Desiderio di moto semplici e spoglie di qualsiasi orpello, o moda da bar? Al recente Moto Bike Expo si è visto di tutto riguardo le scrambler.
Dai, c’è poco da fare, vanno di moda le scrambler, e infatti anche all’edizione del Motor Bike Expo di Verona conclusosi nel mese di gennaio 2017, le special più ammirate e diffuse erano senz’altro a tema scrambler.
Se consideriamo che stiamo parlando, per definizione, di moto di derivazione stradale con gomme, scarico, manubrio e altri orpelli per modificarla in funzione di un uso fuoristrada più o meno blando, si spiegano anche le supersportive quattro cilindri carenate con le gomme tassellate e i semimanubri. O quasi. E infatti al Bike Expo credo se ne vedano sempre meno.
Sì perché spesso siamo davanti a vere e proprie aberrazioni, delle special che non hanno talmente una spiegazione di un qualsiasi tipo di uso che non riescono neanche a essere interessanti, anche se bellissime, nonostante tradiscano una quantità di profusione di impegno, sbattimenti, ore di lavoro incredibili.
Dopo tanti anni che si vedono le moto di serie modificate in qualche senso anche le Case si svegliano e propongono le versioni di serie, seppur ampiamente personalizzabili, e le Scrambler di serie sono entrate ormai in tantissimi listini, ad esempio per citare alcuni marchi maggiori la Ducati, BMW e recentemente anche Suzuki, che ha scramblerizzato con risultati non proprio esaltanti la sua pur eccellente, in versione stradale, SV 650.
Tutte le volte che vedo una scrambler di qualsiasi tipo, mi viene in mente il mio amico Franco, che ha dato via la sua bellissima maxienduro con borse di metallo, sella confort, carenatura protettiva in favore di una moto bassa da terra, senza riparo aerodinamico, dove si riesce a mettere qualche tipo di borsa ma con discreta difficoltà e che, alla prima occhiata, non dà certo l’impressione di una autentica globetrotter. La sua ragazza, quando ha chiuso il contratto, si è messa a piangere.
Però ne è felicissimo, a quanto sostiene almeno, perché in fuoristrada preferisce avere una moto più bassa, con la quale tocca terra molto più facilmente, più facile e leggera, confidenziale, più semplice. Per quanto riguarda il turismo, non aveva neanche finito il rodaggio che ci ha fatto tremila chilometri a giro per l’Europa, con qualche borsa un po’ accrocchiata sul portapacchi, ma convinto e felice della sua scelta.
Strano, si direbbe, in un panorama come quello attuale in cui mezzi sempre più versatili, protettivi in ogni senso, con elettroniche sofisticate sembrano esprimere un mantra comune ad ogni utente medio che suona un po’ come “non mi voglio rompere tanto i coglioni”.
Quella della scrambler, in effetti, è un po’ una moda sicuramente ma rappresenta anche il ritorno da parte di tanti motociclisti alla moto “basica”, senza tanti orpelli, personalizzabile, che può fare tutto e niente.
La sella è una sogliola anche un po’ dura? Conosco un tappezziere che con cinquanta euro me la imbottisce come una poltrona per due.
La moto non ha protezione aerodinamica? Ma se un amico è andato a Parigi con un parabrezza di un Kimko tagliato ad arte…
Le borse? Cavolo ma ci sono infinite soluzioni, trent’anni fa sono stato in Marocco con un XT 600 con un amico dietro e due zaini!
Come si fa a dar loro torto, a non pensare che con una scrambler, minimale e avventuriera per definizione non si possa far di tutto e tentare addirittura del buon fuoristrada? E infatti il mio amico Franco viene sempre con noi che abbiamo vecchie endurone, nelle nostre escursioni off con la sua tracagnotta. Certo, a volte se ci fermiamo a chiedere indicazioni sulla percorribilità di un tratto sterrato ci viene risposto, squadrando il gruppo “Forse voi sì, ce la fate. Ma lui (e indicano Franco) non credo”.
Franco, siccome è un po’ permaloso, se la prende ma poi si accoda e basta aspettare mezzo minuto dopo un pezzo più impegnativo e arriva sempre, al limite smadonnando un po’, ma arriva.
Qualche volta arriva con lo scarico acciaccato, una volta col filtro dell’olio sfondato, soprattutto perché se deve dare un colpo di gas per superare un ostacolo impennando appena, la scrambler non lo fa, e prende delle gran botte sotto.
Quando palesa questo tipo di problematiche quasi tutti gli dicono “hai sbagliato moto”, come a intendere che la scrambler è solo una roba da fighetti e non è fatta per essere usata davvero. Lui monta un paracoppa da vera desert sled e continua a uscire con noi, spazzolando in derapata sugli stradoni bianchi anche per dimostrare che invece una scrambler deve permettere di andare fuoristrada, ed è bello portarcela.
Oltretutto vedere una moto dall’aspetto affascinante e civile immergersi nelle fangazze ha un fascino enorme, e per questo almeno a me piace tantissimo vedere Franco e la sua fighetta impegnati fuoristrada, anche perché i filtri dell’olio non sono i miei.
Probabilmente il problema di questo genere di moto non è solo nel fatto che sono basse da terra, anzi è una prerogativa fondamentale proprio perché rimangano più facili, immediate, quanto nel fatto che le Case stesse le considerano un oggetto da fighetti, di immagine, da tavola da surf (giuro non capirò mai cosa diavolo possa entrarci una tavola da surf con una moto, seppur bassa da terra) e non una moto che può essere usata per davvero e non solo da guardare, una moto che può dare tantissime soddisfazioni a chi, al contrario delle tendenze comuni, ha anche voglia di rompersi i coglioni, una moto vera.
Un appello quindi alle aziende produttrici mi sento davvero di farlo: ma visto che siete a fare una scrambler, perché non mettete lo scarico e il filtro dell’olio più alti, e magari una bella protezione paracoppa di serie? Dai, vediamo di portare queste fighette a sguazzare nel fango!