata in posizione comoda, per esempio dalle parti del cupolino (se l’ingegnere progettista era una persona serena), ma altre volte sta sotto la sella se non addirittura in un vano dietro il parafango posteriore (se la mamma del progettista era una poco di buono e/o se la moglie soffriva di costanti mal di testa serali).
Ora capite bene che non tutti sono dei Roberto Bolle capaci di fare stretching allungandosi con una mano dietro la ruota posteriore e l’altra sul pulsante start al manubrio, ma la mia domanda è: PERCHE’? Perché la chiave elettronica e non meccanica col suo bel blocchetto in mezzo alla strumentazione?
Dice, “perché così hai sempre le mani libere”, non a caso il sistema di chiama “hands free”.
Le mani libere… e capirai che sforzo sarà mai inserire una chiave nel blocchetto e farle fare mezzo giro.
Dice, “sì ma vuoi mettere la comodità per esempio quando vai a fare il pieno?”
Vabbè ma il serbatoio dovrò pur aprirlo con una chiave no?
Dice, “c’è anche la possibilità di mettere keyless pure il tappo”.
A parte che costa un rene anche quello, ma una volta che spengo il motore, apro il tappo, riempio il sebatoio, richiudo il tappo, riaccendo il motore, il tutto comodamente a mani libere, poi al benzinaio che gli dico, che lo pago “hands free”?
Dice, “puoi usare un’app sul cellulare”
Ho capito, ma dovrò comunque togliere i guanti, aprire la giacca, cercare il portafogli/cellulare, tirare fuori contanti/bancomat o spippolare sull’app, e alla fine riporre tutto. O no?
Insomma cosa me ne faccio di una avveniristica e costosissima chiave attiva “mani libere” la cui unica presunta utilità è di evitare di inserirla in un classico blocchetto sul cruscotto, se poi devo usare i sistemi tradizionali “mani occupate” per fare tutto il resto?
PS: se mai non lo si fosse intuito sono in viaggio e non mi funziona la chiave “attiva”, in 10 giorni ho cambiato non so quante CR2032 che la Duracell ha raddoppiato il fatturato, per mettere in moto devo ogni volta mettere la chiave a contatto con l’antenna e incrociare le dita. Per fortuna il progettista aveva la moglie decisamente più attiva della sua chiave e l’antenna per l’avviamento di emergenza è in posizione raggiungibile.