di Kiddo
Un altro Elefantentreffen è andato, e anche quest’anno senza di me.
Ho seguito gli amici che sono andati e che mi avevano invitato con un po’ di apprensione perché so che è stata dura, molta neve e freddo, e credo che abbiano dovuto usare le catene da moto che si sono costruiti artigianalmente per arrivare fino alla mitica Buca, sede del raduno più folle e duro che ci sia.
Io, al Treffen , non ci sono mai stato.
Strano, viene da pensare, nonostante i miei quasi trent’anni in sella alla moto con esperienze di quasi tutti i generi, perlopiù da turista. E comunque non sono uno dei cosiddetti “detrattori”, di quelli che scuotono il capo per dire che chi ci va è uno che vuole dimostrare qualcosa, che deve mettere una bandierina con su scritto “fatto” ad una delle esperienze obbligatorie per il vero motociclista. Anzi, sono sicuro che il programmare un’avventura del genere mi ecciterebbe ed entusiasmerebbe: la preparazione per me, l’abbigliamento, l’equipaggiamento per la moto, il fabbricarmi delle catene (giuro che ho già pensato come farle..), il percorso, il pernottamento.
Ed anche quest’anno avevo avuto l’invito di un gruppo di amici emiliani che avevano un posto in casa vicino al raduno, mentre l’anno scorso stavo per aggregarmi ad un altro gruppo che, senza neanche pneumatici da inverno, hanno avuto una gran fortuna nel trovare pochissima neve e, quando ha cominciato a scendere seriamente in autostrada, la fortuna di uno spalaneve davanti a loro. Anche questo gruppo ospite in una gasthoff, a dormire al calduccio dopo il freddo del viaggio. Come vedete sono preparatissimo, ho seguito i racconti di chi c’è stato e ho anche amici fra cui un collega di una rivista che mi hanno invitato diverse volte (poi ovviamente hanno desistito) a fare un giro per i Passi alpini sempre diverso per arrivare al luogo del Treffen e che dormono in tenda nella Buca, ma ho sempre trovato qualche scusa per non andare.
Le ragioni sono molteplici, e una delle più importanti è proprio la più semplice, ovvero che odio tantissimo il freddo. Mi infastidisce, mi da ai nervi, e solo in moto riesco un po’ a sopportarlo proprio perché mi piace tanto andarci.
Dovrei poi esaminare attentamente la mia attrezzatura, ovvero la tenda (valida per affrontare i -20°c della buca) e il sacco a pelo. A spogliarsi per lavarsi o i bisogni corporali non voglio neanche pensare. Si, perché se si fa l’Elefantentreffen, credo che lo si debba fare per davvero, e quindi dormire in tenda!
Perché dire che si è partecipato ad un raduno per poi andare a vedere la fauna che lo colorisce, quei disgraziati che raduna se non lo si è vissuto per davvero e fino in fondo? Credo che fare i turisti per vedere che cosa si combina al Treffen senza averne rispettato in pieno lo spirito sia sbagliato, o perlomeno incompleto. Se dovessi andare al Treffen mi aggregherei agli amici che dormono in tenda, quelli che mi raccontano della poesia delle chiacchierate nella gelida notte della Buca appoggiati alle balle di fieno col solo vin brulè e la conversazione con la gradevole compagnia a scaldare le membra, illuminati dal chiarore del fuoco e delle stelle nel cielo della foresta. Vorrei fare la salita per uscire trainato a fatica dai volontari avvinazzati che riescono solo a buttarmi in terra. Vorrei dormire con i pacchettini scaldanti fra le palle per non rischiare di congelarle, vorrei trovare la moto la mattina sepolta dalla neve e con la batteria a terra. Vorrei svegliarmi con le cispe agli occhi per non aver dormito un cazzo, instupidito dal freddo e felice di rifarmi diverse centinaia di chilometri di strada dritta e noiosissima per cercare di riportare la moto che mi costa diversi anni di rate sana e salva a casa. Vorrei poter raccontare che io l’ho fatto!
Vorrei il pacchetto completo, come prometteva il trans che stazionava in via Circondaria qualche annetto fa ribattezzato Franco Franchi da un amico dal senso dell’umorismo impietoso per una forte somiglianza con l’attore siciliano.
In sostanza, o lo faccio come si deve, senza farmi sconti, vivendo totalmente l’avventura o non ci vado. La verità, è che se metto sulla bilancia il dovermi prendere i giorni liberi dal lavoro e dalla famiglia, con scazzi e problematiche relative, per andarmi a immergere nella strada dritta e noiosa del Treffen, oppure investire i soliti tre giorni per un bel giro nell’Italia centrale o meridionale, rischiando magari di trovarmi anche qualche bella giornata di sole per farmi una scorpacciata di belle strade e pieghe, beh, credo che neanche starei a pensarci. Per quelli che come me, la moto è principalmente un veicolo di emozioni, l’impagabile piacere di un bel percorso, di un bel panorama, della scoperta di un nuovo itinerario, difficilmente potrà venire barattata con la pur apprezzabile emozione di una sfida vinta.
Per questo, credo che per quanto mi riguarda, non solo l’Elefantentreffen mi ha atteso finora, ma credo che lo dovrà fare per un bel pezzo ancora.