Testo e foto di Giampiero Pagliochini
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Sono trascorse 17 ore di volo quando finalmente atterro in Australia, la tanto sognata terra dei canguri. Mi informo e dopo 300 metri sono negli uffici della Emirates, la compagnia con cui ho spedito la moto, mi consegnano copia del bill of loading e vado in dogana (l’ufficio è poco distante da lì) per timbrare il carnet quindi entro nell’ufficio adiacente per prenotare l’ispezione della moto. In Australia sono molto severi e controllano tutto ciò che per loro non è a norma, anche la mia moto sporca. La signora mi dice che devo tornare il giorno dopo e io le chiedo un favore che mi viene accordato. Quando si parla di motori, in particolare di motociclette, gli australiani sono molto ben disposti. Un altro addetto mi dice di tornare all’hangar dell’Emirates. Il grosso signore mi raggiunge in 10 minuti e finalmente apriamo la cassa. Lui controlla scrupolosamente e dà l’ok. E pensare che la trasmissione televisiva DMax aveva criticato le dogane australiane. Rimonto la moto e alle 18 esco in direzione Perth. Non è facile ambientarsi e di notte non faccio caso al distributore. La moto doveva volare con serbatoi vuoti e così rimango a piedi. Non mi scoraggio, faccio due passi, c’è un cantiere con persone e mezzi e trovo un ragazzo mi accompagna al distributore dove acquisto una tanica da 5 litri. Ringrazio e riparto verso Perth. Sono stanco, mi fermo ad un Mc Donald per un panino, poi cerco dove dormire. Qui il sonno costa caro, ma non ho scelta: 108 dollari australiani (circa 70€) con colazione, doccia, e il lungo sonno fino al mattino.
Me la prendo comoda. Leonardo, ragazzo perugino che lavora e vive a Perth, mi dà appuntamento al Bell Tower dove lo raggiungo seguendo la cartina e beccandomi una lavata di testa da un poliziotto per sosta fuori dalle righe. Vuol vedere la patente internazionale ed io la esibisco senza battere ciglio. Per fortuna mi chiede solo questo documento e mi lascia ripartire.
Leonardo mi accompagna al Billabong, una specie di ostello frequentato da giovani dove c’è chi studia, chi lavora e chi fa il turista. Potrebbero essere tutti figli miei, ma non mi abbatto e con 80 dollari australiani passa la paura. Sempre in compagnia di Leonardo entro negli uffici dei trasporti terrestri per la registrazione della moto. Tutto bene, ma visto che il bollo della mia moto scade a fine luglio, vogliono quello dell’anno prossimo a convalida che la moto può circolare. A questo punto provo a spiegare che finché non scade questo non può essere emesso quello nuovo. Le regole qui non si discutono, si applicano ed arriva la doccia fredda: vogliono anche una mail dall’autorità italiana. Torno in hotel, chiamo in Italia l’ACI, ma non c’è verso, il bollo non può essere emesso. Le autorità australiane insistono e lo vogliono, provo anche con l’ACI nazionale, peggio che mai. Mi dicono che scriveranno all’Automobil Club australiano e penso a quando ne verrò fuori. Riordino le idee. Chiamo chi so io in Italia, “PHOTOSCIOPPE” – come dice un amico – fa i miracoli. Così in un giorno tutto quello che volevano lo hanno in mano e per mail. Certo di ufficiale non c’è nulla ed io torno il lunedì in un altro ufficio tipo motorizzazione dove contattano gli altri colleghi: si c’è la mail, ecco le copie è tutto ok e posso pagare. Finalmente la moto è registrata. Non consideratemi il furbetto di turno, ma se non avessi fatto così non ne sarei venuto fuori.
Alla sera esco con altri ragazzi italiani, Stefano e Annamaria. Anche loro sono arrivati con le moto dall’Europa un po’ di tempo fa e ora hanno anche un figlio. Una pizza insieme poi i saluti. Forti questi ragazzi: lavorano, guadagnano e pensano a come realizzarsi, qui i sogni sono realtà, anche se nessuno ti regala nulla.
In moto verso Kargloolie
Di buon mattino carico tutto e parto, destinazione Kargloolie con 600 km tra vento inesorabile e temperatura bassa perché siamo all’inizio dell’inverno. Man mano che macino chilometri la land si fa più rada di presenza umana, solo qualche piccolo villaggio a ricordare i pionieri che qui arrivarono con tanti sogni di una nuova vita. Dovunque si guarda è tutta una miniera, la prima attività di questo paese. E’ sera quando giungo a Kargloolie, il motel diventa proibitivo e allora piazzo la tenda nell’area comunale dove ci sono i bagni e i fornelli per cucinare. Faccio subito amicizia, la moto rende questo popolo curioso, sono tutti con jeep e caravan al seguito è nel loro dna, proprio come il barbecue, una sorta di istituzione, ce l’hanno tutti.
A Leonora, con i primi aborigeni dell’Australia
Dopo una bella colazione, carico la moto e punto verso nord in direzione Leonora dove incontro i primi aborigeni. Ho l’impressione che abbiano subito l’ondata di europei ad una velocità che non ha permesso loro di capire quello che stava accadendo. Sembrano loro gli stranieri. Ancora oggi dopo 6 giorni non ho capito di che vivono, non li trovi in luoghi di lavoro e, addirittura, nei paesini più sperduti ho trovato ragazzi cinesi che lavoravano negli store. Gli aborigeni rimangono confinati nelle case, sono sempre fuori a piedi scalzi, non vedo integrazione anche se gli australiani dalla pelle bianca rispettano la loro cultura, ma ahimè il passo mi sembra veramente diverso. A testimonianza di quanto le cose siano fuori luogo nell’Outback la benzina normale non si trova, esiste l’Opal, inodore e incolore, mentre quella normale la usano per sniffare. Il paesaggio è pieno di cartelli che promettono multe per chi la tiene.
La sera dormo a Leverthon, ultimo paese prima di entrare nella Great Central Road che attraversa da ovest a est il centro dell’Australia lambendo il deserto. Mi ritrovo in un pub con due famiglie conosciute al campeggio. In tv c’è una partita di rugby e il tifo è da curva. Prima si paga, poi si mangia e si beve, è la regola da queste parti.
Outback, il “fuori da tutto”
Il cielo è plumbeo ma parto ugualmente. Pochi chilometri ed inizia la pista dove mi attendono 1080 km di Outback, il “fuori da tutto” come lo chiamano i locali. Ci sono solo stazioni di rifornimento con ogni ben di Dio e camping per pernottare, il tutto compreso non oltre i 350 km. Per i primi 250 incontro solo due jeep e dietro di me lascio una scia di polvere interminabile. Poi ecco dei cammelli che scappano al rombo della moto: questo animale, non presente in Australia, arrivò alla fine dell’800 dall’Afghanistan per la costruzione della ferrovia. Non sono stati mai utilizzati e sono diventati un problema per via del loro numero, sono tanti e prosciugano tutte le pozze d’acqua del deserto. Ora si è scatenata la caccia al cammello. Chissà se dopo la carne di canguro nel piatto gli australiani troveranno anche quella di cammello. Travaso i 15 litri che ho come scorta e giungo a Tjukayirla, dove mi faccio anche uova al bacon, poi pieno di benzina e via per Warburton dove arrivo nel primo pomeriggio. Altro rifornimento, piazzo la tenda nel camping vicino a Greg, anche lui in moto, e subito la conversazione spazia dai pistoni alle valvole passando per gli horse power.
Serata tranquilla. Ceno con carne in scatola perché qui non ci sono ristoranti e tutti i negozi, solo uno, chiudono alle 18, massimo alle 19 quando fanno un’eccezione. Il sole splende sull’Outback e questo aiuta. Saluto Greg e via verso est per arrivare a Warakuma dove c’è una stazione meteorologica. Faccio due conti, sì posso osare, si va a Yulara, dove c’è Ayers Rock che i nativi chiamano Uluru.
Quando finisce l’Outback?! Gli ultimi 100 km terribili di Tule Ondulè. Avrò contato in due giorni 8 jeep in senso opposto e due nella mia direzione di marcia. Ho viaggiato quasi da solo, una bella esperienza.
Verso Yulara per le foto del tramonto australiano
Yulara è fornita di tutto. E’ un nucleo di poche case dove ci sono hotel, il campeggio e la solita stazione di rifornimento. Non manca il supermercato e le attrattive turistiche: dalla gita in cammello al volo in elicottero. Insomma divertimento per tutte le tasche. E’ ora di piazzare la solita tenda da campeggio… vita da biker! Al mattino, senza fretta, mi preparo poi nel pomeriggio vado all’Ayers per le foto del tramonto. Spettacolo assicurato. Vicino a me due coppie di ultrasessantenni piazzano tavolo, sedie, una bottiglia di vino, patatine e altre “delizie”. Gli scatti si susseguono fino a che il sole tramonta. Sono le 18 e 4 minuti fa notare un tizio, tutti a casa.
Per ulteriori info: www.australia.com