di Gabriele Peterlini
Vedere Casey Stoner guidare a Philip Island è un evento che da solo vale il prezzo del biglietto. Un acrobata del manubrio, un trapezista della sella, un funambolo della pista.
Ma Casey fra poco meno di 15 giorni mollerà gli ormeggi e se ne tornerà a casa sua, lontano dal mondo delle corse.
Dunque la Moto gp perderà una pedina importante del proprio scacchiere, un pilota il cui stile di guida è indubbiamente tra i più emozionanti e divertenti.
Emozione e divertimento in un gran premio, normalmente, sono fattori direttamente proporzionali al numero ed alla qualità dei sorpassi che si consumano durante un gran premio. Più sorpassi ci sono e più ci si diverte. Più alto è il grado di difficoltà del sorpasso e tanto più alto è il tasso di qualità espresso dall’evento.
Questo ci pare di aver capito valga tanto per gli spettatori quanto per i piloti.
Poi ci sono quelli come Stoner che probabilmente riuscirebbero nell’intento di farti divertire anche se corressero una gara in solitaria in sella ad una graziella (la mitica bicicletta pieghevole degli anni 70/80).
Quelli alla Stoner divertono anche senza sorpassi, pennellando cordoli e curvoni con il nero del gommone posteriore della loro moto ad ogni singolo giro del gran premio.
Nella moto gp degli ultimi anni si è avvertito in maniera abbastanza decisa il calo del numero di sorpassi e di conseguenza l’evento sportivo ha perso un po’ di appeal. Se a questo fenomeno poi aggiungiamo i 2 anni di sofferenza di Valentino Rossi, della Ducati e l’uscita di scena di Casey Stoner, finiamo con il ritrovarci per le mani un giocattolo che piace sempre meno.
A nostro avviso l’indiziato principale di quanto sta accadendo è di forma tonda, è di colore nero ed è fatto di caoutchouc. E su di una moto ce ne sono ben due.
Avete capito bene, stiamo parlando di gomme, degli pneumatici, ma più che questi ultimi il dito andrebbe puntato sull’organizzatore per come ha imposto che da un campionato con più fornitori di pneumatici si arrivasse ad un regime di monogomma. Questo però è argomento più da dibattito che altro, dunque sorvoliamo.
Noi qui vogliamo proporre un’idea che se pur banale potrebbe far tornare a gare più spettacolari e per far questo dobbiamo prima di tutto analizzare, se pur sinteticamente, alcuni dati importanti.
Cominciamo dalla fine, ovvero dall’ultimo anno di motomondiale dove i produttori di pneumatici erano il libera competizione tra loro al pari dei costruttori di moto, anno 2007.
C’erano Michelin, Bridgestone e Dunlop. Quest’ultima presente su poche moto private, le prime due si dividevano la top class. Michelin era su Yamaha ed Honda mentre Bridgestone equipaggiava Ducati, Suzuli e Kawasaki.
Il mondiale finì con 4 piloti nei primi 4 posti della classifica iridata che guidavano 4 moto diverse. Quell’anno andarono a podio praticamente tutte le case costruttrici ufficialmente impegnate nella categoria, andarono a podio diverse moto clienti e le gare divertenti ed emozionanti non sono certo mancate.
Fino al 2007 le moto si sviluppavano secondo filosofie tecniche tra le più differenti tra loro.
I gommisti seguivano più case costruttrici ma potevano permettersi sviluppi differenziati e specifici per le varie case visto che il numero di moto da equipaggiare arrivava si e no ad una decina di unità.
Oggi il fornitore unico non differenzia più lo sviluppo della gomma sulla base delle indicazioni specifiche del costruttore e de Pilota. Oggi Bridgestone fornisce tutte e 21 le moto in pista con un ventaglio di specifiche tecniche molto raccolto.
Il risultato è che ci ritroviamo costruttori di moto a sviluppare i prototipi attorno alle gomme e non il contrario come è sempre stato fino al 2007.
Questo ha portato ad un inevitabile appiattimento della fantasia dei progettisti che hanno dovuto indirizzare le proprie scelte tecniche su strade del tutto simili tra loro.
Ad inizio anno Honda si è vista costretta a ridisegnare la sua moto poiché la Rc2313v mal si adattava alle nuove coperture Bridgestone. Yamaha se n’è avvantaggiata con Lorenzo prendendo un bel margine sugli inseguitori. Honda poi ha sistemato la sua moto sulle nuove coperture, ma questo gli è costato non pochi denari e nonostante abbia vinto ben 7 gare nelle ultime 8 alla fine ha dovuto cedere l’iride alla Yamaha.
Tutto ciò senza dimenticare le difficoltà croniche della Ducati di mandare in temperatura la gomma anteriore.
Rossi ad inizio anno fece un’analisi molto lucida quanto cupa della nuove coperture di Bridgestone.
La nostra idea è dunque così semplice da poter sembrare anche banale:
– ammettere nuovamente più costruttori di pneumatici nella moto gp, in altre parole eliminare il regime di mono fornitore di pneumatici.
Oggi ci sarebbe un’occasione da cogliere al volo, un’ occasione propizia sia dal punto di vista diplomatico che tecnico. Si perchè nella classe regina, di fatto, regnano due categorie simultaneamente, la Moto Gp e la CRT.
Il buon Carmelo Ezpeleta, patron della Dorna (la società che gestisce la moto gp), potrebbe lasciare la Bridgestone libera di fornire le Gp mentre Michelin e, perchè no, Pirelli potrebbero occuparsi delle CRT.
Secondo noi il risultato potrebbe essere più che ottimo. Bridgestone tornerebbe a fornire un numero ridotto di piloti e costruttori potendo così concentrare maggiori risorse in forniture specifiche. Credo che soprattutto in Ducati sarebbero assai contenti di questo.
La CRT dal canto suo potrebbe avere un fornitore capace di sviluppare un pneumatico specifico per questa tipologia di moto che ha caratteristiche ed esigenze ben diverse da quelle di un prototipo puro.
I costi? Beh, non abbiamo idea di quanto sia costato in soldoni alla HRC rifare una moto in pochi mesi su uno pneumatico completamente nuovo…. e tanto meno possiamo immaginare cosa abbia potuto spendere Ducati in questi anni per cercare di scaldare quella gomma anteriore. In fatica ed immagine deve essere costato tanto ad entrambe.