La Vallonia è una meta motociclistica che noi italiani, fino a qualche tempo fa, non consideravamo neanche tale. Noi siamo andati a scoprirla.
La regione del Belgio a lingua francese che comprende un’area geografica collinare e a tratti spettacolare abbastanza ristretta, tanto che ci ha fatto riscoprire il sottile piacere di girarla con una semplice cartina geografica, racchiude una incredibile quantità di bellezze naturali, luoghi di interesse storico e culturale, peculiarità gastronomiche d’eccellenza. Ma per i motociclisti italiani, a questo punto anche incredibilmente, aggiungiamo, rimane una grossa macchia bianca nella carta dei percorsi da fare, prima o poi.
Alla Vallonia si approda attraversando o aggirando la Svizzera, ad esempio dal bellissimo parco naturale dell’altopiano del Jura francese e risalendo per i parchi dei Vosgi e della Lorena con un viaggio, partendo dal nord italia, tutto sommato non lunghissimo e decisamente piacevole.
Se l’Europa centrale la maggior parte delle volte sembra in effetti poco più che un ostacolo per arrivare alle mete più ambite e frequentate dai nostri motociclisti (Irlanda, Scozia, Norvegia) abbiamo scoperto che non solo la Vallonia vale da sola il viaggio, ma almeno per molti colleghi francesi, olandesi, tedeschi e anche inglesi e norvegesi che affollano i bei percorsi guidati delle colline è luogo di interesse privilegiato dove, nel corso dei secoli, si sono incontrati, scontrati, conosciuti e dal quale sono stati dominati praticamente tutti gli stati europei.
La nostra porta di ingresso in Vallonia è la parte a lingua fiamminga del Belgio; con un viaggio di poche decine di chilometri, e sotto una pioggia improvvisa che interrompe per poche ore un caldo umido inaspettato e (abbiamo poi scoperto) inconsueto arriviamo alla città più grande della Vallonia: Liegi.
Circondato da quartieri residenziali ordinati e piuttosto anonimi, il centro di Liegi è dominato da una insolita piazza centrale enorme e deserta, dove sarebbe stato naturale trovare una cattedrale come si trovano, in proporzione alla dimensione della città, in qualsiasi altro villaggio belga. La cattedrale di Liegi, ci verrà poi spiegato, è stata smantellata negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione francese, che anche in questa parte d’Europa ha avuto forte eco. I cittadini di Liegi distrussero metodicamente la loro cattedrale in segno di ribellione al sistema regnante del Principe-vescovo, molto potente e capace di influenzare la vita politica, economica e sociale della regione e che per oltre otto secoli ha retto le sorti della città.
Alcune strutture in metallo collocate geometricamente nella piazza ricordano il luogo dove si trovavano le colonne della cattedrale, che evidentemente era enorme e di notevole importanza, più grande di Notredame di Parigi.
A testimoniare le origini romane della antica Liegi, sotto la piazza si possono visitare, attraverso uno dei percorsi sotterranei più importanti al mondo, i resti di una villa romana, oltre che alcuni resti della cattedrale demolita, che incombe sul centro storico come un gigantesco fantasma, diventando per il visitatore appena più attento un gigantesco monumento alla assenza.
Ovviamente davanti alla cattedrale ha il suo posto il palazzo vescovile, diventato in tempi recenti palazzo di giustizia, un vero monumento al rinascimento italiano. Bellissimo il colonnato del loggiato interno: ogni colonna è diversa dalle altre e scolpita con bassorilievi che traggono ispirazione da “L’elogio della follia”. Sorprendente che nel 1530, anno di erezione del colonnato, molti bassorilievi avessero temi derivanti dalla neoscoperta America e dagli Incas.
A fianco della piazza centrale di può entrare nel cuore vero e pulsante di Liegi, ovvero, davanti al Palazzo Comunale, la miriade di bar con tavolini all’aperto che ricordano, probabilmente complice la bella giornata di sole, molto più una rambla di Barcellona che un viale del centro di Parigi affollata di gente.
Sul retro del Palazzo Comunale troviamo un bar dedicato al pèkét, un liquore poco alcoolico (circa 22 gradi) che si dice fosse la bevanda con la quale è stato svezzato Tchantchés, una sorta di marionetta diventata mascotte e simbolo di Liegi alla quale è dedicata una scultura in metallo nella piazza centrale. Sebbene le origini di Tchantchés si debbano in tempi anche piuttosto recenti a un giostraio italiano che portò a Liegi i suoi pupi e che inscenava brani de “L’Orlando Furioso” inserendo un personaggio di sua invenzione, Ciccio, di estrazione popolare e quindi particolarmente amato (francesizzato poi in Tchantchés), la marionetta ha trovato un posto di primaria importanza nell’immaginario cittadino, tanto da ricostruirne una nascita nel popolare quartiere dell’Oltre Mosa (si dice fra due mattonelle) e una partecipazione fondamentale alle gesta di Carlo Magno, nato effettivamente in quella zona.
I personaggi più importanti del Belgio trovano spesso posto per una scultura in bronzo in luoghi importanti per la loro vita, e in prossimità dell’abitazione di Georges Simenon, inventore del celebre personaggio di libri gialli ispettore Maigret troviamo una statua a lui dedicata. Oltre che per l’importante attività letteraria, Simenon è ricordato per la fama di donnaiolo, si dice infatti che avesse avuto rapporti con oltre 10.000 donne. Un martello pneumatico.
Una scalinata di 373 scalini dietro alla chiesa di Sant Antonio ci porta fino alla cittadella di Liegi che regala il belvedere della città. La scalinata serviva per portare i soldati della guarnigione fino alla città il giorno della libera uscita in modo che questi, ricevuti ed adescati dalle prostitute, non passassero davanti al palazzo vescovile dando scandalo.
Liegi è strutturata come una classica città in cui l’impronta fondante è quella dell’accampamento romano, con un cardo e un decumano perpendicolari fra loro, e attualmente quella che era la via principale che andava dal corso d’acqua principale attualmente coperto (il boulevard Sauvenière) alla porta praetoria è “Le Carrè”, o se vogliamo il corso che ospita la maggior parte della vita notturna e dei locali alla moda. Da zona un po’ degradata della città, recentemente è stato riqualificata e anche di giorno sì, si capisce che la sera qui ci si diverte, si sta fuori a chiacchierare e bere, e che questa città che ci era parsa all’inizio un po’ grigia ha un’anima vitale e divertente. Qualcuno dice che sia per merito dei numerosi italiani trasferiti qui nei decenni passati per lavorare nelle miniere e i cui figli adesso sono l’humus culturale e lavorativo della Vallonia.
Un Paese che, lo si intuisce dai numerosi poliziotti e militari che incontriamo a stazioni, aeroporti, vie del centro, è stato recentemente preso di mira dal terrorismo, ci appare, invece che spaventato e chiuso come ci eravamo aspettati, un esempio di integrazione nonostante l’evidente mole di immigrazione dalle più diverse origini.
Per noi è arrivato il momento di riprendere la moto e spostarci sebbene di poco in provincia, anche se assolutamente non ci facciamo mancare un seppur fugace sguardo alla stupenda stazione dei treni ad alta velocità opera dell’architetto Santiago Calatrava, vero orgoglio della città.
In realtà la nostra fuga dalla città ha motivi… alcolici.
Ci aspetta infatti un vero gioiello di imprenditoria belga, una distilleria di whisky single malt a due passi dalla città di Liegi.
Il suo fondatore, Etienne, era un distillatore artigianale di pèkét che decide di passare alla produzione di whisky acquistando dei distillatori in Scozia e fondando nel 2015 la Belgian Owl, che fa della coltivazione dell’orzo in zona attraverso la convenzione con alcuni produttori locali e l’uso dell’acqua della propria sorgente, in pratica quella che possiamo definire una “filiera corta”, i propri semplici ma fondamentali punti di forza. Katia Guidolin, il cui cognome tradisce origini italiane e conferma ampiamente la nostra teoria in merito ad immigrazione e integrazione in Belgio, ci accompagna in un interessantissimo tour attraverso le fasi e gli ambienti della produzione di whisky, dalla coltivazione e raccolta dell’orzo che verrà fatto germogliare fino a farlo diventare malto, verrà messo a macerare per poi essere bollito e filtrato, per poi essere messo a invecchiare in botte. La parte più impressionante della lavorazione è sicuramente quella in cui uno speciale addetto decide in quale momento, col solo aiuto di olfatto e gusto, si potrà raccogliere il distillato buttando la prima parte, troppo alcolica e tossica, e l’ultima. Le botti vengono chiuse in un magazzino all’interno della fattoria che funge da stabilimento che viene sigillato con uno speciale lucchetto dalla dogana di stato.
Il Belgio non ha ovviamente una grande tradizione di questo tipo, ma Etienne, abbiamo scoperto girando per la Vallonia, è una sorta di esempio nazionale di imprenditoria fantasiosa, coraggiosa ma solida. Basti dire che la produzione attuale di Belgian Owl non riesce a soddisfare le esigenze del mercato internazionale. Per visite guidate www.belgianwhisky.com .
Le bellissime strade delle Ardenne ci aspettano, e ci concediamo un giro fino a Spa, cittadina termale che ha dato il suo nome a ogni ambiente palestra-massaggi-relax-sauna del mondo e che ospita un casinò del 1770, ma, soprattutto, il circuito internazionale del Belgio, appena fuori dalla cittadina elegante e animata, adagiato su una collina e in pendenza, caratteristica che lo rende uno dei più divertenti del circo della Formula 1.
In questa zona collinare le strade sono piacevoli da guidare in moto e anche per chi considera un priorità, viaggiando a due ruote e motore, affrontare dei percorsi piacevoli, non rimarrà deluso. Noi siamo entusiasti di saggiare finalmente le doti della nostra bellissima Ducati Multistrada 950 che sui curvoni veloci che ci accompagnano da Spa fino alla valle dell’Amblève si può finalmente sfogare un po’. Una moto veramente piacevole, comoda in due che ricorda nelle dimensioni la sorella Enduro 1200 ma senza quella potenza che può risultare a volte imbarazzante, sebbene sia sempre appagante e pronta. Un bell’oggetto, di valore, completa grazie al cerchio anteriore da 19” che ci ha dato, nei giorni seguenti, anche molta fiducia affrontando dei tratti sterrati, quando ci siamo “persi” cercando un punto panoramico appena fuori Bouillon. Ma si sa, il bello del viaggio è anche l’improvvisazione, e poter fare conto su una moto pensata per continuare a esplorare se l’asfalto finisce… è molto appagante!
La nostra meta è la cittadina di Durbuy, definita la più piccola del mondo perché ha lo statuto di città dal 1331, un gioiello che accoglie il visitatore con le sue stradine acciottolate, gli edifici storici in pietra grigia che ospitano eleganti negozi di prodotti locali come il famosissimo prosciutto delle Ardenne, le birre dei numerosissimi birrifici belgi, il cioccolato. La sera Durbuy regala un’atmosfera avvolgente, piacevole, intima.
Si entra in comunione con questo salotto all’aperto dove le persone passano ore piacevoli seduti ai tavoli dei ristoranti o delle birrerie accolti dalla penombra e dal chiacchiericcio degli altri avventori. Un posto magico, dove una “ale” (ossia la birra ad alta fermentazione e rifermentata spesso in bottiglia) belga più deliziosa dell’altra culla l’anima, e il palato.
Nella seconda parte del nostro reportage proseguiremo la visita alla parte meridionale del Belgio, la Vallonia. Vedremo la bellissima Bouillon, che ha dato inatali a Goffredo di Buglione; l’abbazia di Orval dove si produce la celeberrima birra, l’incredibile Dinant.
Si ringrazia: Silvia Lenzi
Ufficio Belga per il Turismo Vallonia