Curiosità e storia del Circuito Stradale del Mugello, che diede origine a uno dei tracciati più celebrati al mondo per il motociclismo. Come percorrerlo!
Il Mugello, non è soltanto l’area geografica pianeggiante immersa nell’Appennino tosco-emiliano che segue il corso del fiume Sieve, luogo di grandissima bellezza immerso nel verde, famoso in passato per le colture di non alto valore a causa del terreno molto argilloso, soprattutto legumi, che avranno come vedremo un ruolo fondamentale nella nostra storia; il Mugello, è sinonimo del suo autodromo – nato dal vecchio Circuito Stradale del Mugello – che ospita oltre a gare automobilistiche “minori”, una delle date fondamentali del calendario MotoGP, e prove libere dedicate alle moto quasi tutto l’anno.
Per le alte velocità che il tracciato richiede, le variazioni altimetriche e il disegno del circuito adagiato in una piccola conca subito fuori Scarperia in direzione Luco (nome che significa “bosco incantato”), il Mugello è apprezzato da ogni pilota con una buona esperienza come il riferimento assoluto per capacità tecnica richiesta, divertimento, adrenalina, oltre all’altissima qualità dei servizi interni che offre. I mugellani sono orgogliosi del proprio circuito, sopportano di buon grado i disagi che almeno una volta l’anno in occasione dell’arrivo della carovana del motomondiale inevitabilmente comporta ( http://www.moto-ontheroad.it/blog/mugello/ ) sono legati economicamente all’indotto della ricezione dei tanti piloti, team, visitatori, benché l’autodromo, ovviamente, non sia la sola attrazione di un territorio ricchissimo di percorsi naturalistici, stradali, culturali ed enogastronomici. ( http://www.moto-ontheroad.it/on-the-road/reportage-in-moto/quattro-passi-fra-emilia-toscana-e-romagna/ ). Insomma, se non avete mai assaggiato i tortelli di patate col sugo d’anatra, scendete in garage, accendete la moto e venite a provare assolutamente!
Il circuito del Mugello, progettato dall’ing. Gianfranco Agnoletto e inaugurato dopo una gestazione a dir poco travagliata a causa del continuo lievitare dei costi il 23 giugno 1974, doveva essere una copia in scala del percorso stradale che dai primi anni del ‘900 ospitava le gare automobilistiche e l’intenzione fu quella di “adattare il tracciato all’andamento altimetrico del terreno”. Un impianto nato quindi con l’intenzione di emulare, nel disegno, quello del circuito stradale preesistente, nato sulle strade del Passo del Giogo e della Futa di origine medicea e che servivano per collegare i possedimenti della Signoria fiorentina, da sempre molto legata alle sue origini, per l’appunto mugellane.
Ma non furono soltanto le bellissime strade che collegavano il Mugello con l’Emilia a ispirare l’idea di un tracciato stradale. Tali strade erano mantenute da operai chiamati cantonieri che avevano l’incarico di tenere in ordine, pulito e livellato il loro tratto di strada che era giocoforza sterrata, bianca, e al quale dedicavano praticamente l’intera esistenza. Armati di pochi attrezzi come una pala, un piccone, una mazza e una carriola, che tenevano in casotti di muratura accanto al quale veniva trasportato col camion il monte della ghiaia, percorrevano dalla mattina fino al tramonto avanti e indietro il loro tratto di strada da mantenere riempendo le buche, livellando i dossetti, togliendo i sassi più grossi. Nei racconti di chi ha visto questi lavoratori diventare anziani sul loro tratto di strada si evincono delle figure ormai gobbe che quasi per riflesso condizionato calciano via i sassi più grossi dalla sede stradale. Su queste strade quindi si correva con delle medie altissime, il passaggio di un’auto o una moto sportiva che sfrecciava fra case di campagna e scansando spesso animali non abituati a veder passare un mezzo a motore costituiva per gli abitanti e per il numeroso pubblico che si assiepava non solo sulle gradinate alla partenza e all’arrivo a Scarperia, ma anche sui balzi e nei campi lungo il percorso uno spettacolo memorabile. E proprio il pubblico, che rendeva i piloti degli autentici eroi dalla popolarità pressoché infinita era uno dei motori principali del successo di queste manifestazioni e della logica evoluzione che ebbe nel circuito permanente successivamente.
Il grande numero di spettatori riusciva ad arrivare in Mugello, visto che le automobili fino al 1955, anno in cui ripresero le gare dopo lo l’inevitabile stop dovuto al conflitto mondiale, erano abbastanza rare, grazie al famoso “treno fagiolaio”, linea ferroviaria costruita durante il fascismo che permetteva il trasporto dei legumi prodotti in Mugello fino alla grande città, distrutto dai bombardamenti alleati e ripristinato soltanto negli anni ’90. Il trenino era di una lentezza esasperante, tanto che era famoso perché si poteva, scendendo in corsa dalle prime carrozze, fare pipì e salire sulle ultime.
A questi fattori concomitanti che hanno portato il grandissimo successo del circuito stradale del Mugello si deve sommare la bellezza dei luoghi, l’innata passione per i motori degli abitanti che hanno da sempre considerato come un bene preziosissimo le “loro” strade e l’adrenalinico avvicendarsi delle curve e dei tracciati su panorami spesso mozzafiato. “Il Cavatappi” poco prima delle Maschere, “Le Scalette” di Monte di Fò, i tornanti del Giogo, sono stati e rimangono dei punti di strade diventati quasi mitici e rinomati dai motociclisti di ieri e di oggi. Questo, nonostante le motociclette, nostro campo di interesse privilegiato, non abbiano mai gareggiato sul circuito stradale riconosciuto classicamente come tale!
Le moto, in effetti, hanno corso su un tracciato chiamato “piccolo Mugello” la cui prima edizione si svolse il primo ottobre 1933 e la cui parte finale coi suoi ampissimi curvoni, quella che dal bivio del Ghiereto ritorna verso Barberino, luogo di partenza della gara, è stata sommersa dall’invaso artificiale del Bilancino. Questo tracciato è comunque percorribile in buona parte anche adesso partendo da Barberino, appunto, e salendo verso la “centocurve” o “militare” fino a Montecarelli per poi scendere di nuovo a destra per la statale della Futa, e rappresentava all’apoca, con circa trecento metri di dislivello, un piccolo Tourist trophy. Il regolamento imponeva che i piloti effettuassero da soli sia i rifornimenti (la gara era di 6 giri per un totale di 18,535 km) sia le riparazioni, era vietato procedere a zig-zag per ostacolare l’avversario e non si poteva tenere la scia per cercare di trarre qualsiasi vantaggio; anche se immaginiamo che a causa della quantità di polvere e sassi che ogni moto poteva alzare, non sarebbe stato facile tenere “il naso negli scarichi” della moto davanti. Premio al vincitore: 5.000 lire a fronte delle 30 lire di iscrizione.
https://www.gpsies.com/map.do?fileId=ztqrvzriremfhhpi
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Il circuito stradale del Mugello, che abbiamo detto era usato per corse di auto, era di circa 60 chilometri; la parte finale che da Ghiereto torna alla villa medicea di Cafaggiolo è stata sostituita in parte da un lungo cavalcavia rettilineo poiché è stata sommersa dal Bilancino, per il resto è pressoché invariato e costituisce un breve giretto “per smuovere l’olio” per i motociclisti locali, ma conserva numerosi punti di interesse lungo il percorso, ed è quello che prenderemo in esame sia sotto l’aspetto culturale, turistico ed enogastronomico che sotto quello più squisitamente godibile per la bella guida. In moto.
https://www.gpsies.com/map.do?fileId=apjboledovupfivk
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L’anello del circuito del Mugello, oggi
La partenza delle gare, anche per poter ospitare le gradinate per il pubblico, era appena fuori San Piero a Sieve, lungo un rettilineo dove oggi si alternano autovelox, distributori e centri commerciali e che superiamo senza rimpianti per entrare prendendo a destra dopo la rotonda nell’abitato di Scarperia.
Dove la strada si restringe dentro il paese, all’altezza della caserma dei Carabinieri (i cui militari, aggiungiamo una nota molto dolente, sono amaramente consapevoli che durante i fine settimana di primavera dovranno uscire per qualche incidente mortale), la deviazione a destra conduce all’Autodromo Internazionale del Mugello. Uscendo da Scarperia dopo qualche breve rettilineo dove sono visibili le deviazioni per sant’Agata, dove possiamo iniziare l’esplorazione in sella a una moto da fuoristrada dei percorsi della Linea Gotica, comincia un breve antipasto di curve fino all’ultimo centro abitato che troveremo fino a quando saremo in cima: Ponzalla. Quì ha sede il centro visitatori del Museo della Linea Gotica che conserva cimeli ritrovati sul sovrastante Passo del Giogo risalenti alla seconda guerra mondiale. L’attività dei volontari che, armati di metal detector hanno ispezionato palmo a palmo i luoghi delle principali battaglie per ritrovare materiale da esporre nel museo, continua per ricostruire le fortificazioni provvisorie in legno dell’esercito tedesco in cima al Passo.
Noi oltrepassiamo Ponzalla (ma falla! Recita una scritta a bomboletta sotto al cartello del paese) per affrontare l’incredibile e apneica serie di curve e tornanti che ci porterà in cima al Passo del Giogo, dove si svolge saltuariamente una data del “Campionato italiano velocità in salita” e dallo stupendo panorama della quale è visibile il profilo snaturato dai bombardamenti alleati della montagna, necessari per distruggere i bunker tedeschi che sterminarono decine di migliaia di soldati alleati che tentavano la salita al Passo.
A metà di questa, prima che inizi la parte più aperta e panoramica del tracciato che offre stupendi scorci sulla vallata del Mugello, dal lago del Bilancino fino a Borgo San Lorenzo, troviamo la celeberrima trattoria “Da Nandone” all’Omomorto; specialità le tagliatelle e i tortelli fatti in casa, gli antipasti sottolio, il papero in umido.
Arriviamo sul Giogo, forse uno dei Passi più noti dell’Appennino e che deve il nome, usato peraltro genericamente per questo tipo di altura, alla forma di sella o di giogo, appunto, lo strumento in legno che serviva per tenere affiancati i buoi. In cima partirebbe una strada sterrata che porta al Passo della Colla e che purtroppo è vietata alla circolazione, oltre al sentiero “00” CAI e della GEA che porta al Passo dell’Osteria Bruciata, dove la leggenda vuole che l’oste desse da mangiare gli avventori che si erano avventurati lì in solitaria. Il ristorante del Giogo, in compenso, offre specialità toscane come i tortelli di patate e un’ottima fiorentina.
Se non fosse per ancora ora di pranzo possiamo proseguire in discesa in direzione di Firenzuola per una bellissima serie di curve prima su strada molto aperta, poi più stretta e nel bosco, ugualmente appassionante e bellissima da guidare. Subito prima dell’abitato di Rifredo una stradina che parte dalla nostra destra ci condurrà stretta e tortuosa (e sporca) fino alla Badia di Moscheta. L’ottima trattoria, il maneggio di cavalli, i sentieri che portano a “Le Serre” e a “Il Giogarello”, un piccolo abitato delizioso che vale davvero la salita sulla ripida serie di tornanti ma soprattutto la Badia medievale meritano una sosta, magari per rinfrescarsi nel boschetto o bagnando i piedi accaldati dagli stivali nel gelido ruscelletto.
Possiamo continuare a percorrere il tracciato del Circuito stradale del Mugello o tornando da dove siamo venuti fino a Rifredo, oppure tagliando sulla recente strada del cantiere Cavet fino quasi a Firenzuola che disegna una spettacolare (ma non molto ben tenuta) serie di tornanti. Sinceramente, preferiamo la prima soluzione, anche perché questa parte di “circuito” è davvero spettacolare sia per disegno che per panorami, affacciandosi sulla vallata di Firenzuola.
Dopo le ultime curve molto divertenti ma insidiose, perché si ripetono quasi uguali ma con raggi sempre più stretti, e se si è preso il riferimento sulla prima si rischia di arrivare lunghi alle altre, la strada si addirizza fino al centro abitato di Firenzuola, che merita senz’altro una sosta per assaggiare, in uno dei ristoranti della zona, il celebre “peposo”, piatto calorico e caloroso, nato su specifiche indicazioni dei proprietari delle cave di pietra serena della zona per soddisfare la necessità di avere un piatto molto energetico per i cavatori, che devono svolgere un lavoro durissimo, in montagna, spesso al freddo.
Lasciando Firenzuola, si affronta la salita verso Casetta, in direzione di Covigliaio. Inizia con un tornante ampio, che già fa capire che quì non si scherza, bisogna saper guidare e lasciar scorrere la moto, per poi aprirsi su una serie di curvoni ampi, aperti e in contropendenza, tanto che sono famosi, fra quelli veramente sgamati, perché permettono di fregare le pedane a terra. Ovviamente il nostro è un itinerario turistico, invitiamo sempre al rispetto del CDS e a tenersi sempre con tutta la moto, non solo con le ruote, all’interno della propria corsia come invitano a fare da sempre gli amici della scuola di guida sicura su strada GSSS di Polcanto, che proprio su queste strade tengono i loro corsi. Ma è anche vero che se si vuole assaporare le bella guida, pulita e raccordando le curve, beh, questo è davvero il posto giusto.
Presso Covigliaio deviamo a sinistra sulla SS 65 della Futa per ritrovare la strada più frequentata e che ci condurrebbe, nella direzione opposta, al Passo della Raticosa, luogo di ritrovo e incontro dei motociclisti toscani ed emiliani. Il Circuito storico del Mugello scende invece in direzione Barberino, e oltrepassato Covigliaio, se accostiamo un attimo la moto per riprendere fiato, alla nostra destra possiamo ammirare la poderosa figura del Sasso di Castro. Proseguendo per la nostra strada arriviamo a La Traversa su un percorso dove immaginiamo i piloti alla guida dei loro bolidi sportivi, lanciati a velocità folli, sfrecciare fra le poche case del borgo premontano. In prossimità del Passo della Futa, svoltando a destra sulla rotonda, si arriva al cimitero tedesco dei caduti durante la seconda guerra mondiale, eretto nel corso degli anni ’50 e ’60. La visita merita assolutamente la sosta per un imponente e incredibile monumento alla memoria. Veramente agghiacciante l’incredibile moltitudine e vastità delle piccole e ordinate basette in diorite a memoria dei soldati caduti nel corso della follia bellica.
Se ci siamo sgranchiti le gambe per la visita al cimitero monumentale è il momento di rimontare in sella per affrontare con la dovuta concentrazione le celeberrime scalette di Monte di Fò: una bellissima serie di tornanti a seguire, in pendenza e contropendenza, che non lasciano un attimo di respiro; paradiso per una supermoto, richiedono davvero tanto mestiere per essere affrontati in scioltezza con una moto da turismo o stradale. Proseguiamo la discesa oltrepassando l’abitato di Santa Lucia fino a Montecarelli, immettendoci in questo modo per il solo tratto che ci porterà fino al lago di Bilancino sul pezzo in comune col circuito del “Piccolo Mugello”, quello che veniva usato per le gare delle motociclette dove, poco prima della località Le Maschere, troviamo l’antesignano dei cavatappi (altro che Laguna Seca…), ovvero la curva e controcurva in contropendenza per antonomasia.
Con non poco rammarico planiamo sui viadotti trafficati dalle molte auto che vanno e vengono dal vicino outlet di Barberino sulla strada che ci riporterà a San Piero e alla conclusione del nostro giro, non senza avere l’opportunità di ammirare, inchiavardato sulla facciata di una casa rurale di pertinenza della vicina Villa Medicea di Cafaggiolo, un dente di capodoglio fossilizzato lungo circa due metri, rinvenuto probabilmente durante i lavori di bonifica nella zona voluti dai Medici Cosimo e Lorenzo “Il Magnifico” e che spiega come la pianura mugellana sia stata un invaso marino fino a tempi relativamente recenti.
Il nostro giro sul Circuito Stradale del Mugello termina a San Piero, dove era iniziato. A questo punto, se vi siete già fermati in uno dei posti che vi abbiamo consigliato possiamo passare a vedere qualcuno degli altri Passi nei dintorni, altrettanto spettacolari e ricchi di luoghi interessanti come la Colla, il Paretaio, il Muraglione. Oppure, come i piloti che correvano su questo tracciato, siete pronti per un altro giro?
Per scrivere questo reportage ci siamo avvalsi dell’aiuto del bellissimo volume
“Firenze in moto, vi racconto un altro secolo”
di Maurizio Mazzoni, Benito Magazzini e Fernando Cappelli
ed. Promoracing