di Kiddo
Quella dell’opinionista può essere una posizione molto comoda, soprattutto se si esternano idee di tipo tradizionalista, c’è sempre qualche bischero pronto a darti ragione. “Le battaglie che si vedevano nella cinquecento due tempi, quelle si che erano epiche…” “Il fascino delle moto a carburatori, dove potevi metterci le mani da solo, non è neanche paragonabile agli elettrodomestici che vendono adesso..” e così via. Devo confessare che anche io più volte ho peccato di indulgere in posizioni populistico tradizionaliste, ad esempio schierandomi apertamente contro il dilagare dell’elettronica nelle moto, rabbrividendo all’idea che fosse la moto a guidarsi da sola e che tutto il mio bagaglio di esperienza risultasse utile quanto un buco di culo su un gomito.
Forse per questo motivo, in occasione della prova su strada dell’ultima R 1200 GS ADV, quando ho cercato di descriverne nella maniera più accurata e competente possibile la dotazione elettronica, mi è stato chiesto come mai non avessi bollato il tutto come , ad esempio, “un sacco di cianfrusaglie utili solo a chi non sa guidare la moto” piuttosto che a cercare di spiegare le differenze impostazioni di ESA e controllo di trazione. In realtà, serietà professionale a parte, è impossibile esaminare una moto dai grandi numeri di produzione senza valutarne a fondo l’elettronica, almeno per un paio di buoni motivi.
Il primo è che una moto come il nuovo Giesse 1200 sarebbe al limite del pericoloso su strada senza filtri elettronici, cosa avvertibilissima se si prova a disattivarli tutti: una frenata al limite senza ABS su una belva da 400 kg in ordine di marcia si trasforma in una sbandata godibile si per chi ha un po’ di manico, terrificante per moltissimi piloti. Una pinna con un mezzo con quegli ingombri costringe piloti anche alti (io sono 1,83) a guardare la strada dal lato del serbatoio e in prima marcia sarebbe un casino partire tenendola giù. E stiamo parlando di una moto turistica. Figuratevi cosa può succedere su una Tuono… Quindi, maggiore fruibilità e sicurezza.
Seconda ragione per la quale è impossibile non valutare a fondo l’elettronica di una moto, è che adesso ogni moto ha un’elettronica specifica, studiata per l’utenza, l’utilizzo e la fascia di prezzo, quindi caratterizza quella moto non meno che l’estetica o la motorizzazione. Sarà obbligo nelle tabelle delle specifiche tecniche, oltre che a riportare peso a secco, diametro dei cerchi, numero dei cilindri e tempi, ad esempio, il numero di mappature elettroniche.
La domanda che ci si pone, a questo punto, è questa (ricordatevi sempre che io sto qui per fare domande, non per dare delle risposte): ma quanto precocemente invecchieranno queste moto, e la loro dotazione elettronica? Se fino a qualche anno fa un modello poteva differire da un altro al limite per il numero di cavalli o il tipo di impianto frenante, adesso il my 2014 ha, per dire, tre mappature (rain, touring, sport, o come cavolo volete) mentre il my 2015 già ne avrà… sette, di cui due da usare solo in pista su circuiti veloci oppure lenti. Non si rischia così che i primi modelli di traction control, che funzionavano bene ( e già parliamo di un passato) solo con quel modello di gomme ad uno stato di usura medio risultino quasi ridicoli rispetto agli attuali più evoluti per non parlare di quelli che verranno? Questo processo porterà alla svalutazione ulteriore dell’usato o si creeranno delle nicchie di appassionati di un tipo di elettronica vintage? Ovviamente, non posso chiudere senza provare a dare una mia risposta personale.
Sono sempre stato un appassionato di supermoto, da quando avvistavo le prime XT modificate in Costa Azzurra, ed ogni evoluzione è sempre stata vista con sospetto da qualche tradizionalista. Leggevo sulle riviste di settore che quegli affari con le sospensioni lunghe e le ruote piccole erano pericolose e levavano il fascino alla guida della moto stradale, cosa peraltro, in parte vera. Leggevo che non avrebbero avuto futuro, che erano una moda passeggera, e alla fine il mercato ha dovuto piegarsi al dominio delle maximotard stradali, che derivano da quei prototipi. Per questo, non voglio commettere lo stesso errore di chi si è trovato prima di me nella mia posizione e mi impegnerò quanto possibile per cercare di seguire l’evoluzione di una parte divenuta indispensabile su una moto attuale. A patto che, naturalmente, ci sia anche il riding mode “spegni tutto e fammela mettere a bandiera”!