di Carlo Nannini (Kiddo)
Proviamo a dare un giudizio freddo, distaccato, al di sopra delle parti e delle bandiere, cosa peraltro assolutamente difficile se non impossibile, sugli accadimenti della gara MotoGP di Sepang.
Il corpo a corpo serratissimo dei primi giri fra Valentino Rossi e Marc Marquez, in apertissima lotta per la vittoria del decimo mondiale dopo il lungo digiuno il primo, tallonato da vicinissimo dal compagno di squadra Jorge Lorenzo e quindi al culmine di una tensione nervosa neanche immaginabile da noi che comodamente seduti sul divano commentiamo quello che succede dentro la pista ogni domenica; con niente da perdere, in questa stagione, se non la possibilità di riuscire a far parlare di sé il secondo.
Una serie interminabile di sorpassi, innescati dall’azione assidua dello spagnolo il cui unico intento pareva palesemente quello di provocare il rallentamento e una reazione esasperata dell’avversario, a tutti gli effetti una guerra di nervi alla quale freddamente, vedendo le prime fasi di gara, abbiamo tutti pensato e implorato Rossi di sottrarsi, lasciando magari il vantaggio all’avversario per poi attendere il momento opportuno per un sorpasso.
Ma, come diceva il Buzzuti, grande commentatore sportivo del bar “da noattri” di Campagnano, “siamo tutti finocchi col culo dell’artri”, e non ci è difficile immaginare che l’unica reazione di un Valentino Rossi, alla disperata ricerca di raggiungere e magari scavalcare Lorenzo per aggiudicarsi in anticipo un buon margine di punteggio sul compagno di scuderia, sia stata quella di non mollare la lotta, sperando di vincerla o comunque temendo di venire deliberatamente rallentato. Portare Marquez al limite della pista, con l’intento di rallentarlo o peggio buttarlo sull’erba pesantemente è stata la tattica non di un nove volte campione del mondo incapace di rammentarsi di essere sotto i riflettori delle telecamere di tutto il mondo alla guida di un bolide da trecento all’ora nella penultima gara del campionato del mondo della classe motociclistica di velocità più blasonata, ma quella di un pilota del campionato regionale di minimoto, talmente brutta da vedersi quanto indifendibile. Ovvio che durante una manovra così estrema possa succedere il contatto, l’anteriore che si chiude, la caduta.
Rossi avrà senz’altro modo di ripensare ai suoi gravissimi errori, che gli sono costati i punti aggiuntivi di penalità e la partenza dall’ultima posizione nel prossimo gran premio di Valencia, ovvero la vittoria del mondiale, al netto di eventi catastrofici per il pilota majorchino.
Marquez, fuori da qualsiasi tipo di corsa per il titolo, al contrario, potrà senz’altro considerare, se il suo intento era quello di facilitare il connazionale contrastando il primo in classifica, di aver conseguito il miglior risultato. Anche questo, presumiamo, un modo di rimanere sotto i riflettori anche dopo una stagione in cui il fenomeno degli esordi pare già essersi oscurato.
Vogliamo infine rivolgere un pensiero ad un grandissimo Daniel Pedrosa, la faccia bella, pulita, costante di sacrificio e passione di questo sport e infine ad un Jorge Lorenzo che, come nel più vecchio detto che fra i due litiganti, il terzo gode.
Bella soddisfazione!