di Kiddo
L’Aragostella è un tipico dolce campano, in pratica si tratta di una gigantesca sfogliatella di una quindicina di centimetri di lunghezza dalla pasta friabile, piacevolmente croccante ma mai dura, ripiena tanto che sembra esplodere di crema chantilly deliziosa e leggera, una spruzzata di zucchero a velo che ravviva con la complicità della brezza marina le nostre seriose tute da moto nere, e un piccolo foro, in cima, dove una piccola amarena rossa si crogiola nella crema che esce dalla pasta, dandole in principio quel vago tocco di amaro come una metafora della vita, ancora più apprezzabile se in mezzo a tanta dolcezza c’è una piccola dissonanza. Alla pasticceria del lungomare di Amalfi dove spendiamo il nostro voucher per il terzo assaggio della giornata, ci danno anche un paio di cioccolatini di rinforzo, tanto per non farci patire, che a essere sinceri abbiamo divorato, dimenticati dentro la borsa della moto, solo al nostro ritorno in Toscana.
Ecco, il FurbinenTreffen è come l’aragostella. Una serie di emozioni uniche, deliziose, improbabili nella loro troppezza: mentre addenti un lato la crema ti riempe la bocca, e intanto sembra voglia uscire dall’altro, non fai in tempo a gustare la delicatezza della sfoglia che sei avvolto dalla dolcezza e dalla freschezza della crema, ma ecco che interviene l’amarena a distrarti, e via che mangi, e non finisce mai, e godi come una lontra sapendo che per quanto possa essere coinvolgente non riuscirai a orientarti appieno, a dipanare quella matassa di emozioni che ti prendono, ti gettano in un mondo nuovo, sconosciuto. Alla stessa maniera, passare un solo fine settimana che dopo un pomeriggio di viaggio in autostrada ti catapulta in un universo fatto di colori, profumi, sapori, sensazioni, ritmi, persone, così meravigliosamente sconosciuti e piacevoli diventa un’esperienza appagante ma al limite della frustrazione di non poter vedere meglio, conoscere più a fondo la gente, penetrare i luoghi della Costiera Sorrentina e Amalfitana meglio di quanto non si possa fare girovagando in un solo giorno, praticamente, su e giù per la strada costiera che già da sola, con le sue curve e il paesaggio indimenticabile, vale il viaggio.
Per i pochi che non conoscessero uno dei ritrovi entrati di diritto, coi suoi quattordici anni di storia nell’Olimpo degli eventi motociclistici, diremo che si tratta di un raduno che si svolge in aperto antagonismo ai classici eventi invernali, dove la parola “Treffen” viene associata ad una riunione di centauri infreddoliti, che per scommessa e voglia di esplorare l’estremo delle peggiori condizioni climatiche in sella alla moto si danno appuntamento in qualche gelida vallata del nord Europa, godendo di un bel falò in mezzo alla neve, seduti su balle di paglia per non stare col culo nel fango ghiacciato, dormendo in tenda con -20°c.
Al Furbinen si viene accolti dal venerdì pomeriggio in albergo 4 stelle, si mangia a tavole imbandite dove solo il buon senso di mia moglie mi ha impedito di alzarmi per brindare agli sposi almeno un paio di volte. Il sabato mattina dopo un’abbondante colazione che come d’abitudine (si sa, siamo motociclisti) sarebbe bastata almeno fino a cena, ci vengono consegnati dei voucher e una mappa. Ad ogni biglietto corrisponde una sosta che, con l’aiuto della cartina (e questa volta si, del navigatore…), ci porterà a scoprire meravigliose realtà di questa splendida parte d’Italia. Iniziamo bene a Piano di Sorrento con un piccolo caseificio artigianale (chettelodicoaffare) dove ci accolgono con caciotte, mozzarelle e provole innaffiate, alle 10 di mattina, con un favoloso vino bianco, genuino e non pastorizzato. Dopo la traversata dell’interno della penisola raggiungiamo la splendida Positano e la Grotta di Smeraldo per una seconda sosta con visita al negozio di ceramiche e light lunch a Furore e infine Amalfi, dove veniamo investiti dalle emozioni dell’aragostella.
Quello che rischia di diventare un tour de force alimentare viene finalmente interrotto dalla visita al porto e alla città di Amalfi: la prossima degustazione partirà solo due ore dopo, alle 15, e possiamo darci un po’ alla libera esplorazione e alle divertenti curve della strada costiera, che da Minori fino a Capo d’Orso rimane stupenda ma un po’ meno caotica, con lo splendido spettacolo dei limoneti coltivati in terrazze strappate alla montagna, sorrette da muraglie e coperti per riparare le piante dal vento. Fiordi, gole, ville e costruzioni in spazi arroccati, appollaiati, improbabili e stupefacenti, sempre affascinanti. Una poesia di operosità e lotta alle condizioni del territorio e climatiche spesso avverse, come ci racconta un vecchio pescatore che adesso vende giganteschi cedri al lato della strada, e che si definisce miracolato per essersi salvato durante una mareggiata a metà degli anni ’80 che semidistrusse Maiori. Una sorte peggiore toccò ad un suo compagno, cieco, che morì su quella barca e che aveva intuito la tempesta prima degli altri. “Lui la tempesta la sentiva, ma come pescatore…” e scuote la testa, arricciando i baffi anneriti dalle infinite Nazionali senza filtro.
La nostra esplorazione ci porta fino a Cetara e al suo approdo sul mare, qui la strada è davvero divertente e semideserta: ci facciamo un po’ prendere la mano, ricordando che l’indomani si torna a farsi il culo quadrato in autostrada.
La veduta da Ravello abbraccia buona parte della Costiera, un peccato non arrivare fin quassù, ma la nostra fame di esplorazione non viene certo soddisfatta con bei paesaggi e strade emozionanti, e digerita la prima impegnativa metà giornata ci dirigiamo nuovamente in direzione di Sorrento, dove la quarta sosta ci fa entrare, anzi ci cala all’interno di uno di quei giganteschi limoneti che abbiamo osservato da fuori per tutta la giornata. Polpo e patate innaffiati da vino bianco, omaggio di mimosa (che qui è già fiorita) per le signore, e ancor più gustosa chiacchierata con il giardiniere della villa che ospita il frutteto, grandissimo appassionato di motori.
Nota linguistica: non fate di si con la testa se non avete capito! Se il locale pensa che state capendo l’idioma parte in napoletano strettissimo. A me e signora si era creata una condizione dove lui raccontava e rideva, noi sorridevamo e facevamo di si con la testa, sperando ognuno che l’altro stesse capendo per poi farcelo spiegare o che potesse intervenire a proposito. Ci salva Andrea, autista di minibus e coorganizzatore del Furbinen, nonché appassionato ducatista, che ci racconta la storia della moto di pasta, maquette costruita in garage con pochi pezzi e scatoloni di pasta per ingannare la moglie incazzata alla notizia che il marito avesse portare la moto a elaborare.
Sesta sosta, si torna a Villa Lubrense, alla nostra Villa Angelina per l’aperitivo e qualche piccolo supplì. La cena, due ore dopo, sarà tutta di pesce, non ci crederete ma abbiamo mangiato come lupi. Avrà ragione Andrea Leggieri, che insieme a Claudio Falanga organizza da tanti anni questo raduno, che moto e cibo per un motociclista non sono mai troppi, soprattutto il cibo, noi del resto da Oltranzisti! convinti ci siamo adeguati abbastanza bene. La mattina della domenica ci svegliamo accolti da un bellissimo sole, che aveva latitato il giorno prima, e dobbiamo rinunciare a malincuore alla fagiolata con tamurriata delle dieci, viste le sei ore di autostrada (sigh) che ci aspettano.
È facile chiudere un pezzo così con le solite frasi ad effetto sulle immagini più belle che sono quelle che porti nel cuore e non nella macchina fotografica, alla speranza di un ritorno con più tempo a disposizione anche per conoscere meglio le splendide persone che ci hanno accolto, e a tutte le traboccanti (come la crema dell’aragostella) emozioni di un intensissimo fine settimana, per cui non lo farò.
Chiuderò quindi con una piccola ma importante critica a quello che credo si possa ritenere un evento che entra di diritto nella storia del Motociclismo del nostro paese , e che come tale ha delle responsabilità. Manca un briciolo di ufficialità. Va bene lo sticker ricordo o la toppa sul giubbotto, non voglio proporre una zamarrata tipo la partenza tutti insieme, ma una bella foto di gruppo preceduta da un briefing informativo, tanto per santificare il momento storico nel quale ognuno degli intervenuti potrà concentrare il suo “Io c’ero!”, quello non avrebbe guastato.
Ora vado a svuotare la borsa che ho dovuto aggiungere per portare la bracciata di limoni che il giardiniere ci ha regalato!