Siamo nel cuore della Tuscia viterbese a Bomarzo, piccolo borgo arroccato su un monte roccioso in peperino che domina la Valle del Tevere. Sicuramente uno dei borghi medievali più affascinanti e misteriosi, conosciuto per il Bosco dei Mostri o Bosco Sacro, uno dei Parchi Naturali più interessanti del Lazio, a soli 70 km da Roma.
Bomarzo ci dicono i reperti, fu abitato fin dall’epoca preistorica, durante il periodo etrusco fu probabilmente l’importante centro di Meonia, poi passò sotto il dominio romano e nel Medioevo divenne sede vescovile. Dal XIV secolo divenne proprietà degli Orsini fino a quando non subentrò la famiglia Lante nel 1645.
Il borgo si divide in cinque rioni che si affrontano ogni anno, il 25 aprile, nel Palio di Sant’Anselmo , una corsa di cavalli con fantino in cui le cinque contrade del paese, Borgo, Dentro, Poggio, Croci e Madonna del Piano si contendono il drappo realizzato ogni anno da un artista diverso. La gara, che si svolge presso il campo in località Fossatello, è preceduta da tutta una serie di riti che iniziano due giorni prima con la presentazione e messa in mostra del Palio nel Duomo del Patrono. Un’occasione particolare per visitare questo gioiellino dell’entroterra laziale.
Ma torniamo al periodo degli Orsini, di cui ci resta la testimonianza più significativa e “romantica”, se così possiamo definirla, che ha dato lustro al piccolo borgo.
Pier Francesco Orsini detto Vicino, fu un prode condottiero al servizio del Papato e signore di Bomarzo dal 1542 al 1585, nel 1544 sposò Giulia Farnese, imparentandosi con famiglia del cardinale Alessandro, e quindi con l’allora pontefice Paolo III. Dopo aver partecipato alla guerra contro i principi protestanti riuniti nella Lega di Smalcalda, fatto prigioniero e liberato nel 1547, ci resta come testimonianza la lapide del pozzo alla base della Chiesa di Santa Maria Assunta, fatta costruire da Giulia Farnese come voto per la liberazione del marito, ancora visibile nel borgo.
Nel 1552 il principe iniziò a pensare alla costruzione di una Villa delle Meraviglie ed affidò il progetto all’architetto Pirro Logorio, lo stesso che completò la costruzione di San Pietro dopo la morte di Michelangelo, fu a seguito della morte della sua amata Giulia che già disgustato dalla vita politica e militare, decise di ritirarsi a vita privata e dedicarsi completamente alla realizzazione di questo Parco, come rifugio dalla tristezza e dalla realtà.
Iniziò così a dedicarsi alle discipline alchemiche ed esoteriche e trasformò il suo Parco in un regno del sogno, un luogo dove la cultura la facesse da padrone attraverso un intricato labirinto di statue mitologiche e di enigmi, di mostri marini, satiri, draghi, maschere, tempietti e giochi illusionistici. Un calderone di richiami esoterici, esotici e pagani, un percorso nella natura scandito da richiami, indovinelli come la scritta che ci accoglie “Tu ch’entri qua con mente parte a parte et dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte…”.
Inizia così il nostro percorso, un’occasione per stare immersi nella natura, tra i colori stupendi e le tonalità di verde che solo la primavera regala, ma che rende il bosco ancora più suggestivo in autunno, un luogo di silenzio, scandito solo dalle cascatelle dei ruscelli che animano i sali scendi del parco, nascoste dietro ad una tartaruga gigante, o ad un mostro dalle fauci spalancate che ci invita ad entrare con la lusinga “Ogni pensiero vola”. Ed i giochi prospettici come quello della casa obliqua ed i vari richiami ai casati tra i gigli dei Farnese e le rose degli Orsini legati in un abbraccio eterno in questo Bosco Sacro che termina proprio con il tempietto che Vicino dedicherà all’amatissima moglie Giulia Farnese, e che ne fu probabilmente il suo Mausoleo.
Alla morte di Vicino Orsini, il parco fu dimenticato, e piano piano il muschio ricoprì interamente tutte le creature del Bosco Sacro, destinandolo ad un oblio di circa 300 anni. Sarà riscoperto da Salvador Dalì, nel 1938 che coplito ne trasse ispirazione per la sua opera visionaria Le Tentazioni di Sant’Antonio. Rimane di questa riscoperta anche un video girato dallo stesso Dalì grazie al quale tutti conobbero questo bizzarro giardino frutto di una mente triste ed enigmatica, ma anche romantica e visionaria.
Negli anni a seguire il merito del totale recupero del parco andò a Giovanni Bettini grande appassionato di arte, che comprò l’intero parco e a sua moglie Tina Severi, che iniziarono il restauro nel 1954.
Vediamo ora come raggiungere questo Parco, il percorso più veloce è sicuramente con Autostrada A1 da sud l’uscita è Orte, da nord uscita Attigliano per poi proseguire seguendo le indicazioni per Bomarzo.
Un’idea più interessante potrebbe essere quella di addentrarsi un pò nell’agro romano a nord della Capitale prendendo la Cassia e da lì dirigersi verso la Riserva Naturale del lago di Vico che offre una strada panoramica nella natura tra il bosco e le rive del lago per poi tornare ad addentrarsi con una sosta a Soriano nel Cimino famosa per la Sagra delle Castagne, attraversando la maestosa Faggeta e boschi di castagno, il percorso prosegue ricco di curve e dislivelli fino ad arrivare al borgo di Bomarzo regalando all’appassionato delle due ruote una gita varia ed entusiasmante.
Per tutte le informazioni per programmare una visita collegati al Sito Ufficiale del Bosco Sacro di Bomarzo